Se è vero che le elezioni straniere sono il prodotto di dinamiche politiche peculiari, è altrettanto certo che il tracollo di Vox in Spagna non può essere ignorato in Italia. Soprattutto dopo l’endorsement di Giorgia Meloni e i tentativi di costruire un fronte coi Popolari in Europa. Il peso della sconfitta, poi, si amplifica con l’avvicinarsi delle europee del 2024, in cui la premier puntava a costruire un’alleanza di centrodestra sul modello italiano.

Ora, invece, molte delle mosse europee di Meloni andranno per lo meno ripensate. Lega e Forza Italia possono godersi un primo passo falso che ridimensiona il ruolo della premier nelle prossime alleanze europee. Anche perché i tre partiti di maggioranza siedono in tre gruppi diversi in Ue.

Proprio la fortuna inaspettata della tenuta dei Popolari in Spagna ha offerto l’occasione di rifiatare soprattutto a Forza Italia. Il partito è in pace armata sotto la guida di Antonio Tajani e, ancora in lutto dopo la morte di Silvio Berlusconi, è alla disperata ricerca di un profilo autonomo rispetto alla Lega e a FdI, a cui secondo i sondaggi sta lentamente passando lo storico elettorato forzista. La Lega, invece, ha scelto di rimanere in disparte e lasciare a Meloni l’onere di riposizionarsi, soprattutto dopo le polemiche sulla collocazione leghista in Europa con il gruppo di estrema destra Identità e democrazia.

Alla luce di questo cambio di prospettiva europea con potenziali conseguenze anche sulle forze di governo in Italia, la maggioranza ha optato per una mossa di consolidamento dei rapporti interni. Inaspettato e improvviso tanto da sconvolgere l’ordine dei lavori d’aula: è arrivato al Senato un ordine del giorno, presentato dai capigruppo di Lega, Fi e FdI, che impegna il parlamento ad approvare il ddl Calderoli sull’Autonomia differenziata «in tempi rapidi», mettendolo però in relazione con le riforme costituzionali e dunque il presidenzialismo.

Nella prima versione del testo, il parallelismo tra autonomia e presidenzialismo era anche più esplicito ma la maggioranza ha poi scelto di mitigare il lessico eliminando i riferimenti più diretti alla riforma costituzionale. Una accortezza solo formale, però: con questo odg, infatti, si è sancito in aula il patto tra Lega e FdI su due progetti di riforma che corrono su binari diversi (una è legge ordinaria, l’altra costituzionale) ma politicamente sovrapposti.

La scorsa settimana, infatti, l’alleato leghista aveva manifestato insofferenza rispetto allo stallo della partita sull’autonomia. «Spetta al parlamento procedere», aveva dovuto ammettere il ministro Roberto Calderoli, che già nelle scorse settimane aveva sopportato la fuoriuscita di alcuni nomi prestigiosi – da Luciano Violante a Giuliano Amato – dalla Commissione chiamata a fissare i livelli essenziali delle prestazioni.

Lunedì, invece, si è voluta imprimere un’accelerazione – almeno formale visto che gli ordini del giorno sono impegni politici ma non incidono sui tempi del disegno di legge – sull’autonomia differenziata. Bocciando anche l’odg successivamente presentato da Pd, Avs e M5s che chiedeva di acquisire preventivamente dal Comitato per la determinazione dei Lep i dati e le valutazioni compiute. «Era un tentativo di bloccare la legge», ha detto Calderoli dando il parere negativo del governo.

Il patto

Con l’odg, il patto autonomia-presidenzialismo dentro la maggioranza è stato rinforzato, ma l’iniziativa è stata accolta anche come il tentativo di ricompattare i gruppi dopo una fase di tensione. Autonomia differenziata e presidenzialismo, infatti, dovrebbero essere tra i punti caratterizzanti della campagna elettorale per le europee della Lega da una parte e di FdI e Forza Italia dall’altra. Le due riforme, però, faticano a conciliarsi e soprattutto l’autonomia ha trovato resistenze tra i governatori del centro sud, espressione del partito della premier o forzisti.

Di qui la necessità di rinsaldare lo scambio, che ormai non è più nemmeno tenuto sottotraccia. FdI ha il caposaldo di «rafforzare la coesione nazionale, dare centralità al ruolo del parlamento, aiutare le regioni svantaggiate», ha tentato di rassicurare il senatore Costanzo della Porta al momento della dichiarazione di voto, e «rispettare il programma non è mercimonio ma coerenza», ha detto.

La precisazione però non ha fatto altro che rinforzare i sospetti delle opposizioni. Siamo «al mercato delle vacche. La discussione di oggi almeno ha il pregio di squarciare il velo dell’ipocrisia della maggioranza», ha attaccato il capogruppo dell’Alleanza verdi e sinistra, Peppe De Cristofaro.

Se l’odg sull’autonomia serve a placare il nervosismo della Lega e a consolidare il patto di governo, tuttavia, i dubbi sul disegno di Calderoli vengono sollevati anche da fonti non politiche.

I dati pubblicati dalla fondazione Gimbe sulla qualità della sanità hanno messo in evidenza come il divario tra regioni sia ancora ampissimo: nel 2021 hanno passato il test solo 14 regioni su 20 con l’Emilia-Romagna in testa e del sud promosse solo Abruzzo, Basilicata e Puglia, ma con i punteggi più bassi. «Il divario nord sud per le cure essenziali è ormai strutturale e il ddl Calderoli sull’autonomia differenziata legittimerà normativamente le disuguaglianze», si legge nell’analisi della fondazione.

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