«L’obiettivo della riflessione è stato raggiunto, anche grazie ai tanti relatori che abbiamo invitato. La rappresentazione mediatica è stata un po’ distorta. Ma fa parte delle regole del gioco. Le porte chiuse servivano», spiega, «a una discussione più libera fra noi, perché su temi complessi, penso alla politica internazionale, alla guerra e alla pace, ci fosse la tranquillità di potersi confrontare anche con voci diverse, come quelle dei relatori. Nessuna volontà di segretezza».

Elly Schlein è arrivata il secondo giorno. Perché, ha detto, è andata a vedere un film. E qualche deputato si è sentito snobbato.

Anche questa lettura mi ha stupito. Lavoro a strettissimo contatto con lei, conosco l’intensità della sua agenda e, come ha dimostrato poi quando è arrivata, da parte sua c’è stata una piena condivisione della discussione. Il suo era un passaggio sul merito, stava parlando del tema centrale della salute, oggetto di tante nostre iniziative. Quel film parlava di salute mentale. Ho rassicurato i deputati.

Altri dem sono perplessi sulla richiesta di stop alle armi a Israele. L’Italia vende armi a Israele?

No, c’è una legge che impedisce di fornire materiale bellico a stati che sono in una condizione di conflitto. Lì Schlein si riferiva agli stati europei e voleva toccare un punto che è stato oggetto del nostro seminario, e che ha posto anche papa Francesco: quello di assumere una responsabilità rispetto alla corsa agli armamenti. Non è un cambio di linea, ma una sottolineatura di un punto che sta nel dibattito, anche per la drammaticità del conflitto in Medioriente.

Lo aveva già detto Conte. Il Pd lo rincorre?

No, lo dimostra la nostra posizione netta e chiara sul sostegno all’Ucraina.

Però nell’ultimo voto, tre deputati hanno votato la risoluzione del governo.

Mi dispiace per quei tre voti, ma nei fatti non penso che segnino niente di più di una volontà personale di distinguersi rispetto al giudizio del gruppo. Che è netto: il governo fra troppo poco sul piano diplomatico.

Però nel Pd c’è malumore, e stupore, tanto più se l’Italia non vende armi a Tel Aviv. Il problema si ripresenterà quando, a fine mese alla camera, il Pd proporrà di riconoscere lo stato di Palestina?

Abbiamo preso un’iniziativa che si tradurrà in una mozione parlamentare per tenere alta l’attenzione sul conflitto nel Medioriente, sulla necessità di un cessate il fuoco per la liberazione degli ostaggi e per l’avvio di un difficile ma inevitabile processo di pace. Ne discuteremo nei gruppi o parlamentari. Ma non si può dubitare della solidarietà e della vicinanza del Pd alla popolazione di Israele sconvolta dall’attacco di Hamas, della nostra piena condanna di Hamas, e anche della nostra volontà di individuare tutte le possibili strade per fermare la tragedia umanitaria che si compie a Gaza.

Alle europee Schlein sfiderà Meloni?

Alle europee ci sarà una squadra del Pd per un’Europa più forte, più solidale, più capace di contare sui tavoli. E dall’altra parte c’è una destra che vuole indebolire l’Europa. La competizione sarà con le forze antieuropeiste, prima di tutto.

Quando la segretaria deciderà se sarà in questa squadra, oppure quando lo annuncerà?

Dopo che avrà definito, con tutto il Pd, il progetto e la squadra. Sapendo possiamo contare su tantissime candidature forti, del Pd ma anche di figure esterne. È un lavoro su cui siamo già tutti concentrati, lei in primis.

Ma sapere se la capitana in campo c’è o no, non è indifferente. Anche per la squadra.

La segretaria è in campo nel costruire programma e squadra, ora sta dedicando le sue energie a questo, senza farsi distrarre da un dibattito che vuole ridurre tutto alla sua candidatura.

