La politica romana «penso sia molto fragile, non sempre in grado di cogliere i bisogni e le priorità dei cittadini». Così il presidente Pd dell'Emilia-Romagna Stefano Bonaccini in un'intervista a La Stampa.

«Io vedo un'enorme questione paese e un bivio decisivo per il nostro futuro. Da un lato una pandemia che continua a mietere centinaia di vittime al giorno, mettendo a durissima prova la vita sociale dell'Italia. Dall'altro l'occasione inedita di poter disporre di risorse europee straordinarie, anche per aggredire nodi strutturali: innovazione tecnologica e digitale, transazione ecologica, divari territoriali, diseguaglianze sociali, occupazione femminile e giovanile.

Il punto è questo: come vincere la prima sfida e sfruttare al meglio l'occasione che abbiamo davanti. Non altro. Ogni ragionamento al di sotto di questo diventa inadeguato o addirittura irresponsabile. È evidente che un passaggio così non lo si affronta né con un uomo solo al comando, ma nemmeno con un caos organizzato intorno», aggiunge Bonaccini, «un rimpasto non è mai in se' la soluzione. Il presupposto deve essere un progetto per l'Italia. Questa discussione di palazzo rischia di tagliare fuori le regioni e i comuni, i sindacati e le imprese, la cultura e la ricerca. Se manca il paese, non c'è rimpasto che risolva».

«I soldi del Mes li avrei presi ieri. Invece, abbiamo assistito a uno scontro ideologico mentre dovremmo rafforzare i nostri ospedali, ampliare la rete territoriale dei servizi, sostenere la domiciliarità e la telemedicina, assumere nuovi medici e infermieri. È lo scollamento che dicevo tra una discussione di palazzo e la capacità di dare invece risposte reali ai problemi strutturali del paese», rimarca il governatore.

Sul Recovery fund aggiunge: «Che il piano debba essere nazionale è sacrosanto, altro è pensare di programmare e attuare progetti per 209 miliardi solo dal governo. Nessun esecutivo, nemmeno il più bravo, ce la farebbe, rischiando di non riuscire a spendere i soldi e di doverli restituire a Bruxelles. Abbiamo bisogno gli uni degli altri: le regioni di una strategia nazionale, il governo di chi conosce le necessità dei territori».

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