Verso le nove di sera, l’ingresso del memoriale della Shoah in stazione Centrale a Milano diventa un bivacco: una ventina di giovani uomini migranti srotolano i sacchi a pelo e, prima di mettersi a dormire, il mercoledì sera ricevono un pasto caldo, maglioni per coprirsi, giacche, dai volontari della Brigata Lena-Modotti, uno dei numerosi gruppi che fanno assistenza in zona. Jacopo, 28 anni, architetto, mi racconta che hanno iniziato a maggio dell’anno scorso, «anche per coprire un vuoto dell’amministrazione pubblica». Poco più in là, in piazza Luigi di Savoia regna un silenzio irreale che si spiega solo parzialmente con la zona rossa. La piazza verde che sorge a fianco dell’ingresso della stazione è stata tutta perimetrata con cancellate alte un po’ più di due metri e che ingabbiano anche le due fontane degli anni Trenta: lì dentro, di giorno, proseguono i lavori per consegnare quello che l’assessore Pierfrancesco Maran ha battezzato già prima dell’inaugurazione prevista in primavera «il simbolo del rilancio del quartiere», ovvero un parco giochi per bambini che occupa tutto il perimetro della piazza (4mila metri quadrati circa) e dove potranno entrare solo minori di dodici anni accompagnati da un adulto: «Vogliamo cambiare radicalmente il volto di piazza Luigi di Savoia, trasformandola da luogo di bivacco a zona sicura e protetta per tutti i bambini del quartiere». Costo dell’operazione: 300mila euro a carico di Grandi Stazioni (sono in realtà lavori di compensazione per aver avuto in gestione un altro spazio), mentre i giochi sono donati dall’Hotel Michelangelo, che sorge pochi metri più in là.

I marginali

Il modello a cui l’amministrazione di centrosinistra dice di volersi ispirare è quello di Villa Reale Belgiojoso, un giardino all’inglese che sorge poco più n là, in via Palestro. Solo che lì il divieto, in pieno centro, aiuta a tenere fuori al massimo i turisti. Qui è abbastanza evidente lo scopo della palizzata ufficialmente eretta per impedire “utilizzi impropri”: «Vogliono impedire che il luogo venga frequentato da clochard, immigrati, riders e altre categorie socialmente problematiche», sostiene Maurizio Falsone, un residente della zona tra i pochi critici dell’operazione. «I bambini potranno osservare i marginali in tutta sicurezza attraverso le inferriate: i riders a riposo - ovviamente neri - i migranti e i clochard si vedono bene dalla piazza, ma non potranno entrare».

Ma la sua non è l’opinione che va per la maggiore. I residenti, in grandissima parte, applaudono e si fregano le mani: il progetto è stato approvato dopo un percorso di consultazione con associazioni e con il municipio a guida leghista che, da parte sua, ha alzato palizzate «a difesa» degli spazi verdi anche in altre aree vicine, come via dei Transiti: «E lo rivendichiamo», dice il presidente del municipio, Samuele Piscina, che chiede adesso controlli rigorosi sugli ingressi del futuro giardino di piazza Luigi di Savoia. «Un bellissimo progetto», secondo Luigi Vimercati, che ha 68 anni, abita lì vicino, non ha figli o nipoti da portare in giro e quindi sarà costretto a restare fuori, ma dice che la recinzione serve perché la zona è «in mano a disperati di ogni provenienza». Non si considera pregiudizialmente contrario all’accoglienza dei senza fissa dimora e dei migranti, ma «sicuramente non è dignitoso di un Paese civile farli bivaccare nei giardini». Se non c’è modo di spostarli di lì, ben vengano i cancelli.

La zona di Centrale a Milano in realtà non è più quella che è stata negli anni dopo la grande crisi dei migranti del 2013, «quando in Centrale arrivavano mille migranti al giorno», ricorda Alberto Sinigallia, il presidente di fondazione Progetto Arca onlus, l’associazione forse più impegnata di tutte nel sostegno alle persone con fragilità senza casa. «Ma certamente, ancora oggi, stazione Centrale è problematica come tutte le stazioni al mondo: c’è chi vive di collette, molte persone hanno dipendenze di vario tipo - alcol, droga, gioco d’azzardo - e per questo non vogliono andare nei dormitori, in genere abbiamo persone che non vedono l’orizzonte della loro vita e che non vogliono spostarsi da Centrale. È una delle piazze più difficili da frequentare anche per noi: distribuiamo sacchi a pelo e coperte a persone che non sono in grado di preservarle, di averne cura». Oltre a queste persone con problemi di dipendenza e ad altre con gravi problemi psichiatrici, ci sono i migranti con i fogli di via che comunque, tranne rari casi, non fanno ritorno a casa e rimangono così bloccati senza documenti. E poi persone che vivono di attività illegali, come lo spaccio. In tutto, stima Fondazione Arca, a oggi gravitano intorno a Centrale tra le 100 e le 150 persone, incluse quelle accampate di notte sotto i portici di via Pisani, l’arteria che collega stazione Centrale a Piazza della Repubblica.

