La promessa c’è stata, senza neanche il bisogno di una stretta di mano, tanto l’oggetto dell’accordo era di buon senso: Giuseppe Conte si è impegnato a non polemizzare più con il Pd, almeno fino al 25 febbraio, giorno in cui la Sardegna andrà al voto. Perché lì a battersi contro il candidato della destra, il sindaco di Cagliari Paolo Truzzu (FdI), è proprio una fedelissima del presidente Ms5, la deputata Alessandra Todde. Ed è sostenuta dal Pd.

Dopo il 25 febbraio si vedrà, del doman non v’è certezza, ma intanto già è un passo avanti. Dal lato Pd, come la pensa Elly Schlein è noto: evitare al massimo le polemiche contro le altre opposizioni. Per evitare di fare danni alle amministrative, e per evitare di dover costruire la coalizione, dopo le europee, sulle macerie di un rapporto terremotato.

La scena in Sardegna

Nell’isola la tregua serve come il pane. Già la corsa è in salita, già la Coalizione sarda dell’ex presidente Renato Soru rischia di portarsi via una fetta dell’elettorato di sinistra. Ci mancavano solo i duelli a Roma fra gialli e rossi. Anche perché mettere insieme M5s e Pd in questa terra non è stato facile. E non lo è tuttora. Basta guardare quello che succede nel Sulcis: a Carbonia e a Iglesias i due sindaci Pd, Pietro Morittu e Mauro Usai, hanno i grillini all’opposizione. Che non danno nessuna tregua.

E così non è facile andare a spiegare ai dem locali che alla regione debbono votare una candidata Cinque stelle. «C’è un messaggio unitario che è giusto ribadire», spiega con pazienza Ettore Licheri, senatore M5s sassarese, vicinissimo a Todde, che in questi giorni gira in lungo e in largo la Sardegna. «Le polemiche di Roma non ci aiutano», sospira Luciano Uras, grande saggio della lista dei Progressisti, e candidato, «ma la posta è troppo alta per non azzerarle subito. Anche perché per il centrosinistra vincere è possibile: la destra resta comunque divisa, e Truzzu è detestato anche dai cagliaritani, che ormai lo conoscono bene. Infatti in campagna elettorale si nasconde. Sui manifesti e sugli autobus c’è la faccia di Giorgia Meloni. Se dovesse vincere, vincerebbe lei, non lui».

La disaffezione

La campagna elettorale in realtà procede un po’ in sordina. Allo scorso giro ha votato il 54 per cento. Oggi gli analisti e anche quelli che fiutano l’aria, sono convinti che non si arriverà alla metà degli aventi diritto. A destra la Lega procede a scartamento ridotto, dopo aver dovuto rinunciare a ricandidare l’uscente Chistian Solinas, l’uomo che ha portato a destra il Partito sardo d’Azione, e che poi è stato sprofondato dai risultati disastrosi della sua giunta e infine definitivamente affondato da un’indagine per corruzione.

Solinas alla fine ha fatto buon viso a cattivo gioco, ma è in attesa di ricompensa: spera nello sdoppiamento dell’Autorità di Sistema Portuale presieduta da Massimo Deiana, già assessore della giunta Pigliaru. L’operazione è di competenza del ministero delle Infrastrutture, quindi del suo protettore Matteo Salvini. Ma per ora c’è di mezzo l’indagine sul suo uomo, e poi è tutto da vedere se dopo le elezioni il leader leghista avrà tempo per occuparsi delle richieste dell’indifendibile presidente uscente.

Aspettando Conte e Schlein

A sinistra fin qui si è scontata qualche mancanza di coordinamento fra i partiti. Ma ora le cose cominciano a ingranare. Negli ultimi dieci giorni prima del voto atterreranno i big, reclamati dai partiti regionali che dall’altra parte vedono sfilare i ministri del governo Meloni (ma non ancora lei, Giorgia).

Le date non sono ancora ufficiali, ma Conte dovrebbe girare l’isola dal 15 al 17 febbraio, il 20 toccherà a Pier Luigi Bersani. E subito dopo Schlein, a ridosso delle urne. C’è chi lavora al colpaccio: far incontrare il leader M5s e la segretaria Pd. Gli ambasciatori di pace sono in grande fermento, ma è difficile che portino a casa il risultato. Schlein comunque ha solo parole buone per Todde, la candidata scelta senza primarie e con incredibile “generosità” da parte del Pd, che qui allo scorso giro aveva preso uno stentato 13,5 per cento, ma sempre più del 10 per cento del M5s. Questione su cui Soru attacca duro: Todde è stata scelta a Roma, «la Sardegna merita di più del massimalismo, del populismo e del giustizialismo dei Cinque stelle».

La frattura fra Pd e il suo fondatore sardo Soru non è stata ricucita. Ci hanno provato i suoi amici Progressisti, in un primo tempo schierati con lui e poi convinti all’unità dal rischio dei sprecare la possibilità della vittoria centrosinistra. Negli ultimi giorni Schlein ha provato a ragionare con i suoi se c’era un modo per convincere Soru. Non l’ha trovato, era ormai troppo tardi, e troppo pericoloso: anche un abboccamento riservato avrebbe potuto diventare un’arma per l’ex presidente. Perché lo scontro fra Todde e Soru è durissimo: lui le dà dell’incompetente, lei “rivela” che il patron di Tiscali voleva assumerla come amministratrice delegata, lui replica senza diplomazia: «Io e il mio socio abbiamo fatto dei colloqui di lavoro al termine dei quali abbiamo ritenuto che non fosse adeguata».

Il voto utile

Il centrosinistra spera nel “voto utile”. Cosa che fa imbestialire la quarta candidata, la rossomora Lucia Chessa, Sardigna R-esiste. «Abbiamo costruito una coalizione ampia, il Pd l’ha fatto con tenace pazienza», spiega Marco Meloni, senatore dem, cagliaritano di Quartu Sant’Elena. «La candidata è di altissima qualità, le critiche su questo punto sono incomprensibili».

Quanto a Truzzu: «Siamo passati dall’ultimo presidente dell’Italia per l’indice di gradimento, Solinas, al terzultimo sindaco d’Italia, Truzzu», il riferimento è a una stima della Noto Sondaggi per il Sole 24 Ore. «Il suo programma è: “andiamo con il governo nazionale”. Ma il governo nazionale propone l’autonomia differenziata che taglia le gambe alla Sardegna, e non investe nulla sull’insularità. Ora taglierà quasi 40 autonomie scolastiche nella regione con il più alto tasso di abbandono, una condanna senza appello per l’uguaglianza dei diritti dei bambini. La destra è contro gli interessi della Sardegna». Ce n’è anche per Soru, ovviamente: «La sfida è fra Todde e Truzzu, fra centrosinistra e destra, a Cagliari come a Roma. Quella che si definisce Coalizione sarda è una coalizione antisarda: perché è fatta di fiancheggiatori della destra, che si sono potuti presentare solo grazie all’aiutino dei consiglieri della destra. È un dato ineludibile. Quindi non so se c’è un “voto utile”, ma so che ce n’è uno inutile e dannoso ed è quello per la Coalizione antisarda».

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