Per avere conferma della progressiva digitalizzazione delle campagne elettorali non c’era bisogno delle elezioni del 2022. La trasposizione del confronto e del dibattito politico in rete è un fenomeno emerso già in occasione delle presidenziali americane del 2008 quando Barack Obama ha fatto ricorso alla rete, aprendo l’epoca delle digital campaign

L’avvio della pre campagna elettorale ha però messo in luce una tendenza nuova. Se inizialmente la rete è stata utilizzata dai partiti per disintermediare la loro comunicazione, scavalcando quei media che fungevano da amplificatori e poi, con Internet 2.0, ha permesso di avviare un dialogo a due vie con gli elettori, non più recettori passivi, il passo successivo sembra essere la trasposizione online del dialogo fra leader e la riduzione del confronto e dell’elaborazione politica a post e tweet.

L’utopia della democrazia elettronica, il sogno dello streaming, cavalli di battaglia del M5s delle origini, sembrano essersi realizzati, ma per la ben nota eterogenesi dei fini, con tutt’altra funzione e risultato da quelli auspicati.

La prima parte della pre campagna è stata caratterizzata da un flusso senza precedenti di dichiarazioni, annunci, smentite, batti e ribatti, precisazioni, tra i protagonisti delle prossime elezioni sui principali social network. Un dialogo che, amplificato dalle turbolente vicende politiche e da particolari profili caratteriali, ha portato a parlare di “intifada digitale”, “grafomania contundente”, o più semplicemente di livello da “asilo Mariuccia”.

Diciotto giorni di ordinaria follia

Il monitoraggio della campagna elettorale e dell’arena social condotto dall’Archivio degli spot politici dell’Università Roma Tre, in collaborazione con Kapusons e Extreme, ha analizzato dati, protagonisti e tendenze di questa bulimia digitale nella prima metà della pre campagna delle elezioni politiche del 2022, cioè fra lo scioglimento delle camere il 21 luglio e il 7 Agosto, giorno della rottura del patto fra Azione e Partito democratico.

Nei 18 gironi, corrispondenti a metà del periodo di pre campagna elettorale, i 10 leader monitorati hanno postato sui loro account Facebook, Twitter e Instagram un totale di 1.999 contenuti. 111 contenuti in media al giorno, o 199 contenuti a testa nell’intero periodo. Valori altissimi che si accentuano considerando i singoli protagonisti.

In testa con ben 538 contenuti risulta il leader di Azione Carlo Calenda, che ha supportato la sua centralità politica con un utilizzo seriale dei social e in particolare di Twitter, mettendo a frutto l’esperienza della campagna elettorale per Roma, nel corso della quale si era costruito una fan base di una qualche consistenza, sperimentando la sintonia fra lo strumento e aspetti del suo temperamento. Calenda è stato quello che più di tutti ha utilizzato i social non solo per parlare ai suoi follower, ma per rivolgersi e polemizzare direttamente con gli altri leader politici. 

Al secondo posto Matteo Salvini, non una novità per colui che già nelle campagne elettorali per le politiche 2018 e europee 2019 era emerso quale il leader italiano più social e capace, grazie al suo social strategist Luca Morisi, di sfruttare meglio i meccanismi di coinvolgimento popolare tipici dei social, valga per tutti il famoso Vinci Salvini.

Seguono Meloni (227), da sempre protagonista nell’arena digitale e Letta (218), leader caratterialmente poco social, ma che evidentemente il gran trambusto delle candidature annunciate, fatte e poi tradite, ha obbligato a prendere ripetutamente la parola. Solo quinto per contenuti prodotti Conte (152), leader di quello che resta del partito digitale per eccellenza ma che, come vedremo, gode ancora di una base molto attiva e partecipe.

Twitter domina

Per quanto riguarda i diversi social, Twitter, fra tutti quello più istituzionale, è il più utilizzato dai 10 leader (38 per cento) segue, abbastanza sorprendentemente Instagram (33 per cento), social meno diffuso, molto popolare fra i giovani e che privilegia la componente visiva e, solo ultimo, Facebook (28 per cento), il social ancora di gran lunga più utilizzato almeno nella fascia d’età medio alta.

