L’indagine su Luca Morisi va verso l’archiviazione, ci informa il Corriere della Sera, spiegando senza il minimo imbarazzo che l’orrore delle chat private sbattute in pagina come il proverbiale mostro ha avuto anche l’effetto benefico di chiarire che la bottiglia di succo di frutta con il Ghb non era sua, e quindi i pm probabilmente non avranno nemmeno bisogno di interrogarlo. 

L’effetto, attenzione, non è benefico soltanto per Morisi, indagato sputtanato e già scagionato, ma per la giustizia e per tutti quelli che l’hanno a cuore, giacché ci si dovrebbe rallegrare quando la nebbia intorno a un fatto potenzialmente criminale si dirada e le indagini procedono verso il chiarimento delle ipotesi e delle responsabilità, che poi dovranno essere accertate da un tribunale.

Pazienza, si fa per dire, se nei giorni scorsi sui giornali le novità sull’unico fatto di rilievo penale di questa storia, dedotte dalle suddette chat, sono state sepolte sotto tonnellate di voyeurismo, ragazzi attivi dominanti e bavosi additamenti verso la condotta immorale altrui che sarebbero apparsi spropositati nella Ginevra di Zwingli. Le persone di mondo non badano a questi dettagli.

Si dice che i giornali lo facciano per vendere, ma basta confrontare l’aumento degli articoli a sfondo sessuale-investigativo-morboso della nostra epoca con il tracollo senza speranza del mercato dei media per capire quanto è abnorme la fandonia che ci raccontiamo per continuare ad affiggere lettere scarlatte, oggi su Morisi e due ragazzi rumeni, domani chissà.

Quello che però non sarà archiviato in questa storia ce lo dice sempre il Corriere della Sera, nel finale dello stesso articolo che dà conto del nulla giudiziario attorno all’ex capo della comunicazione di Salvini, creatore della nota Bestia: «Una strategia di comunicazione ideata da Morisi ma che evidentemente adesso gli si è ritorta contro».

Dove finisce il tribunale della legge comincia quello della morale, che s’ispira sempre al principio della giustizia vendicativa. Ben gli sta. Se l’è cercata. Se lo meritava. Con tutto quello che ha fatto. 

Chi di Bestia ferisce

Foto Roberto Monaldo / LaPresse 08-03-2019 Roma Politica Il ministro degli Interni Matteo Salvini presenta le prossime iniziative in materia di giustizia Nella foto Luca Morisi (staff comunicazione Salvini) Photo Roberto Monaldo / LaPresse 08-03-2019 Rome (Italy) Press conference by Interior minister Matteo Salvini In the pic Luca Morisi

Basterebbe leggere l’ultimo libro della filosofa Martha Nussbaum sugli eccessi vendicativi che rischiano di annullare le conquiste del MeToo per intendere che certe cose dovrebbero essere maneggiate con molta cura anche da chi legittimamente si augura la sconfitta politica della Lega. Ma raramente le persone imparano ciò che credono già di sapere, diceva lo schiavo e filosofo Epitteto.

Testo, contesto e sottotesto del racconto generale (ci sono eccezioni, sempre siano lodate) della storia di Morisi sono stati una penosa variazione sul tema “chi di Bestia ferisce”, con ampio ricorso all’infinito sciocchezzaio giornalistico-giudiziario italiano, che non può fare a meno di infarcire qualunque cosa di complotti, manine, trappole, il quarto uomo, il secondo indagato, il terzo incomodo, la pm che dice non siamo stati noi a passare le carte ai giornali, i testimoni mai verificati, i carabinieri chiamati o passati di lì per caso, la vicina che ha visto tutto, il falso depistaggio dei servizi deviati (che a rigor di logica sarebbe il vero depistaggio dei servizi, quelli dritti) e così via. 

La procura avrà anche archiviato l’indagine su Morisi, ma non è archiviato il metodo di indagine di un certo giornalismo assetato di fonti che non ha davvero voglia di verificare, perché tanto le conclusioni del tribunale morale si scrivono da sole nell’istante esatto in cui uno spin doctor bestiale scrolla su Grindr profili di ragazzi con i quali intende accompagnarsi. La pornografia non è nelle notti di sesso e droga di Belfiore, ma negli occhi di chi le guarda.

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