La presidente del Senato Maria Elisabetta Alberti Casellati? «È una grande donna, si è sempre battuta per me... non dimentico». Il magistrato Carlo Maria Capristo, travolto ieri mattina dall’inchiesta dei pm di Potenza, nel marzo del 2018 dichiarava grande stima per chi aveva contribuito, come membro del Csm, alla sua promozione a capo della procura di Taranto.

Il pm, già arrestato nel 2020 con altre accuse, mai poteva immaginare che quel messaggio mandato a un amico sarebbe finito in un’ordinanza della magistratura lucana. Che indica oggi lo stesso Capristo, l’avvocato Piero Amara e un assistente di polizia (il misterioso Filippo Paradiso, ex collaboratore della presidente del Senato) come un gruppo dedito alla corruzione, alle raccomandazioni e a scambi di favori. Basate su un sistema di do ut des che prevede – si legge nel provvedimento del gip che ha mandato Amara e Paradiso in carcere e ordinato a Capristo l’obbligo di dimora – il coinvolgimento di pezzi delle istituzioni, della magistratura e della politica.

L’inchiesta

Partiamo dall’inizio. La vicenda che ha portato Amara e l’agente di polizia in carcere (definito “funzionario” dai giudici, ma dalla Polizia di Stato segnalano che Paradiso, attualmente collaboratore al Viminale del sottosegretario grillino Carlo Sibilia, ha una qualifica assai più bassa) disegna un sistema corruttivo particolare. Capristo «in cambio del costante interessamento di Amara e Paradiso per gli sviluppi della sua carriera» garantiva all’avvocato della fantomatica loggia Ungheria «utilità, vantaggi ed agevolazioni professionali».

Il procuratore capo di Potenza Francesco Curcio, che ha condotto le indagini inseme alla squadra mobile e al nucleo di polizia economico-finanziaria della Guardia di finanza, sostiene che, mentre Amara e Paradiso mettevano in piedi una «incessante attività di raccomandazione, persuasione e sollecitazione» a favore di Capristo «sui membri del Csm da loro conosciuti direttamente o indirettamente», il magistrato corrotto garantiva al legale di Siracusa (e al suo collega Nicola Nicoletti) «utilità, vantaggi ed agevolazioni professionali». In pratica, la benemerenza di Capristo permetteva ai corruttori di accreditarsi con aziende come Eni o Ilva, al tempo in amministrazione straordinaria, come avvocati in grado di avere buone entrature con le procure pugliesi guidate dal magistrato. Uffici che al tempo avevano «situazioni processuali particolarmente complesse» sulle due multinazionali.

Secondo l’accusa Capristo, quando era capo procuratore a Trani, per aiutare Amara nei suoi rapporti con l’Eni prima ha dato credito ad alcuni esposti anonimi redatti però dallo stesso Amara, che cercò attraverso un depistaggio di danneggiare il processo dei magistrati milanesi sulla presunta tangente in Nigeria (dibattimento in primo grado si è recentemente concluso con un’assoluzione). «Capristo poi disponeva per compiacere le richieste di Amara la trasmissione dei procedimenti suddetti» alla procura di Siracusa. Dove la falsa inchieste creata ad hoc dal “facilitatore” fu presa in consegna da Giancarlo Longo, amico di Amara condannato in via definitiva per corruzione proprio per essere stato comprato dall’avvocato della loggia Ungheria.

Arrivato a Taranto grazie alla sponsorizzazione di Amara e company, Capristo ricambiava il favore con i dante causa, «e si rendeva promotore di un approccio dell’ufficio certamente più aperto e dialogante alle esigenze di Ilva, così da rafforzare nell’amministrazione straordinaria e in particolare di Enrico Laghi (al tempo uno dei commissari dell’acciaieria, ndr) il convincimento che Amara e Nicoletti potessero più agevolmente di altri professionisti interloquire con la procura di Taranto».

Fin qui, le accuse agli indagati, che sono in tutto una decina. Ma seguendo le mosse di Amara e Paradiso i detective della finanza e della polizia sono arrivati, grazie a chat e testimonianze, fino alle più alte cariche dello stato. In primis alla Casellati che, all’epoca in cui Capristo cercava di sistemarsi a capo della procura di Taranto, sedeva come laica in quota Forza Italia nel Consiglio superiore della magistratura. «Se fossimo stati ancora a Trani avremmo provveduto ad inviare un bel messaggio di congratulazioni alla presidente del Senato», è il messaggio inviato a Capristo da un amico. Il magistrato replicava felice: «Hai proprio ragione Mimmo caro... spero di invitarla quando potrà. È una grande donna come sai bene e si è sempre battuta per me... E io non dimentico».

Casellati, che secondo la procura di Roma è stata “trafficata”, cioè usata, dall’amico Paradiso e da Amara, ha già smentito di aver favorito la nomina di Capristo all’epoca in cui ricopriva l’importante ruolo al Csm, e sentita dal procuratore aggiunto Paolo Ielo aveva escluso pressioni di sorta. Domani aveva dato conto dell’interrogatorio di Casellati, in cui spiegava come «Capristo venne nominato a Taranto all’unanimità. Ma Paradiso non ha mai interloquito con me».

