Partita dall’edilizia negli anni Sessanta, l’attività imprenditoriale di Silvio Berlusconi lo ha portato a costruire un impero in moltissimi campi, soprattutto per quanto riguarda l’intrattenimento.

Inizia nel 1976, quando una sentenza della corte Costituzionale rende possibile la creazione di emittenti televisive private. In quell’anno, Berlusconi acquista Telemilano e la trasforma in Canale 5, creando il primo nucleo di Mediaset. Ci sono poi la partecipazione ne Il Giornale a partire dagli anni Settanta, l’acquisto di Mondadori nel 1990 e il controllo della società di produzione cinematografica Medusa.

Berlusconi ha costruito buona parte di questo impero da solo. Attenzione, qui non si sta cercando di raccontare la vita di Berlusconi come un sogno americano in Italia. Fin da giovane, ha avuto sia le risorse che i contatti per avviare senza eccessiva difficoltà le sue prime attività imprenditoriali, ma, in generale, i suoi progetti sono sempre stati trascinati in primis dalla sua abilità imprenditoriale e dal suo carisma.

Non è un caso che marchi come Mediaset o Publitalia ‘80 e il loro successo siano indissolubilmente associati alla sua figura, non solo per il fatto che ne fosse proprietario, ma perché ne incarnava lo spirito.

Proprio come in politica, dove Forza Italia non è il partito di centrodestra liberale ma semplicemente il partito di Berlusconi, anche il suo impero imprenditoriale è sempre stato formato prima di tutto da aziende “di” Berlusconi. Che ne sarà adesso che il presidente non può più metterci la faccia?

Per la politica, fare previsioni non è semplice. Berlusconi ha definito il centrodestra italiano negli ultimi trent’anni, staccandosi di molto dall’idea del polo “liberale” opposto a quello “socialista”. Ora che la sua ingombrante personalità non c’è più, dovremmo aspettarci la nascita di un “vero” partito di centrodestra che si ispiri al partito Popolare europeo? Non è facile a dirsi.

Di sicuro, l’allontanamento dalla scena politica di Berlusconi negli ultimi dieci anni ha indebolito di molto le posizioni di Forza Italia, dimostrando quanto fosse importante la personalità del leader per il successo della proposta politica.

La gestione dell’eredità

Anche il successo di Mediaset e degli altri progetti editoriali di Berlusconi è stato alimentato dal suo carisma, ma, complice anche la sua discesa in politica, nel tempo l’ex presidente del Consiglio è stato molto più in grado di delegare rispetto a quanto fatto nell’attività con Forza Italia.

Fininvest nasce come la holding di Silvio Berlusconi, ma nel tempo è diventata sempre più un soggetto indipendente. Non significa che sia diventata una grande impresa quotata, con un management completamente separato dalla proprietà, ma si è in parte distanziata dal suo fondatore.

Da holding di Silvio Berlusconi, è diventata la holding della sua famiglia (e, non a caso, Forbes conta la ricchezza di “Silvio Berlusconi & Family”). Per i ruoli esecutivi, Berlusconi si è affidato soprattutto ai figli avuti dalla prima moglie, Marina e Pier Silvio, mentre la proprietà è stata distribuita in maniera tendenzialmente egualitaria tra tutti e cinque i figli, che fino a oggi sono rimasti soci di minoranza, con il padre a detenere la maggior parte delle quote. I figli avuti in seconde nozze da Veronica Lario, Barbara, Eleonora e Luigi, sono rimasti più in disparte, fatta eccezione per Barbara, che ha avuto un ruolo nel Milan quando era di proprietà del padre.

I tre possiedono poco meno del 21 per cento di Fininvest (un altro 15 per cento è equamente diviso tra Marina e Pier Silvio) e probabilmente allargheranno la propria partecipazione con l’eredità del padre. Ci sarà da capire se il 61 per cento di Fininvest in mano a Silvio Berlusconi verrà distribuito equamente tra i cinque figli, rendendo Barbara, Eleonora e Luigi azionisti di maggioranza, o se il testamento andrà più a vantaggio dei figli avuti dal primo matrimonio, cui il Cavaliere ha affidato di fatto la guida delle proprie aziende nel tempo.

Oggi, infatti, l’impero di Mediaset è soprattutto in mano a Marina, presidente di Fininvest e di Mondadori, e Pier Silvio, vice-presidente esecutivo e amministratore delegato del gruppo Mediaset. L’attività politica prima e l’età avanzata poi hanno spinto Berlusconi a dare in mano il controllo esecutivo delle sue aziende ai due figli, che hanno avuto tutto il tempo per diventare indipendenti nella gestione.

Berlusconi lascia sicuramente il suo impero politico e quello imprenditoriale orfani di un leader carismatico, ma, mentre il centrodestra farà fatica a riempire il vuoto lasciato dal Cavaliere, è probabile che il gruppo Mediaset non risentirà particolarmente della morte del suo fondatore.

Anzi, i mercati dicono esattamente il contrario: il ricovero di Berlusconi ha fatto crescere il prezzo delle azioni di Mediaset, che non sono crollate nemmeno dopo l’annuncio della sua morte.

I Berlusconi continueranno ad avere un ruolo fondamentale nella vita politica ed economica dell’Italia, ma è probabile che i singoli membri non si esporranno pubblicamente come ha sempre fatto il capostipite.

L’impero messo in piedi in oltre 60 anni di attività imprenditoriale e politica reggerà e, anzi, è probabilmente destinato a crescere ancora, anche se rimarranno i soliti difetti delle imprese italiane, che difficilmente lasciano il controllo a membri esterni alla cerchia familiare o dei fedelissimi, anche quando le dimensioni sfiorano i livelli di una multinazionale.

Considerando anche i 17 nipoti di Berlusconi, la frammentazione potrebbe avere un impatto negativo sull’azienda nel lungo periodo, ma finora non sembra essere una minaccia. Una disputa tra gli eredi sul controllo della società non conviene né all’azienda, né ai singoli soci.

Berlusconi lo sapeva e lo sanno anche i mercati, che infatti non sono andati nel panico alla morte del Cavaliere, nonostante il suo ruolo fondamentale nella nascita e nello sviluppo di uno dei più grandi imperi imprenditoriali italiani di sempre.

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