«Fate presto», dice Silvio Berlusconi al governo, riferendosi al Recovery plan da consegnare all’Europa il prima possibile. Il leader di Forza Italia è in grande spolvero. Interviene con editoriali e interviste a tutto campo, ma soprattutto parla dei fondi europei e magnifica il suo contro-piano: 250 pagine di slide per far «ripartire il paese». Quanto alle voci che accrediterebbero un manipolo di forzisti come i “responsabili” pronti a salvare il presidente del consiglio Giuseppe Conte dalle trappole di Matteo Renzi, Berlusconi ripete: «Noi abbiamo offerto la nostra collaborazione senza condizioni e senza voler essere coinvolti nell’attività di governo».

La linea di Forza Italia è chiara ed è ormai la stessa da mesi: puntare vigorosamente verso il centro politico, rimanendo saldamente nell’alleanza di centrodestra ma allo stesso tempo accreditandosi come forza para-istituzionale e dialogante, pronta a intervenire «nell’interesse dell’Italia». Tradotto in concreto: «I progetti sono progetti, se loro li chiamano in un modo e noi in un altro ma sono uguali, noi voteremo a favore. La differenza tra noi e i partiti di governo è che noi non abbiamo steccati ideologici», dice il portavoce dei gruppi di Camera e Senato, Giorgio Mulè. «L’unica cosa che il governo non deve permettersi di fare è pretendere che il parlamento voti il Recovery plan in tre giorni o, peggio, con la fiducia. Altrimenti sarà guerra in aula».

Del resto non è un mistero che Conte abbia sentito spesso al telefono il responsabile economico di FI, Renato Brunetta, con l’obiettivo di trovare possibili convergenze. Per ora anche il diretto interessato ha smentito qualsiasi volontà di fare da stampella a un esecutivo traballante e forse la crisi rientrerà rendendo questi voti superflui, ma nella guerra di posizione all’interno del governo è fondamentale avere sempre un piano B.

Lo stop del Quirinale

Nel frattempo il duello Renzi-Conte prosegue. E anche se Forza Italia viene indicata come possibile bacino di voti per sostenere l’esecutivo, c’è un elemento ulteriore che rende questa ipotesi non praticabile: Sergio Mattarella. Il presidente della Repubblica sta esercitando tutto il suo potere di moral suasion. A Renzi in particolare avrebbe intimato di non ritirare le proprie ministre, atto concreto che porterebbe all’apertura della crisi di governo.

Non è infatti un segreto che Mattarella abbia sempre mostrato un certo scetticismo rispetto a un ulteriore cambio di maggioranza grazie all’appoggio dei berlusconiani. Le ragioni storiche non sono difficili da ricostruire. I sovranisti Matteo Salvini e Giorgia Meloni vengono considerati come una sorta di “imprevisto” nella democrazia italiana, mentre Silvio Berlusconi ha incarnato una stagione politica fatta di scontri tra le istituzioni che hanno segnato la storia della Repubblica. Riportarlo ora al centro della scena politica come unico rappresentante di un centrodestra responsabile, pronto a tendere la mano per l’interesse superiore del Recovery plan, sarebbe inaccettabile. In ogni caso nulla degli attuali movimenti politici può essere letto senza avere come punto di riferimento l’imminente elezione del presidente della Repubblica.

Il sogno di senatore a vita

Ben coperta dietro al proprio ruolo di presidente del Senato ma aspirante – nemmeno troppo segretamente – al Quirinale è Elisabetta Casellati. Fedelissima berlusconiana sin dal 1994, da seconda carica dello stato si è accreditata come interlocutrice indipendente soprattutto con il mondo grillino. Non è passato inosservato (e non è piaciuto a una parte del gruppo Cinque stelle) il suo colloquio di mesi fa con il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio. I due non avrebbero parlato solo del Colle: Casellati avrebbe promesso l’appoggio dei responsabili di FI al governo, garantendogli di finire la legislatura, in cambio di due favori. Il primo sarebbe l’appoggio per sé stessa, come possibile “quirinabile”.

Il secondo, invece, sarebbe la garanzia di riscatto per Berlusconi con la sua nomina a senatore a vita. Il Cavaliere, infatti, sognerebbe di riabilitarsi come “padre nobile” dell’Italia ritornando nell’aula da cui venne escluso nel 2013 a causa della legge Severino, dopo la condanna per frode fiscale nel processo Mediaset.

 

© Riproduzione riservata