Mettere insieme i cocci appare molto difficile. Nel giorno successivo allo scontro definitivo tra Giuseppe Conte e Elly Schlein a valle della decisione del M5s di tirarsi fuori dalle primarie per le comunali a Bari, le bocche dei grillini sono cucite. Impossibile tirar fuori ai parlamentari qualcosa di più di un gentile rifiuto di parlare di quel che sta succedendo nel partito.

Eppure c’è movimento, nel Movimento. Come dimostra l’uno due di Conte, che a ferita ancora sanguinante propone la propria candidata presidente per le regionali in Piemonte, Sarah Disabato, mandando definitivamente a farsi benedire una potenziale collaborazione con il Pd. Anche perché la scelta di rompere a Bari sulla «questione morale» (che «non è un randello per colpire a giorni alterni ora i presunti alleati, ora gli avversari» nelle parole della vicepresidente uscente del parlamento europeo Pina Picierno) ha il sapore di una presa di posizione definitiva, in due mesi sull’otto volante iniziati prima con la vittoria insperata in Sardegna, poi con la sconfitta secca in Abruzzo con le prime tensioni, esplose poi sulla candidatura del centrosinistra in Basilicata.

Lo schianto finale a Bari, che sulla carta doveva essere l’ambiente accogliente per il rafforzamento del campo largo (o “giusto”, come l’aveva ridefinito negli ultimi tempi Conte dopo la cura dimagrante della coalizione che ha progressivamente eliminato le propaggini centriste di Azione, Iv e Emma Bonino).

Cambio di rotta

A Bari, dove i dem locali hanno sempre cercato l’alleanza giallorossa, dopo le inchieste sul presunto voto di scambio che ha toccato alcuni esponenti del Pd il Movimento ha impegnato la rotta per allontanarsi il più velocemente possibile.

Mette il dito nella piaga Michele Laforgia, il candidato del M5s alle primarie del centrosinistra, che ha annichilito anche l’ultima, estrema proposta dei dem per salvare l’alleanza: trovare un terzo nome per uscire dall’impasse. «Temo che non esista. La scelta di Conte però viene già tacciata – ad agitarsi sono soprattutto i grillini alla seconda legislatura – di scarsa lungimiranza, visto che l’impressione diffusa nel partito è che dal giorno dopo delle europee Conte proverà a ricostruire il fronte progressista con il Pd. Negli occhi del leader a quel punto ci saranno le politiche del 2027, e a via di Campo Marzio continua a circolare con una certa insistenza la convinzione che l’ex premier voglia arrivarci da candidato presidente del Consiglio dei giallorossi. Che i sondaggi lo diano ancora qualche punto dietro il Pd sembra secondario nei calcoli dell’avvocato.

Certo, sempre che resti qualcosa da ricostruire, e non solo macerie, come appare oggi: «Con la decisione di rompere in grande stile, il Movimento ha praticamente già consegnato alla destra la Basilicata, Bari e il Piemonte» è il ragionamento. Effettivamente, se il neovicepresidente di Forza Italia Alberto Cirio era già prontissimo a guadagnarsi una riconferma già quasi certa, la spaccatura definitiva delle opposizioni lo farà dormire sogni ancora più tranquilli. Dopo che nelle scorse settimane il Pd aveva schierato l’assessora al Lavoro del comune di Torino Gianna Pentenero, il M5s ha proposto un nome su cui i dem, anche se avessero voluto, non avrebbero mai potuto convergere.

La battagliera Disabato è espressione della base storica dei grillini, che dai tempi della Tav e dell’opposizione a Chiara Appendino vede il partito di Schlein come fumo negli occhi. «Sono contenta della scelta di Sarah perché è una giovane donna che ha vissuto tutte le fasi del Movimento 5 stelle, è davvero tenace e appassionata e ha maturato esperienza e competenza durante gli anni di opposizione a Cirio in Regione. Nelle battaglie in cui crede non molla mai» ha detto proprio Appendino.

Nessun piano B

Insomma, se la nuova linea purista può conquistare il favore di qualche parlamentare al primo mandato, ha fatto alzare il sopracciglio a più di qualcuno dei parlamentari con più esperienza. Un cambio di linea così drastico – nel giro di due mesi si è passati dalla fratellanza sarda alle accuse al Pd di fare affari poco limpidi, per altro senza rinunciare all’alleanza con i dem a livello regionale – è una novità anche per deputati e senatori abituati alle svolte improvvise come quelli dei Cinque stelle.

Anche perché il Pd negli occhi dei grillini “di sinistra” sopravvissuti nel partito di Conte rappresenta comunque una possibile exit strategy di fronte a un limite dei mandati che rimane in vigore più forte che mai. Significherebbe la fine della carriera politica per volti come quelli dei capigruppo Francesco Silvestri e Stefano Patuanelli, o per il vicepresidente Riccardo Ricciardi. Se decidessero di non voler lasciare la politica attiva come altri ex prima di loro, con il Pd si sarebbe potuta aprire una trattativa che da venerdì sembra una strada non più percorribile.

Tornare al Nazareno con il cappello in mano dopo le europee sembra però inevitabile se non si vuole distruggere definitivamente il progetto di un’alleanza alternativa. A meno che Schlein non decida che dei capricci di Conte – che venerdì sera ha pubblicato sul suo profilo Facebook con una foto che lo ritrae mentre gioca rilassato a biliardino, quasi incurante delle macerie che si è lasciato alle spalle – ha abbastanza. Gli ultimi confronti con l’alleato a giorni alterni non sono stati teneri, e c’è chi non esclude che i dem a questo punto possano spingere l’acceleratore sulla polarizzazione contro Giorgia Meloni, tagliando definitivamente fuori dal confronto il M5s e tentando di recuperare i consensi migrati anni fa dai dem verso i grillini. Quel che è sicuro è che nelle prossime settimane i toni non faranno altro che inasprirsi.

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