È scomparso Valerio Onida, uno dei più nobili costituzionalisti e intellettuali italiani, strenuo difensore dei diritti degli ultimi. Divenuto professore ordinario di Diritto costituzionale all’Università di Milano a quarantasette anni, Onida è stato colui che più di tutti ha interpretato il suo ruolo accademico come un impegno civico, caratterizzato dal dovere etico di aiutare gli altri, specialmente i più deboli, a capire la portata dei propri diritti e dei propri doveri.

Eletto giudice della Corte costituzionale, nel gennaio 1996, e divenuto poi, nel settembre 2004, presidente della Corte stessa, Onida ha avuto il gravoso compito, tra gli altri, di mettere ordine all’attuazione della riforma del Titolo V della Costituzione, quella che ha ridisegnato, nel 2001, le competenze tra lo stato e le regioni.

Quale giudice delle leggi, Onida – relatore di 290 sentenze – ha cercato di dare un senso a quella riforma contraddittoria e potenzialmente lesiva del principio fondamentale dell’unità e unitarietà della Repubblica fissato dall’articolo 5 della Costituzione, introducendo concetti che sono divenuti pietre miliari nella giurisprudenza.

Concluso l’impegno in Corte, ha investito tutto sé stesso in un progetto di volontariato presso lo sportello giuridico del carcere di Milano Bollate, aiutando i detenuti a scrivere i ricorsi alla Corte europea dei diritti umani, dando così voce a chi quella voce non sapeva di avere per far valere i propri diritti.

Come ha ricordato il collega Marco Ruotolo qualche anno fa, per Onida il carcere era il luogo della legalità perché la legalità, spiegava Onida, «è la cifra quotidiana del vivere in una situazione di detenzione, molto più di quanto non avvenga in una vita libera, in cui si esercita per lo più una libertà di fatto».

Contro la riforma Renzi-Boschi

Dal 2009 al 2012 presidente dell’associazione dei costituzionalisti italiani, Onida si è opposto con forza al tentativo di revisione della Costituzione promosso dal Governo Renzi-Boschi, sottolineando la natura eversiva di quelle modifiche anche per i suoi effetti dirompenti sul ruolo del Parlamento. Ma Onida non era un talebano della Costituzione, uno di quelli che si oppone sempre e comunque a chiunque provi a “toccare” la legge fondamentale.

All’opposto, Onida era consapevole della necessità di “manutenere” il testo costituzionale così da renderla ogni giorno corpo vivo tra i cittadini. Anche per questo aveva manifestato il suo favore alla riduzione del numero dei parlamentari, sottolineando come non fosse la quantità di deputati e senatori a generare un Parlamento efficace ma la qualità dei suoi componenti.

Con lo stesso approccio pragmatico e idealista al tempo stesso, Onida aveva accettato, due anni fa, la proposta dell’ex Ministro dell’Ambiente Sergio Costa, di presiedere una commissione governativa per inserire la tutela ambientale tra i principi fondamentali della Costituzione.

Onida era perfettamente consapevole dell’effetto simbolico di tale modifica, avendo lui stesso, come professore e come giudice, da tempo affermato il principio dell’ambiente come «interesse pubblico di valore costituzionale primario e assoluto».

E tuttavia volle lo stesso presiedere quella commissione e dar via ai lavori che hanno poi portato alla modifica degli articoli 8 e 41 della Costituzione perché, sottolineava, la Costituzione è prima di tutto strumento educativo delle nuove generazioni e guida dei decisori pubblici del futuro.

Senza partito

Difficilmente etichettabile con un partito di appartenenza, Valerio Onida apparteneva a quella schiera di giuristi che pur contribuendo alla crescita politica del paese, erano rimasti sempre liberi nel loro modo di pensare, rifuggendo ogni tipo di classificazione.

Una schiera di giuristi, come Gustavo Zagrebelsky, Augusto Barbera, Giuliano Amato, che non hanno mai concepito il proprio mestiere come quello di un classico professore universitario che tiene lezione, fa gli esami e poi vive la propria vita facendosi i fatti suoi, percependo, all’opposto, il dovere - prima di tutto morale - di aiutare le istituzioni e le comunità a comprendere i valori costituzionali e ad assicurarne la piena attuazione.

È naturale, quindi, che la scomparsa di Valerio Onida generi commozione e tristezza. Ma come spesso accade con i maestri, il suo pensiero e i suoi valori restano – nei saggi scientifici come nei comportamenti – insegnamento vivo per chiunque crede che la nostra Costituzione non sia solo una materia di esame all’università ma la radice del nostro futuro.

© Riproduzione riservata