Pubblichiamo l’appello sul campo progressista sottoscritto da intellettuali di area del centrosinistra. Il testo è stato pubblicato sul Fatto quotidiano. 

Siamo elettrici ed elettori che – nella differenza delle proprie culture, storie politiche e civili – di fronte al risultato elettorale, sentono l’urgenza di incoraggiare un confronto aperto tra tutte le forze di sinistra e di progresso del paese.
La sonora sconfitta delle forze democratiche ci accomuna tutti, compreso chi fosse tentato di consolarsi con il buon risultato della propria lista.
Questa sconfitta viene da lontano e ci interroga sull’incapacità delle attuali forze progressiste di intercettare le paure e la rabbia di una larga parte del paese, che vive con angoscia e paura la precarietà del lavoro, le crescenti disuguaglianze economiche, il declino del welfare, la fragilità delle istituzioni pubbliche messa in evidenza dalla crisi climatica, dalla pandemia e dalla guerra.
È una sconfitta che ci impone di ascoltare le ragioni di quel terzo abbondante del Paese che non vota più e di interrogarci sulle ragioni dei tanti che non hanno votato la destra, ma neppure si sono riconosciuti nella proposta delle forze progressiste.
È una sconfitta che ci chiede di riflettere insieme sugli errori compiuti, per offrire ragioni di speranza e progettare insieme il cambiamento.
Anche una pesante sconfitta può infatti risolversi in una opportunità, se non si reagisce negandone la portata o con meri aggiustamenti tattici.
È necessaria una radicale discontinuità.
Per questo proponiamo di avviare il confronto comune a partire da alcuni punti qualificanti.

1) Attrezzarsi per una legislatura di ferma opposizione, dismettendo le tentazioni governiste che, per malinteso senso di responsabilità quando non per brama di potere, hanno ridotto, nella percezione di vasti settori popolari, una parte delle forze progressiste a partiti dell’establishment.
Si serve il Paese, contribuendo alla vita democratica, anche facendo opposizione, decisa, unitaria, propositiva.

2) Riconoscere che è stato un errore presentarsi divisi di fronte a una destra unita. Nessuno può cantar vittoria solo perché il proprio partito ha avuto esiti confortanti. Il cuore del problema non sta, tuttavia, nell’assetto organizzativo del campo progressista – questione da affrontare a valle – ma nella sua stessa missione politica. E la soluzione va cercata nell’avvio di un confronto che abbia l’ambizione di cambiare il paradigma culturale e politico rivelatosi inadeguato. Ciò al fine di perseguire, settantacinque anni dopo, l’effettiva attuazione del progetto della Costituzione imperniato sul pieno sviluppo della persona umana.

3) Chiediamo al Pd di risparmiare a se stesso e al campo progressista il rituale di un’inconcludente resa dei conti interna, che alla fine si riduce sempre a una “conta” per scegliere un nuovo segretario. Non è cambiando segretario che il Pd può rigenerarsi e recuperare la perduta rappresentanza dei bisogni e degli interessi popolari. Ma trovando il coraggio di ripensare profondamente sé stesso, e di andare finalmente oltre sé stesso.

4) Chiediamo al Movimento 5 stelle di dimostrare che l’approdo a posizioni progressiste non è meramente tattico, ma l’epilogo di un definitivo chiarimento identitario. E di non pensare che la tenuta elettorale consegni al Movimento il monopolio del campo progressista.

5) Chiediamo di aprire un cantiere a tutti gli effetti nuovo, in un campo plurale e inclusivo che sviluppi cultura della rappresentanza sociale e capacità di governo. E che, proprio per questo, non dissimuli i suoi valori, al contrario proponga con radicalità una nuova visione di giustizia sociale e democrazia partecipata. Il confronto non deve essere costretto nell’ambito di ciascuna forza politica, ma rompere gli odierni steccati inutilmente divisivi.

6) Chiediamo di assumere quale comune stella polare, ideale e programmatica, l’ancoraggio ai valori della Costituzione, la dignità del lavoro, la giustizia sociale e ambientale, la pace e il disarmo, la lotta contro le disuguaglianze, la cittadinanza dei “nuovi italiani”. Convinti come siamo che astensione ed esito del voto sono frutto di un divario profondo tra la vivacità del paese e la sua traduzione nella politica organizzata, consideriamo urgente fornire un solido riferimento politico alle istanze serie e radicali di cambiamento che vengono espresse da tante realtà civiche e sociali, in particolare delle donne e dei giovani. Il nostro è l’appello di donne e uomini del campo progressista che nulla hanno da chiedere sul piano personale, ma avvertono tutta la gravità del momento e per questo sono disponibili a impegnarsi.

Maurizio Ambrosini, Rosy Bindi, Luigino Bruni, Vannino Chiti, Paolo Corsini, Fulvio De Giorgi, Domenico De Masi, Monica Di Sisto, Giovanni Dosi, Guido Formigoni, Sergio Labate, Gad Lerner, Emiliano Manfredonia, Franco Monaco, Tomaso Montanari, Francesco Pallante, Giulia Rodano, Andrea Roventini, Giorgia Serughetti, Massimo Torelli

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