Il mondo dello sport italiano ha un fiuto infallibile per il posizionamento politico oltreché per il servo encomio. Per di più, stavolta non era nemmeno necessario consultare bookmaker o aruspici per sapere chi avrebbe vinto le elezioni politiche del 25 settembre. E, dunque, ecco il dono graziosamente confezionato da Giovanni Malagò, presidente del Coni lestissimo nel riposizionamento: la poltrona di amministratore delegato della Fondazione Milano-Cortina 2026 sarà di Andrea Abodi, manager sportivo di provata fede post missina nonché attuale presidente dell’Istituto del credito sportivo (Ics), la banca pubblica che finanzia l’impiantistica sportiva.

Una nomina, quella a capo della Fondazione, che viene data per certa. Talmente certa che ne suscita perplessità il ritardo. E il primo a essere perplesso sarebbe Abodi medesimo, che pronto da settimane a muovere l’ultimo passo verso la stanza dei bottoni sta rischiando l’anchilosi col piede a mezz’aria. Anche perché, in anni recenti, lo hanno candidato a un po’ troppe cose senza che ne andasse in buca una.

Cerimonialismi politici

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Perché questa attesa? Un motivo c’è, sia pur intriso di bizantinismi. E sta nel cerimonialismo tutto romano da Prima Repubblica da cui il mondo dello sport italiano, a partire dal comitato olimpico nazionale, non riesce né vuole affrancarsi. Tanto feticismo per le forme e la ritualità ha portato a scegliere di rinviare a dopo le elezioni la nomina del nuovo amministratore delegato.

Una scelta che è stata anche un modo furbesco per tirarsi fuori dall’impasse in cui la Fondazione si era cacciata nel momento in cui le è toccato decidere chi dovesse essere il sostituto di Vincenzo Novari, amministratore delegato durato in carica meno di tre anni, due dei quali resi pressoché inutili dall’emergenza pandemica.

Nominato a novembre 2019, Novari era dato in uscita già a marzo scorso. Poi era rimasto al suo posto e questa sua permanenza era stata accompagnata dal sottotesto delle smentite contro i soliti analisti e retroscenisti che speculano troppo. E invece a fine agosto Novari se n’è andato davvero.

Da quel momento si è scatenata la giostra delle candidature per la sostituzione, che ha visto calare sul tavolo nomi pesanti, di ogni caratura e provenienza. In pole position era stato dato Michele Uva, uomo per tutte le stagioni che dopo un’infelice esperienza da direttore generale della Figc, sotto la presidenza di Carlo Tavecchio, ha trovato posto come direzione del dipartimento Football&Social Responsability dell’Uefa.

Per giorni la sua candidatura era data talmente forte da oscurare nettamente tutte quelle alternative. C’era quella dell’eterno Paolo Scaroni, ex amministratore delegato Eni, che attualmente è impegnato soprattutto a fare il presidente del Milan; ciò che fra l’altro lo avrebbe posto al centro di un intreccio d’interessi piuttosto ardito, dato che il nuovo proprietario del club rossonero Gerry Cardinale, come raccontato a suo tempo da Domani, controlla On Location Experiences, società che ha avuto affidati dal Cio i servizi di ospitalità per le prossime tre edizioni delle Olimpiadi, fra cui Milano-Cortina 2026.

Ma oltre a Scaroni, come possibile concorrente di Uva, sono stati fatti altri nomi da gotha manageriale come quelli di Alessandro Profumo, attuale amministratore delegato di Leonardo, e di Vittorio Colao, ministro per la Transizione digitale nel governo Draghi. Tutti inseriti dentro una rumba il cui ritmo dettava una sola esigenza: fare in fretta.

E, invece, nella decade finale di agosto c’è stato il totale cambio d’indirizzo: aspettare la formazione del governo uscito dalle urne per portargli in dono una nomina di suo gradimento. Magari con annesso bacio della pantofola e senza preoccuparsi oltremodo del mese e passa buttato via per mero servilismo preventivo. E poi non dite che al Coni non abbiamo spirito di servizio.

