«Se domani i riformisti del Pd, invece di stare dentro aspettando il prossimo cambiamento di segretario trovassero il coraggio che hanno avuto loro di costruire un partito veramente riformista, repubblicano e liberaldemocratico, saremo un pezzo avanti». Carlo Calenda attacca il Pd, ma dal Pd praticamente nessuno risponde. Il casus belli (ma di guerre, vedremo, non è aria) è l’addio di trentuno dirigenti dem al partito di Elly Schlein per entrare in Azione. Un esodo, e insieme un colpo sotto la cintola per i cugini democratici.

Da Genova, dove il leader di Azione ieri è andato a tenere una conferenza stampa di benvenuto ai nuovi iscritti, Calenda incalza: «Schlein dice ai fuoriusciti: “Andate con Dio, buona strada”, non ha detto di essere arrabbiata». Tradotta bene, sarebbe un’affermazione velenosetta: cioè a Schlein in fondo non dispiace tanto che i riformisti lascino il suo partito che vira a sinistra.

Ce ne sarebbe abbastanza per far saltare i nervi alla segretaria Pd. E invece al Nazareno la polemica viene tenuta bassa. Perché Calenda, viene spiegato, in consiglio comunale a Genova, oltreché in quello regionale, resta all’opposizione della destra. Anzi i suoi due iscritti che si erano candidati con il sindaco di destra hanno annunciato di essersi dimessi.

A caldo la segretaria era stata severa con i fuoriusciti («È sempre un dispiacere quando qualcuno decide di andare via» ma «forse l’indirizzo era sbagliato prima»). Poi però domenica, dal comizio finale della festa dell’Unità di Ravenna ha aggiustato il tiro. Alla sua maniera: «Non so se ho la colpa di spostare il partito a sinistra, e non so se sia una colpa». Ma ha aggiunto che lo sforzo da fare è quello di «convincere tutti e tutti non solo a restare in questa comunità ma anche a iscriversi».

I malumori nell’area riformista interna al Pd si sono appena attutiti, complice la prossima composizione delle liste per le europee, che sconsigliano eccessi di polemiche, e l’indicazione di evitare risse da parte di Stefano Bonaccini, presidente dell’Emilia-Romagna, del Pd e leader dell’opposizione dem. Resta l’atteggiamento del Nazareno verso Calenda: curiosamente più che tollerante.

La battaglia sulla sanità

Anzi, oggi ci sarà un primo incontro «tecnico» fra esperti del Pd e di Azione sul tema della sanità, per cominciare a mettere insieme una piattaforma comune da opporre alla manovra, che quest’anno parte dal Senato. Il modello di convergenza delle opposizioni è quello già praticato sul salario minimo, che ha portato a un testo comune. Che ha valorizzato tutti, ma per questioni alfabetiche aveva come primo firmatario Giuseppe Conte. Stavolta si potrebbe partire dalla proposta di Calenda.

Lui ha già fatto sapere che non parteciperà alla manifestazione di piazza lanciata da Schlein: «Andare in piazza per qualunque cosa non lo condividiamo né come approccio né come ideologia». Ma se non in piazza, in parlamento si prova a procedere con una proposta di legge comune, come nel caso del salario, o un pacchetto di emendamenti comuni, una volta ricevuto il testo della manovra della maggioranza. La proposta di Azione è stata inviata a Schlein.

Matteo Richetti la spiega così: «Indicheremo come trovare i 10 miliardi che servono, e che sono il minimo indispensabile. Mancano 20mila medici e 63mila infermieri, due milioni e mezzo di italiani rinunciano alle cure. Chiediamo otto miliardi per le assunzioni e l’organizzazione, e due miliardi per l’abbattimento delle liste d’attesa: se entro un tempo prestabilito una prestazione essenziale non viene fornita, il cittadino ha il diritto di esigerla in qualunque struttura, anche privata».

Azione, il centro preferito

C’è un’altra ragione che consiglia il Nazareno a non alzare i decibel contro Calenda: oggi il Pd ha tutto l’interesse a che Azione si rafforzi per combattere le scorribande centriste di Matteo Renzi. Per le europee, ma anche in vista del dopo, di un’eventuale ricomposizione di un’alleanza: una «gamba moderata» servirebbe come il pane a un ipotetico schieramento Pd-M5s-rossoverdi. E negli ultimi tempi non è sfuggito un atteggiamento meno tranchant da parte di Calenda sulle prospettive future.

È vero che ha disertato l’invito alla festa dell’Unità di Ravenna, dove un ufficio oratori spiritoso lo aveva messo in cartello con un duetto con Pier Luigi Bersani. Ma il suo numero due, Richetti, capogruppo alla Camera dell’ex terzo polo, ha accettato l’invito della festa di Modena. Titolo del dibattito: “Un’idea di alleanza”. Richetti si è confrontato con il dem Stefano Vaccari e la rossoverde Francesca Ghirra. Le distanze sui singoli temi (guerra, nucleare) sono state ampiamente sottolineate, ma il tono è rimasto sempre civile, costruttivo e persino amabile.

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