Sono due, e in giornata diventano addirittura tre i video che ritraggono la giudice Jolanda Apostolico la notte del 25 agosto 2018 al porto di Catania accanto agli attivisti che protestavano chiedendo lo sbarco dei migranti trattenuti sulla nave Diciotti. Ieri la Lega ha fatto bongo: un giornalista dell’agenzia Lapresse ha tirato fuori altri due filmati, che ritraggono la magistrata quella sera mentre batte le mani al ritmo dello slogan «siamo tutti antifascisti». La Lega lo mette sui social con una citazione del giudice Livatino, ucciso dalla mafia: «Nessuno ci verrà a chiedere quanto siamo stati credenti, ma credibili». Il commento che aggiunge invece la Lega è: «Catania, coppia che lavora in tribunale tifa con l’estrema sinistra davanti alla polizia». Nelle immagini infatti si riconosce anche il marito di Apostolico, Massimo Mingrino, funzionario del Tribunale; del quale a sua volta spunta fuori una vecchia condivisione su Facebook di un post di Potere al popolo contro un’iniziativa in solidarietà con lo stato di Israele. C’è anche una terza sequenza, ancora della notte dell’agosto 2018: lì la magistrata allunga un braccio in direzione della polizia e dice qualcosa di «irripetibile» secondo la versione di Fratelli d’Italia, in realtà di indecifrabile.

Parla anche Delmastro

A questo punto per Lega e Fdi non ci sono dubbi: Apostolico non offre garanzie di imparzialità e si deve dimettere. Lo chiede una batteria di leghisti con comunicati copia-incolla. Claudio Borghi allarga lo spettro: «Se Apostolico dovesse rimanere al suo posto significherebbe che il problema della difesa corporativa è troppo grave per non intervenire con riforme profonde». Prende parola anche il sottosegretario alla Giustizia Andrea Delmastro, ospite di Maria Latella su Radio24. Ed è una scelta spericolata, la sua, perché su di lui pende un giudizio per rivelazioni di atti coperti da ufficio, in presunta violazione dell’articolo 326 del codice penale. Lo scorso febbraio Delmastro ha ammesso di aver passato al collega di partito Giovanni Donzelli documenti sull’anarchico Alfredo Cospito perché non sapeva – è la sua versione – che erano coperti dal segreto amministrativo. Donzelli poi li ha declamati in aula.

Si aggiunge il forzista Maurizio Gasparri. E il ministro Musumeci giudica «patetico» il diritto alla privacy invocato per i magistrati dall’Anm, chiede al Csm di intervenire («Non reclamo dimissioni, credo che la magistratura abbia organi di autogoverno sufficienti per potere intervenire») e, da Siracusa, lancia un avviso a un altro giudice: «Non posso dire chi è, ma si tratta di un magistrato che negli ultimi anni si è divertito a utilizzare i propri pregiudizi di uomo di sinistra per attaccare esponenti della destra».

Con questa canea, Salvini può eludere la domanda che le opposizioni hanno già presentato al ministro degli interni Matteo Piantedosi: chi ha girato il primo video che ha ricevuto? Venerdì scorso la questura di Catania ha negato che sia «tra gli atti d’ufficio relativi all’evento in questione» e che in questi atti, redatti dagli operatori sul campo quella notte, «non risulta menzionata la presenza della dottoressa Iolanda Apostolico né del marito». L’agenzia Ansa racconta che un carabiniere si sarebbe spontaneamente rivolto ai suoi superiori ammettendo di averlo girato lui, privatamente, e poi di condiviso con una cerchia di conoscenti. E in effetti il primo a riconoscere Apostolico era stato il deputato leghista Anastasio Carrà, carabiniere. Che però dice di non aver ricevuto il video e dunque di non averlo passato a Salvini. Ma la storia, allo stato, non sta in piedi: perché in un altro video pubblicato da Lapresse si vede un agente di polizia filmare da una posizione che collima con il punto di vista dell’inquadratura delle prime immagini diffuse. E non si vedono carabinieri, né in divisa né in borghese.

Ora da una parte è convinzione ormai abbastanza bipartisan l’inopportunità di stare in quella manifestazione, anche con un ruolo di “mediatore” con le forze dell’ordine, da parte di Apostolico. Su Libero il ministro Nordio non ha dubbi: «Poteva» stare lì, «ma non doveva» perché «i limiti di un magistrato sono ormai fissati da varie pronunce della Giurisprudenza, ma soprattutto dalla deontologia e dal buon senso. Più manifesta le sue idee politiche, più vulnera la presunzione di imparzialità». Dall’altra parte però continua a restare avvolta nell’opacità l’origine del primo video, anche dopo la generosa – verso Salvini – ammissione del carabiniere nei panni di un passante a smartphone spianato.

Sulla vicenda pende un esposto alla procura di Roma presentato dai deputati verdi Angelo Bonelli e Filiberto Zaratti: come per Delmastro, chiedono di valutare l’eventuale violazione dell’articolo 326.

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