Negli atti dell’indagine di Potenza il nome della presidente del Senato ricorre però più volte. A ricordare ai magistrati di un incontro tra Paradiso e Casellati per la nomina di Capristo è prima Giuseppe Calafiore, avvocato coinvolto in altri scandali giudiziari con il socio Amara. Un passaggio dell’ordinanza firmata del gip sembra confermare addirittura un possibile incontro diretto tra Amara e l’allora componente del Csm: «Casellati, presidente del Senato dal 24 marzo 2018 e componente laico del Csm che deliberava la nomina di Capristo nel 2016, dunque, aveva incontrato Amara che sponsorizzava Capristo, e aveva poi effettivamente votato a favore di Capristo per il posto di Procuratore di Taranto», si legge nell’informativa di polizia citata dal giudice delle indagini preliminari. Dagli uffici del Senato, tuttavia, non confermano la ricostruzione dei giudici di Potenza.

Al contrario, ipotizzano un abbaglio clamoroso. «Il presidente Casellati smentisce di aver mai incontrato l’avvocato Amara e si riserva di agire legalmente nelle sedi competenti nei confronti di tutti quelli che riportano fatti non corrispondenti al vero». Anche nelle carte dell’inchiesta di Roma, che ha chiesto il rinvio a giudizio per Amara e Paradiso proprio in merito al traffico di influenze, non c’è traccia di incontri tra la presidente e il legale di Agusta. Si vedrà.

Un Paradiso per la Casellati

Le tracce della genesi della nomina a procuratore di Taranto e delle possibili pressioni per spingere Capristo emergono anche dalle chat sequestrate a Luca Palamara, il magistrato accusato di corruzione a Perugia nell’inchiesta che svelato il sistema della spartizione degli uffici direttivi di procure e tribunali.

I giudici lucani ricordano come Palamara e un suo collega commentavano la figura di Capristo, di cui si direbbero «cose pessime». Tuttavia Palamara si giustificava scrivendo come «purtroppo troppe cose mi hanno schiacciato». Alludendo, precisano gli investigatori, al «peso delle pressioni ricevute per la nomina di Capristo, nonostante questi godesse di pessima reputazione». Possibile che Palamara parlasse proprio della Casellati, o si riferiva ad altri membri interni del Csm? È un fatto che, al netto dei pregiudizi «pessimi», Capristo fu comunque votato all’unanimità per guidare la procura che doveva gestire i processi ambientali più delicati del paese.

Se i giudici ipotizzano che Amara abbia usato – per fare pressioni su Palamara – il lobbista Fabrizio Centofanti, a processo con lui a Perugia, i pm credono pure che l’arma segreta per interloquire con Casellati, altro membro laico del Csm che poteva votare Capristo a Taranto, era proprio Paradiso. Chi è costui? Un poliziotto arrestato negli anni ‘90 con l’accusa di omicidio volontario (fu del tutto scagionato, tanto da avere 270mila euro dallo stato per ingiusta detenzione), che negli anni si è creato ottime entrature in Vaticano. Amico di politici e magistrati, da anni è comandato nelle segreterie di ministeri e palazzi del potere: dagli uffici di Rocco Buttiglione a quelli del forzista Paolo Bonaiuti, fino a Saverio Romano e Matteo Salvini, Paradiso ha prestato servizio da ottobre 2018 al gennaio 2019 anche a Palazzo Madama, chiamato proprio dall’amica Casellati. Oggi lavora nella segreteria di Sibilia, grillino che l’ha voluto con se nonostante il suo nome fosse da tempo accostato ad Amara (che secondo le procura di Potenza e di Roma lo foraggia costantemente con piccole somme e altre utilità) e scandali della magistratura.

Al netto delle accuse, tutte ancora da provare, come mai la seconda carica dello stato ha voluto al suo fianco un semplice assistente di polizia, grado che in polizia è pari a quello di un appuntato nei carabinieri? «Di lui mi parlò benissimo Gianni Letta», ha spiegato Casellati ai magistrati capitolini. «Letta mi chiese se potevo accoglierlo nel mio staff... io lo accolsi a ottobre 2018 al Senato a titolo gratuito nella qualità di consigliere per organizzazione di convegni». Dal gennaio 2019, poi, Paradiso termina l’esperienza. Nello stesso periodo a Palazzo Madama arriva Claudio Galoppi, ex membro del Csm che è diventato consigliere giuridico della collega che ha fatto il grande salto.

«Nel periodo in cui ero al Csm», ha detto Casellati ai pm romani come raccontò in esclusiva Domani lo scorso novembre, Paradiso «mi parlava di questioni di geografia giudiziaria molto generali. Non ho memoria di interlocuzioni su specifiche nomine. Nemmeno su quella di Capristo. L’incontro con Longo? Non sono in grado di escluderne o affermarne l’esistenza. Quello che ricordo con certezza e che il nome di Longo nel corso dei lavori relativi alla nomina del procuratore di Gela non venne mai fuori». Casellati, insomma, non ha «memoria» precisa. Capristo, al contrario, «non dimentica» che l’avvocatessa che sogna il Quirinale «si è battuta per me».