Ogni leader ha sui diversi social seguiti numericamente molto differenti (alcuni hanno milioni altri poche migliaia di follower). Un indicatore della loro efficacia comunicativa e dell’interesse che suscitano è l’engagement rate (Er): cioè rapporto fra la base e il numero delle interazioni suscitate e il numero dei post pubblicati.  

Considerando questo indicatore ad esempio per Instagram emerge in modo chiaro una maggiore passione suscitata dal campo di centrosinistra con un Er di 5,02 per i leader di +Europa seguita dal Pd e da Azione, dovuta anche ai grandi movimenti che hanno visto coinvolti il campo progressista e liberale, mentre nel campo del centrodestra l’unica che va sopra l’1 per cento (1,35 per cento) di coinvolgimento della propria fan base è Meloni che conferma sui social la sua leadership su Salvini (0,43 per cento) e Berlusconi (0,8 per cento) in modo molto netto.

In forte calo rispetto al passato l’Er di Conte con lo 0,67 per cento della sua community coinvolta. Le cose non cambiano di molto su Facebook con interazioni in generale più basse per tutti ma con una forte flessione delle interazioni di Salvini che arriva appena allo 0,2 per cento rispetto all’1 per cento di Meloni.

I post più popolari

Passando ai singoli contenuti, la classifica dei post più popolari, con il maggior numero di condivisioni, like e commenti, vede al primo posto la risposta di Giorgia Meloni all’attacco della cantante Giorgiad. Segue il video sfogo di 19 minuti di Giuseppe Conte “Adesso parlo io” nel quale analizza la situazione politica e illustra le prospettive e del movimento.

Al terzo posto, il post con il quale Matteo Salvini augura “buon compleanno amore” alla sua fidanzata, ritratti assieme con le facce ancora assonnate. Uno scontro polemico capace di enfatizzare il proprio seguito e al contempo lavorare al riposizionamento di Meloni su un profilo più moderato e rassicurante. Un intervento politico dal sapore tradizionale, efficace solo per chi ha seguaci altamente politicizzati e per chi ha sempre cercato di fare della rete uno strumento di intervento e partecipazione politica. Un selfie, quello di Salvini, nel solco della popolarizzazione e della intimate-politics. Tre diversi esempi delle particolari logiche comunicative che animano l’arena digitale e delle differenze nelle strategie dei diversi leader. Ed è interessante notare come nella classifica dei post più popolari su Facebook quasi tutte le prime posizioni siano occupate da Conte con contenuti marcatamente politici.

Al di la degli aspetti quantitativi relativi alla produzione e all’attenzione suscitata, rimane infine un aspetto non facilmente rilevabile, ma emerso con nettezza, riguardante il tono e la qualità del confronto pubblico promossi dai leader.

All’interno di una scena politica quale quella italiana, tradizionalmente caratterizzata da una forte polarizzazione e toni conflittuali che tendono ad accentuarsi in occasione delle campagne elettorali, mai il dialogo politico fra leader e il registro del confronto aveva raggiunto simili livelli. Nella prima parte della pre campagna la rete e i social network sono stati lo strumento per una serrata comunicazione, spesso condotta a base di battute, allusioni, accuse, ironie, attacchi sovente rivolti alle persone più che alle loro idee, che hanno finito per coinvolgere valori quali lealtà, correttezza, onore.

«Frattaglie di sinistra», «discorso chiuso», «terzomondismo alla volemosebene», agende da reperire in cartoleria, accuse di tradimento, debolezze caratteriali, inaffidabilità, slealtà congenite. Solo per citare alcuni degli esempi più eclatanti. Una comunicazione da bar o, rientrante in quella che viene definita incivility politics, non consona a un confronto politico fra leader, ma perfetta per la piazza dei social network che, come noto, funziona sull’evocazione dei sentimenti, delle reazioni, sul numero di persone che si è in grado di mobilitare. Lo spirito delle tribù contrapposte che si sfidano nella arena digitale, sembra aver coinvolto anche i leader politici. Sarà difficile nel prosieguo della campagna elettorale richiamare a una civiltà nei toni e del confronto.


Dati e materiali provengono dal monitoraggio della campagna elettorale sviluppato dall'Archivio Spot Politici dell'Università Roma Tre in collaborazione con Kapusons e Extreme.

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