La commissione parlamentare Antimafia è partita nell’imbarazzo, tra polemiche su ex Nar, mafia stragista e parlamentari imputati. Convocata per la prima volta otto mesi dopo l’avvio della legislatura e quasi tre mesi dopo la sua istituzione, si è riunita in una data simbolica: trentuno anni dalla strage di Capaci in cui vennero uccisi dalla mafia Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo, e la scorta. Presidente con un atto di forza del centrodestra è stata eletta Chiara Colosimo, la deputata di Fratelli d’Italia vicina a Giorgia Meloni in passato definita “fascio-cubista” per aver lavorato al Gilda e oggi accusata di avere avuto rapporti con la destra eversiva. Nello specifico, 29 voti le hanno assicurato lo scranno più alto, mentre Movimento 5 stelle e Pd sono usciti dall’aula in polemica.

Una settimana fa in una lettera aperta firmata tra gli altri da Salvatore Borsellino, fratello del giudice ucciso nel 1992, e Giovanni Impastato, fratello di Peppino, ricordavano che «Report su Rai 3 ha reso noti i rapporti tra la suddetta deputata di Fratelli d’Italia e il terrorista Luigi Ciavardini».

Colosimo avrebbe avuto contatti con l’associazione Gruppo idee di Germana De Angelis, moglie dell’ex Nar condannato definitivamente per l’omicidio del poliziotto Francesco Evangelista e del magistrato Mario Amato e per la strage di Bologna costata la vita a 85 persone: «Rimaniamo sbigottiti e increduli di fronte a questa prospettiva», hanno scritto, posizione che ha portato parte delle opposizioni a ribellarsi.

La destra, forte della sua ampia maggioranza è andata avanti, e Colosimo, che ha proceduto lei stessa allo spoglio che l’ha portata alla vittoria, alla fine del voto ha invitato le famiglie a incontrarla.

Non ha smentito di conoscere il «presunto Ciavardini (evidente lapsus) così come lo conoscono moltissimi altri, perché lui aveva un’associazione che si occupa come da articolo 27 della Costituzione di reinserimento dei detenuti». Una traccia di incertezza legata al fatto che ha parlato della questione solo dopo essere stata interpellata dai giornalisti, glissando sull’evidente defezione di due gruppi.

Il caso Berlusconi

Associated Press/LaPresse

Fratelli d’Italia è andato avanti per la sua strada facendo nominare oltre alla presidente, anche un segretario, Antonio Iannone, senatore di Sala Consilina, dimostrando ancora una volta la forza dei numeri. Pd e M5s, dopo l’intransigenza per il voto della presidente, hanno deciso di rientrare per l’elezione dei vice e delle restanti cariche.

Uniti hanno eletto il pentastellato Federico Cafiero De Raho come vicepresidente, già procuratore nazionale antimafia, e promotore nelle settimane scorse dell’impossibile candidatura della forzista Rita Dalla Chiesa per la presidenza. In seconda battuta, come segretario il dem Anthony Barbagallo. Il gruppo Pd vanta in commissione un discreto gruppo di vip: si va dalla già vicepresidente di Libera, Enza Rando, all’ex ministro della Giustizia Andrea Orlando.

Ma è stato Walter Verini a parlare per tutti: «La maggioranza non ha voluto accogliere l’appello del Pd e votare insieme la nuova presidenza dell’antimafia, che parte azzoppata e poco legittimata».Mentre si supera la questione ex Nar, se ne aprirà presto un’altra, che si chiama Silvio Berlusconi. Il leader di Forza Italia è attualmente indagato a Firenze nell’ambito dell’inchiesta che sta scavando sul le tracce dei mandanti occulti delle stragi sul continente. Oltre a lui, indagato anche Marcello Dell’Utri, fondatore di FI, fedelissimo del Cavaliere e già condannato per concorso esterno alla mafia.

De Raho, che fino a qualche settimana fai ipotizzava che il tema fosse di necessaria calendarizzazione, adesso che la commissione si è formata, ricorda che gli «argomenti sono tanti». Per Verini «la commissione antimafia non può né deve sostituirsi alla magistratura», ma la commissione può offrire supporto «ove mai si presentasse l’occasione». E «potrebbe», aggiunge. Con queste premesse, il secondo vicepresidente appena eletto con il pacchetto di voti di maggioranza è stato l’azzurro Mauro D’Attis.

Sul punto assicura: «Francamente non ho alcun imbarazzo perché tutte le inchieste sono andate a finire con un’assoluzione». E allora se ne occuperà anche la commissione? «La commissione antimafia fa un altro mestiere», dice andando via.

Terzo polo

LaPresse

Il paese «non deve fare solo le celebrazioni», dichiara Verini, «adesso definiremo l’agenda». Per il momento, l’ipotesi è quella di partire dagli appalti. In attesa, è rimasto senza poltrone il Terzo polo. Mentre Pd e M5s uscivano, e la maggioranza convergeva su Colosimo, sono comparsi quattro voti per Dafne Musolino, la senatrice di Sud chiama Nord, candidata dell’istrionico Cateno De Luca.

Il tandem dei partiti di Renzi e Calenda ha deciso di sfruttare l’occasione per stringere nuove alleanze appoggiandola, federatore Giuseppe Castiglione, di Azione. Il deputato è uno dei tre parlamentari imputati della commissione, gli altri due sono Francesco Silvestro (FI), e Anastasio Carrà (Lega). Rispettivamente corruzione, tentata concussione, e delitto colposo contro la salute pubblica. Castiglione attende il processo da dieci anni (dopo aver chiesto il giudizio immediato) e in occasione dell’avvio dei lavori si concentra sulla «preintesa» con De Luca: anche se senza poltrone preconizza «l’allargamento del Terzo polo» e auspica si tratti il tema degli affidamenti diretti nei lavori pubblici.

© Riproduzione riservata