Arriva Boccia

I magistrati, ordinando l’arresto di Paradiso e Amara e l’obbligo di dimora per Capristo, credono dunque che le ricostruzioni di alcuni testimoni chiave sentiti in questi ultimi mesi siano veritiere. Anche quelle fatte da Giuseppe Calafiore, che a Curcio parla non solo degli incontri con la Casellati, ma anche di altri interventi effettuati. «Il Calafiore rivelava l'interesse economico concreto di Amara su Taranto, sia per l'aspetto professionale sia in relazione alle società a lui riconducibili» scrive il gip «Poi riferiva del comportamento fattivo tramite il Paradiso, consistito nell'intercessione presso la Casellati, nell'indicazione della persona di Fabrizio Centofanti per fare pressione su Palamara, nel consenso alla nomina prestato dalla consigliera Paola Balducci su interessamento dell'onorevole Francesco Boccia e su input di Paradiso e Capristo; rivelava inoltre che Amara aveva interessato della vicenda anche l'onorevole Luca Lotti», si legge nelle carte dell’accusa.

La coppia Amara-Paradiso opera dunque per i pm a tutto campo. L’ex ministro del Pd Francesco Boccia, chiamato in causa da Calafiore, ha ammesso di conoscere Capristo e lo stesso Paradiso, «almeno da quando era assessore a Bari con Emiliano». Ai pm di Potenza spiega di conoscere Amara solo dai giornali, mentre «conosco la Balducci in quanto all’epoca del governo Prodi io ero capo del dipartimento economico e lei era deputata dei Verdi». Poi chiarisce il suo intervento nella faccenda della presunta raccomandazione di Capristo: «Mi sfugge il contesto in cui è avvenuto, ma se non ricordo male mi venne richiesto da Capristo o forse da Paradiso di avere informazioni sulla procedura di nomina da parte del Csm del procuratore di Taranto. In tale contesto, appresi dalla Balducci stessa che Capristo era uno dei papabili per la nomina» aggiunge l’ex ministro. Che nega di aver fatto pressioni. «Ben mi sono guardato, rispettando l’autonomia dell’organo, di fare pressioni o altro. Semplicemente, raccolsi questa informazione generica e ben nota. In effetti poi ho appreso che il Csm deliberò la nomina di Capristo a Taranto. Ripeto: non escludo che in tale vicenda sia intervenuto anche Paradiso, ma dato il tempo trascorso non ho un ricordo esatto».

La cena con Lotti

I tentativi di Amara per piazzare in un ufficio giudiziario di livello l’amico magistrato sono – a leggere testimonianze note ma riportate di nuovo nell’ordinanza – tante. In una di queste, protagonista sarebbe stato anche Lotti, al tempo potente colonnello di Matteo Renzi. L’ex avvocato dell’Eni ha raccontato a varie procure di un incontro avvenuto, in un ristorante romano, tra lui, Lotti, l’imprenditore Andrea Bacci, Paradiso e Capristo proprio per ottenere l’appoggio dell’ex sottosegretario. Una vicenda sempre negata da Lotti, che recentemente ha querelato Amara per le dichiarazioni rilasciate alla trasmissione Piazzapulita. Ora, se Boccia nega di esseri mai rivolto al compagno di partito per interessarsi della nomina di Capristo, Paradiso conferma la ricostruzione di Amara: «Abbiamo raggiunto Lotti in un locale a via dei Portoghesi a Roma, dove stava cenando da solo. L’incontro è stato breve e squallido. Capristo disse che non aveva chiesto mai favori a chicchessia, ma che voleva che fossero evitate ingiustizie. Lotti lo ha ascoltato».

«Nessun illecito»

Le attività lobbistiche degli arrestati nei confronti delle alte cariche dell’organo di autogoverno della magistratura e dei politici secondo i magistrati di Potenza non sono comunque penalmente sindacabili. Tanto che l’ordinanza precisa chiaramente come «sia in fatto che in diritto, l’attivazione Amara-Paradiso con attività di lobbying per la nomina del Capristo a Taranto non implica alcuna indagine sulla validità della nomina o la liceità della condotta dei membri del Csm». Una questione estranea alla richiesta del pm nel procedimento, «e in relazione alla quale non viene delineato alcun profilo di rilevanza penale, che esulerebbe dalla competenza di quest’ufficio».

Lo scandalo c’è, insomma, ma non investe il codice penale. Ma “solo” il campo etico e quello dell’opportunità politica: le chat e gli interrogatori disegnano un sistema in cui faccendieri e poliziotti sono in grado di avvicinare membri del Csm, politici e potenti per chiedere favori e raccomandazioni non sarà fattispecie illegale. Ma le vicende scoperte non fanno certo bene all’immagine delle istituzioni repubblicane e della magistratura.

 

© Riproduzione riservata