Per capire quale sia la situazione nel centrodestra in vista delle comunali del prossimo autunno un buon punto di osservazione è sicuramente Bologna. Sotto le due torri il rosso è un po’ più sbiadito di qualche decennio fa. E comunque «la vecchia signora dai fianchi un po’ molli» (copyright Francesco Guccini) ha già eleborato da tempo il lutto della svolta della Bolognina e della sorprendente vittoria di Giorgio Guazzaloca nel 1999.

Ebbene a Bologna il Pd è diviso, in attesa delle primarie del prossimo giugno, tra il candidato ufficiale ed erede designato del sindaco uscente Virginio Merola, Matteo Lepore, e la “disturbatrice” renziana Isabella Conti, che punta a far andare di traverso i gazebo ai vertici locali, e nazionali, dei democratici.

Una situazione del genere non è ovviamente garanzia di vittoria per gli avversari, ma dovrebbe perlomeno aggiungere un pizzico di entusiasmo alla scelta del centrodestra che con un nome all’altezza potrebbe addirittura pensare di giocarsela.

Al momento il più accreditato è quello di un imprenditore, Fabio Battistini, che si è già candidato per conto suo. Se Lega, Fratelli d’Italia e Forza Italia convergessero su di lui, quindi, non farebbero altro che piegarsi alla realtà. E cioè, per dirla con un deputato che conosce bene la città, che «non è che ci sia proprio la corsa a candidarsi».

Anche per questo, scrive il Resto del Carlino citando il deputato leghista Gianni Tonelli, «il nome verrà scelto dopo il 20 giugno». Cioè dopo le primarie del Pd.

Ma se tanta è la fatica per trovare un candidato spendibile lì dove le aspettative di vittoria sono più che contenute, immaginarsi quanto più complicato sia lo scouting del centrodestra dove vincere non è semplicemente un’opzione ma quasi un obbligo. Milano, per mille motivi che è superfluo ricordare, rientra in questa casistica.

Milano addio

Lì, a differenza di Bologna, Matteo Salvini aveva individuato un nome: quello dell’ex sindaco della città, dal 1997 al 2006, Gabriele Albertini. Un’operazione amarcord che non aveva convinto immediatamente gli alleati. Così Albertini aveva declinato l’offerta. A quel punto, però, un po’ per i sondaggi, un po’ per l’assenza di un’alternativa convincente, un po’ perché in fondo Albertini appariva desideroso di corteggiamenti, era iniziato l’accerchiamento per convincerlo a ripensarci.

E lui non l’ha fatto. Con una lettera pubblica ieri ha annunciato che «per un insieme di ragioni personali non posso accettare questa generosa opportunità offertami». All’origine della scelta ci sarebbe soprattutto la contrarietà della moglie che forse ha capito, prima di altri, che non si trattava di una buona occasione. Ma anche, scrive Albertini, la convinzione che «per le sfide che aspettano Milano, il candidato o la candidata debba essere giovane» (a luglio l’ex sindaco compirà 71 anni).

AAA cercasi

Il problema è che la scelta di Albertini ha spiazzato tutti. Dalla Lega a Fratelli d’Italia la convinzione era che, dopo averlo lusingato, l’accettazione della candidatura fosse una semplice formalità. E ora il timore, anche se la situazione non è proprio la stessa, è che la scena si ripeta a Roma. Dove Guido Bertolaso ha già detto di no, è stato destinatario di numerose telefonate nelle ultime ore, continua a dire di no, e anche se viene descritto come prossimo a cedere, potrebbe replicare le mosse del suo omologo milanese.

Salvini, Giorgia Meloni e Antonio Tajani dovrebbero vedersi in settimana per confrontarsi e fare il punto della situazione. Al momento il candidato più accreditato per Milano è Maurizio Lupi, resta in corsa an1che l’ex manager di Telecom Riccardo Ruggiero. A Roma, anche in caso di un diniego di Bertolaso, Ignazio La Russa, intervistato dal Corriere della sera, ha assicurato che c’è già un altro nome pronto (certo il senatore di FdI aveva anche detto che Albertini avrebbe accettato la candidatura).

Di certo le difficoltà nella ricerca dei candidati svelano molto di più che i leader del centrodestra sono disposti ad ammettere pubblicamente. La coalizione è divisa. Meloni continua a crescere nei sondaggi e le comunali saranno il primo appuntamento in cui si capirà se i voti virtuali sono anche reali. Anche per questo Salvini non può permettersi di fare errori. C’è poi lo scontro per la presidenza del Copasir. Che spetterebbe all’opposizione ma che la Lega non vuole lasciare.

Insomma non proprio una situazione idilliaca per convincere qualcuno a candidarsi.

 

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