«Cantiere Centrale»

Il comune però nel frattempo ha investito molto sulla riqualificazione dell’area con un progetto chiamato «Cantiere Centrale». Poco più a nord-est c’è uno dei quartieri più dinamici e di moda tra i giovani della città, Nolo. La gentrificazione è una realtà: in zona Centrale-Repubblica le case si vendevano a poco più di 4mila euro a metro quadro a gennaio del 2016, ad agosto di quest’anno si è arrivati a sfiorare i 6mila euro (osservatorio Immobiliare.it). Chi vuole senzatetto e migranti senza documenti chiusi nei sacchi a pelo sotto casa dopo aver pagato un trilocale più di mezzo milione di euro? Evidentemente nessuno e quelli che, come Sinigallia, alle persone non gradite dedicano il proprio tempo e impegno non possono che allargare le braccia: «Ottima l’idea di un giardino per i bambini, ma i senza-dimora non spariscono, li stiamo semplicemente spostando senza risolvere il problema». La piazza recintata è un episodio, l’ultimo. Prima, circa sette anni fa, dice Sinigallia, c’è stata la scelta di chiudere la stazione di notte, «e così oggi le persone dormono all’aperto, tranne per la predisposizione del “piano freddo” con l’apertura notturna del mezzanino della metropolitana, una soluzione così poco decorosa che noi ci siamo rifiutati di gestirla. Una volta, inoltre, il centro d’ascolto era dentro la stazione, ma adesso Grandi Stazioni vuole allontanare il più possibile queste persone con disagio, tanto che il vecchio centro di ascolto stazione Centrale, gestito dal comune, è stato spostato un chilometro e mezzo più a nord, in via Sammartini». E ribattezzato appunto centro Sammartini.

Fondazione Arca, in realtà, una soluzione l’avrebbe: «Utilizzare un dormitorio con docce già pronto, attrezzato dal genio militare e chiuso da quattro anni, a poche centinaia di metri dalla Stazione, sempre in via Sammartini, nelle disponibilità di Grandi Stazioni. Se ci danno le chiavi lo gestiamo noi gratis, ma non ce le danno perché Grandi Stazioni non vuole quelle persone vicine ai passeggeri che scendono dai treni». La risposta di Grandi Stazioni: al momento gli spazi sono occupati da We Planet, una iniziativa di carattere artistico «per un futuro sostenibile».

Come che sia, i volontari riferiscono che le uscite serali delle forze dell’ordine per convincere le persone che gravitano a stazione Centrale a sgomberare si stanno intensificando. Un volontario che preferisce rimanere anonimo mi dice che «a essere cinici dovremmo dire che la nostra società, per come è fatta, crea rifiuti che nessuno vuole vicino a sé e la verità è che ci sono anche vite di scarto». Le aree recintate, protette, sono giudicate «necessarie», un male minore anche per chi, come Micaela Molinari, una libraia che abita in via Scarlatti e che ha creato il gruppo Facebook «Via Benedetto Marcello Social street» per rivitalizzare il quartiere, le considera un «elemento disturbante, lontano dal principio di inclusione e che mi crea imbarazzo». Via Benedetto Marcello si trova a 500 metri da Piazza Luigi Di Savoia. Anche qui c’è un parchetto per i bambini e un comitato civico, «salviamo Benedetto Marcello», che chiede più decoro e controllo del territorio: «Noi l’avevamo detto all’assessore Maran che se riqualificava la stazione Centrale il problema si sarebbe spostato nelle vie adiacenti ed è quello che è successo qui da noi: è arrivato lo spaccio, la gente dorme la notte nei giardinetti che la mattina sono sporchi e inutilizzabili», spiega Mara Pogliano, portavoce del comitato. Anche qui, dice, servirebbero i divieti di ingresso, le palizzate. Il fascino irresistibile dei recinti a difesa del decoro e dei bambini.

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