Ventisei donne del Pd sostengono che la sua pluricandidatura penalizzerebbe le altre candidate. Non è un’obiezione da prendere sul serio per la prima segretaria donna del Pd, femminista dichiarata?

Schlein ha scelto di valorizzare le donne nei ruoli anche importanti nell’organizzazione del partito. Incontrando anche resistenze, se vogliamo dirci la verità. E ha dimostrato di interpretare la sua leadership al servizio di tutte le donne, non solo quelle che aspirano ad avere dei ruoli. Questa deve essere l’ambizione di tutti e di tutte.

Ma chi deciderà: Schlein o il partito?

Ormai sappiamo come decide la segretaria: si assume la responsabilità delle scelte, tenendo conto prima di tutto dell’interesse della comunità che guida, con grande capacità di ascolto.

Il Pd ha un problema che FdI non ha: il rischio di diventare un partito leaderistico.

FdI è un partito leaderistico e familiare. Il nostro invece è fatto di tante risorse, figure, che sentono il senso di appartenenza a una comunità. In primis la segretaria. Da noi questo rischio non c’è, e tutti ci dobbiamo sentire impegnati a rafforzare la squadra, facendo le scelte migliori per il Pd ma per un paese che ha bisogno di avere nell’Europa una rappresentanza convintamente europeista.

La polarizzazione con Meloni è già stata la scelta di Letta. E non è andata bene. Ritentate?

Il Pd è la principale forza dell’opposizione in parlamento e nel paese, che si contrapponga in maniera più diretta con Fdi che è il dominus della destra oggi al governo è naturale.

Noi non cerchiamo la personalizzazione esasperata. Ma questa contrapposizione è nei fatti.

Schlein ha sfidato Meloni a un duello tv. E Meloni ha uno stile comunicativo diretto ed efficace. Non avete paura di giocarvi subito le europee?

Non ha sfidato Meloni, le ha chiesto di dire, in parlamento e in tv, perché non dà le risposte che il paese aspetta, dalla salute alla scuola. Il confronto diretto aiuterà. Schlein ha dalla sua la grande convinzione delle nostre ragioni e una capacità di trasmettere la passione con cui sta svolgendo il suo ruolo. Parla di cose che toccano la vita delle persone. Al di là delle regole della comunicazione, che certo contano, ci sono gli argomenti, le ragioni, gli errori del governo, quello che serve alle persone comuni. Fatti che hanno la testa dura.

La segretaria “arriva” di più a quelli che stanno fuori dal Pd che dentro?

La segretaria ha giustamente l’ambizione di allargare l’area del consenso del Pd. E fa bene a rivolgersi a quel pezzo di società che si è allontanata non solo dal Pd ma dalla politica. E voglio dire un’altra cosa, che non va sottovalutata: la segretaria non è anomalia rispetto al Pd, lo guida e lo interpreta, ed ha il sostegno della nostra comunità, lo ha dimostrato nelle piazza dove riceve un forte sostegno della base.

Se al Pd le europee vanno male, che succede?

Io penso che alle europee avremo un risultato importante. Abbiamo iniziato il lavoro fondamentale di costruire l’alternativa alla destra. La posta in gioco è questa.

Il Veneto non ha una legge sul fine vita grazie all’astensione di una consigliera Pd. Delrio avverte che se la sanzionerete si autosospenderà a sua volta. Ma senza espulsioni, come potete garantire la libertà di coscienza e insieme la linea del Pd?

La ferita, di cui ha parlato anche Schlein a Gubbio, non viene dal fatto che una consigliera, anche con incarichi importanti, ha un dissenso su un tema eticamente sensibile, cosa legittima. Ma dal fatto che dalla sua decisione autonoma e individuale è dipeso un voto su cui il gruppo aveva scelto un altro orientamento. E questo Graziano Delrio lo può capire meglio di altri, perché prima di me è stato capogruppo della camera. E sa bene quanto sia importante tutelare la libertà di coscienza dei singoli rappresentanti istituzionali, ma anche il lavoro di un gruppo che ha preso la sua decisione.

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