Due avvocati denunciano alla Cpi oltre cento politici, da Renzi a Salvini. L’accusa: «Crimini contro i migranti»

Da Matteo Renzi ad Angela Merkel, da Donald Tusk a Matteo Salvini. Sono oltre cento i politici e i funzionari dell’Ue e degli stati membri che, secondo una dettagliata memoria legale che verrà depositata oggi alla Corte penale internazionale (Cpi), dovrebbero essere perseguiti per la morte di migliaia di migranti annegati nel Mediterraneo e i crimini poi commessi contro i sopravvissuti respinti in Libia. Il documento di oltre 700 pagine ricostruisce l’apparato di potere – dai capi di stato e di governo fino alla catena di comando – che ha progettato e attuato le politiche migratorie dell’Ue nel Mediterraneo e in particolare in Libia, uno dei principali snodi di transito per i richiedenti asilo diretti in Europa. L’atto di accusa è rivolto a funzionari di stati che hanno avuto un ruolo di primo piano come Italia, Francia, Germania, ma anche di istituzioni e agenzie europee, accusati di essere gli artefici di quella che i ricorrenti chiamano una «impresa criminale congiunta» ai danni della «popolazione civile più vulnerabile al mondo, nel momento di maggiore vulnerabilità: i richiedenti asilo, in fuga da conflitti armati, in difficoltà in mare». Migranti, no allo stop dell’intesa con la Libia Ricorrenti e accusati A portare il caso davanti alla Corte, due avvocati di fama internazionale, Omer Shatz e Juan Branco, che insieme all’ong front-Lex e a studenti di diritto internazionale a Science Po, hanno ricostruito sei anni di processo decisionale, dal 2014 al 2019, sulla base di interviste a funzionari Ue, verbali di riunioni interne riservate di funzionari di alto livello e altri documenti riservati. Un lavoro che ha prodotto un database di oltre 500 funzionari in carica nel periodo in questione da cui è stato estratto un elenco di 122 funzionari che avrebbero «collaborato alla commissione dei crimini». Ora, i ricorrenti chiedono alla Corte di aprire un’indagine sulla base delle prove raccolte, valutando la responsabilità penale dei funzionari indicati. Nell’elenco spiccano tra gli altri gli ex premier Matteo Renzi e Paolo Gentiloni, gli ex ministri dell’Interno Angelino Alfano, Marco Minniti e Matteo Salvini, così come l’ex procuratore di Catania Carmelo Zuccaro e l’ammiraglio Enrico Credendino, per cinque anni alla guida della missione europea Sophia per il contrasto al traffico di esseri umani. Funzionari che, secondo i ricorrenti, avrebbero una «responsabilità massima» nella messa in atto dell’impresa criminale contro i migranti. Nella lista figurano poi altri funzionari con responsabilità via via decrescenti, come l’ex ministra della Difesa Elisabetta Trenta e l’ex premier Giuseppe Conte. «In quanto principale paese di arrivo dei “migranti”, l'Italia – si legge nella memoria – ha svolto un ruolo chiave nella progettazione e nell’attuazione delle politiche dell’Ue lungo la rotta del Mediterraneo centrale. Dal 2013 a oggi, lo stato membro in prima linea ha sempre più sostenuto politiche migratorie restrittive, indipendentemente dalla loro natura criminale». «Funzionari italiani di governi di ogni parte politica – si legge ancora – hanno partecipato a questa impresa criminale congiunta, pur essendo pienamente consapevoli della loro partecipazione a innumerevoli crimini contro l'umanità contro oltre 150.000 membri del gruppo preso di mira». Tra i 122 funzionari, gli italiani giocano un ruolo preponderante, ma non esclusivo. L’elenco annovera anche l’allora cancelliera tedesca Angela Merkel e gli ex ministri dell’Interno di Francia e Germania, Bernard Cazeneuve e Thomas de Maizière, oltre a Frans Timmermans, ex vicepresidente della Commissione europea, e Thibault de la Haye Jousselin, capo di Gabinetto dal 2015 al 2019 di Fabrice Leggeri, direttore all’epoca dell’Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera (Frontex). E ancora Donald Tusk, descritto nella memoria come «il motore ideologico» del Consiglio europeo che presiedeva in quegli anni, con «un approccio unilaterale incentrato esclusivamente sulla repressione dei movimenti migratori come minaccia da combattere a tutti i costi». Il papa: no a stigma e indifferenza contro i migranti Già nel 2017, il procuratore della Cpi aveva riferito al Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite che lungo la rotta del Mediterraneo centrale venivano perpetrati «gravi e diffusi» crimini contro l’umanità, tra cui uccisioni, stupri e torture, nei confronti di «migliaia di migranti vulnerabili, tra cui donne e bambini». Nel 2019, i due avvocati Shatz e Branco avevano presentato un caso alla Corte in cui si dimostrava che tali crimini venivano commessi in conformità con le politiche dell’Ue, il cui obiettivo era «impedire a tutti i costi ai richiedenti asilo di raggiungere le coste europee». A differenza della memoria depositata oggi, il documento non individuava specifici responsabili politici o funzionari, concentrandosi piuttosto sulle conseguenze delle politiche migratorie dell’Ue. Nel 2020, il caso – fatto più unico che raro – era stato ammesso e assegnato all’inchiesta sulla Libia, avviata nel 2011, la stessa che ha portato la Cpi a spiccare un mandato d’arresto contro Almasri, il generale libico sospettato di aver commesso crimini contro l’umanità contro i migranti. Le accuse formulate dai ricorrenti sono state poi corroborate dalla missione d’inchiesta del Consiglio per i diritti umani dell’Onu sulla Libia del 2023 secondo cui i funzionari europei stanno partecipando a crimini contro l’umanità contro i migranti sulla rotta del Mediterraneo centrale. Deportare i migranti, Boochani: «È l’Australia il modello che l’Ue anti-rifugiati sta copiando» Contro l’immobilismo Da allora però il procuratore della Cpi non ha intrapreso alcuna indagine o azione penale, dando all’Ue e ai suoi stati membri «carta bianca per continuare a perpetrare i crimini e vittimizzare migliaia di persone» è l’accusa dei due legali. «Ci troviamo di fronte al completo collasso dello stato di diritto della Corte penale internazionale» commenta Shatz motivando così la scelta di sporgere una nuova denuncia alla Corte. Un’istituzione messa in crisi dalle sanzioni degli Stati Uniti in risposta alle indagini su presunti crimini di guerra israeliani. «Non ci aspettiamo più nulla. Cinque anni e nessuna azione penale, nonostante i crimini siano stati riconosciuti. Ora – riflette – è ancor più improbabile attaccare l’Ue, l’ultimo amico politico e finanziario rimasto al fianco della Cpi. La realpolitik è qualcosa di davvero triste». 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