Doveva essere il giorno dell’unità di Forza Italia, come nella migliore tradizione degli eventi di partito chiusi dall’intervento del leader indiscusso Silvio Berlusconi. Invece il clima alla fiera d’Oltremare di Napoli è stato guastato non dagli oppositori, ma da una big da prima fila che il giorno prima era nel panel dei relatori: la ministra degli Affari regionali, Mariastella Gelmini. Uno scontro senza precedenti nella storia recente del partito azzurro, dove le beghe interne non sono mai mancate ma nessuno si è mai sognato di sindacare sulle opinioni espresse dal capo.

Invece, la guerra in Ucraina e il posizionamento «ambiguo» di Forza Italia nei confronti di Vladimir Putin ha fatto esplodere la ministra, che si è resa protagonista di un botta e risposta a distanza. «L’Italia non può essere il ventre molle dell’Occidente e non può diventarlo per responsabilità di FI: le parole di Berlusconi purtroppo non smentiscono le nostre ambiguità», ha detto ieri da Firenze, prima ancora che il Cavaliere prendesse la parola dal palco di Napoli.

gelmini

Se lo scontro a distanza non ha influito sul clima contingente, festante per il ritorno in prima persona di Berlusconi, l’effetto si sentirà nei prossimi giorni e la “damnatio memoriae” della ministra sembra già cominciata: dal palco, la capogruppo in Senato Anna Maria Bernini ha citato «i ministri Renato e Mara», riferendosi a Brunetta e Carfagna e scordandosi Gelmini. Lo stesso Berlusconi, nel suo intervento, ha fatto i complimenti al lavoro della ministra del Sud, Mara Carfagna, reduce dal successo del suo evento “Verso Sud” («se oggi il Pnrr prevede una destinazione vincolata al Sud è grazie al lavoro di Mara»). E’ stato un modo per legittimarla agli occhi dei tanti che nel partito non la amano, ma anche per marcare la distanza dall’altra donna ministro. La resa dei conti arriverà prossimamente: lo sgarbo è troppo importante per passare sotto silenzio e alimenta lo scontro strisciante in corso da tempo tra i “governisti” e i “filoleghisti”, con la fedelissima del Cav Licia Ronzulli e il coordinatore nazionale Antonio Tajani in testa.

Il passato

Del resto, il discorso di Berlusconi ha tradito tutta la stanchezza del vecchio leader, ancora capace di accendersi davanti alla folla che lo acclama ma in evidente affaticamento fisico. Non solo: anche dal punto di vista dei contenuti, Berlusconi ha preferito tenere un profilo basso e misurato.

Nessun annuncio di fusione con la Lega, che pure si era ipotizzato alla vigilia; nessun sussulto nemmeno contro gli alleati di governo. Il suo discorso è stato un amarcord dal sapore di deja vu, a partire dalla grande bandiera da stadio di Forza Italia che lo ha accolto, per finire con il vecchio inno della discesa in campo del 1994.

Anche gli argomenti sono stati un tuffo nel passato: Berlusconi ha ricordato il suo «anticomunismo» raccontando della sua gioventù nel 1948, quando faceva attacchinaggio per la Democrazia cristiana, e poi la sua scelta di fondare il partito nel 1994, quando capì che era «l’unico a poter salvare l’Italia dalla sinistra».

Non sono mancati i riferimenti alle sue vicende giudiziarie insieme al ricordo della madre Rosa, il suo amore per Napoli e i ricordi dei suoi quasi trent’anni di politica. Sul presente e sul futuro, invece, la ricetta è rimasta la stessa di allora: «Fi come cuore di un centrodestra in cui tutto il paese possa riconoscersi: per la libertà, contro le tasse e la burocrazia», è la sintesi.

Il passaggio più atteso, visti gli attacchi di Gelmini, era quello sull’Ucraina. Berlusconi ha riposizionato il partito sulla linea storica, scandendo che «l'Ucraina è il Paese aggredito e noi dobbiamo aiutarlo a difendersi. Forza Italia è e rimarrà sempre dalla parte dell'Europa, dell'Alleanza Atlantica, dell'Occidente e degli Stati Uniti». Poi ha aggiunto, in una risposta indiretta a Gelmini: «Siamo i soli a non dover chiedere scusa di nulla nel nostro passato, siamo sempre stati dalla parte della libertà e della democrazia», mentre la sinistra lo è diventata «da poche settimane».

Il governo

Particolarmente caute sono suonate anche le sue parole riferite al governo. Berlusconi ha confermato «che lavoreremo senza disperdere quanto di buono ha fatto il governo Draghi, che abbiamo voluto noi per primi e che sosterremo lealmente fino alla fine», scongiurando qualsiasi ipotesi di crisi di governo coltivata del centrodestra. Ha poi chiesto una forte spinta sia per il referendum della giustizia che per le amministrative, dove ha illustrato gli sforzi dell’alleanza per correre unita in 21 città, pur sottolineando lo sforzo di venire incontro alle richieste di Fratelli d’Italia.

Nessun accenno ai dissidi interni al suo partito come nemmeno a quelli dell’alleanza di centrodestra, di cui ha rimarcato il ruolo centrale di Forza Italia, senza il quale «ci sarebbe solo una destra-destra. Questo è l’unico centrodestra possibile».

Il tentativo del Cavaliere – refrattario a leggere il discorso scritto e portato ad aggiungere aneddoti di vita personale per strappare applausi ai presenti – è quello che compattare quel che resta del suo partito, rimettendosi al centro come l’unico capace di risollevarlo. L’unico vero annuncio, infatti, è che Berlusconi punta ad essere di nuovo in campo in prima persona nel 2023: «Tornerò dopo 9 anni in tivù e nelle città. Sarò di nuovo in campo, dopo l’ingiusta espulsione dal Senato».

La tensione, tuttavia, rimane palpabile. L’alleanza è sempre più fragile con Giorgia Meloni pronta a prendere spazio e refrattaria ad allinearsi ai due partiti oggi in maggioranza. La stessa Forza Italia rischia di dividersi a causa degli scontri interni che ormai nemmeno Berlusconi riesce più a sedare. Problemi enormi che andranno affrontati nei prossimi mesi, con la consapevolezza però che la salute del Cavaliere – 85 anni compiuti – non gli consente gli sforzi del passato. Per ora, Forza Italia ha scelto di puntare sulla nostalgia per i fasti del passato che sono da sempre un forte collante emotivo per il popolo azzurro. In futuro, però, tutti sono coscienti che servirà di più, per non cadere nella stretta leghista o per non perdere pezzi verso il centro.

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