Un nuovo capo per il carrozzone

La candidatura di Andrea Abodi, come amministratore delegato della Fondazione Milano-Cortina 2026, nasce così. Da una volontà di posizionarsi precocemente un passo oltre la linea del traguardo e essere pronti a abbracciare prima di chiunque altro il vincitore sudaticcio. E in questo senso l’attuale presidente dell’Ics rappresenta la carta che spariglia una partita bloccata, col candidato favorito (Uva) che finisce al macero perché incasellato come troppo vicino a Enrico Letta. Invece Abodi ha il necessario pedigree per risultare potabile a Fratelli d’Italia.

In un’altra éra geologica fece pure parte del Fronte della Gioventù, sicché nessuno potrebbe sognarsi di contestargli l’estrazione da fiamma tricolore. E constatata la fregola di Giorgia Meloni per la politicizzazione del mondo dello sport, abbondantemente esibita in campagna elettorale, ecco trovata la soluzione che fa tutti contenti: Abodi a capo del carrozzone dell’olimpiade invernale che doveva essere a costo quasi zero e invece prospetta d’essere l’ennesimo buco coi giochi intorno.

Sprechi e ritardi

I conti sono già andati fuori binario, tanto da aver costretto i governatori delle due regioni interessate (Attilio Fontana per la Lombardia e Luca Zaia per il Veneto) a chiedere l’ingresso del governo nella Fondazione.

Un ingresso che significherà una sola cosa: i contribuenti si preparino a finanziare sprechi e ritardi di un’olimpiade invernale che nessuno al mondo voleva prendersi in carico e che il ticket Milano-Cortina si è aggiudicato praticamente senza concorrenza. I costi delle opere sono tutti clamorosamente lievitati (con alibi già pronto: la guerra in Ucraina) e inoltre i cantieri sono praticamente tutti fermi quando mancano tre anni e cinque mesi all’inaugurazione dei giochi.

A luglio scorso Draghi ha risposto alla richiesta di Attilio Fontana e Luca Zaia dicendosi possibilista, ma rimandando anche lui la palla al prossimo governo. Che forse soltanto quando entrerà in carica comprenderà quante palle sarà costretto a giocare rispetto a quante ne ha dette. E questa palla enorme toccherà ad Abodi.

Un po’ troppo spesso in pectore

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Sempre che non torni quella sorta di maledizione personale che di recente lo ha visto bruciato su più fronti, eterno candidato poi scartato senza riguardi. E in fondo anche la prospettiva di mandarlo a dirigere il debitificio della Fondazione è l’ennesima soluzione di ripiego, dato che di Abodi si faceva il nome come possibile ministro di un governo Meloni.

Ma ora che lo tengono lì, a un passo dalla nomina, forse Abodi sta scorrendo in rassegna tutte le volte che è stato candidato a qualcosa ma poi si è ritrovato posato e dimenticato. Voleva candidarsi alla presidenza della Figc, ai tempi in cui era presidente della Lega di Serie B, ma la cosa finì lì.

Era stato dato come possibile presidente della società Sport e Salute e almeno in quella circostanza fu lesto a sfilarsi prima che lo impallinassero. Non altrettanta prontezza ebbe lo scorso inverno, quando la corsa alla presidenza della Lega di Serie A venne vinta da Lorenzo Casini.

Nel 2021 il suo nome venne fatto anche come candidato sindaco di Roma per il centrodestra. In quella circostanza la strada venne sbarrata da fuoco amico, cioè l’ex camerata Maurizio Gasparri che lo bloccò col solito savoir faire: «Non lo conosce nessuno».

Sicché comprenderete le odierne inquietudini di Abodi. Lo hanno candidato a tutto, ma si è ritrovato eletto soltanto per cariche periferiche come la Lega di B e l’Ics.

E magari rimpiange i giorni in cui era un manager puro e da fondatore della società Media Partners (nata nella galassia Fininvest) propugnava la Superlega europea per club. Era settembre del 1998, e come il web rimanda mister Abodi rilasciava dichiarazioni all’Unità in cui dava quell’altro carrozzone prossimo alla realizzazione. Nell’articolo si diceva che tutto quanto sarebbe stato realizzato «nel 2000». Anno o secolo? Perché dal distinguo passa lo scarto fra il clamoroso errore di previsione e l’assoluta vaghezza.

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