Il 2023 si prospetta un anno impegnativo per il Vaticano. Di recente è esploso il caso di padre Marko Rupnik, il gesuita accusato di abusi sessuali fino a pochi mesi fa stimato anche da papa Francesco, uno scandalo che si aggiunge all’operazione trasparenza sulla pedofilia che sta mettendo a dura prova la Cei.

A queste, nuove, o meglio vecchie, questioni stanno per aggiungersi. A breve il parlamento italiano potrebbe pretendere chiarezza dalla Santa sede per il caso Emanuela Orlandi con una commissione di inchiesta che cita anche il “concordato bis”, il patto fra stato italiano e chiesa del 1984.

Il disegno di legge

LaPresse

Il 2023 ricorrerà il quarantesimo anniversario della scomparsa di Orlandi, la cittadina vaticana presumibilmente rapita in circostanze mai chiarite. Il parlamento sarà chiamato a decidere se avviare la commissione ad hoc. Il disegno di legge istitutivo è stato presentato dal deputato Pd Roberto Morassut ed è al vaglio degli uffici legislativi per gli ultimi ritocchi tecnici.

L’appoggio pubblico del senatore Carlo Calenda, leader di Azione, e del Movimento 5 stelle, apre alla possibilità che diventi bicamerale. A quanto risulta a Domani, anche Lega e Fratelli d’Italia, due partiti dell’attuale maggioranza di governo, starebbero guardando positivamente all’iniziativa. La prova dei fatti sarà all’inizio dell’anno prossimo, quando il testo sarà inserito nel calendario della commissione Affari costituzionali.

Il dibattito non sarà da poco, visto che il più importante organo dello stato italiano chiamerà direttamente in causa per la prima volta lo stato retto da papa Francesco. Nel disegno di legge si citano gli aggiornamenti del concordato: «Le rogatorie internazionali rivolte dalla Procura di Roma, sono state sempre rigettate, contravvenendo, in questo modo, all’accordo tra la Santa sede e la repubblica italiana».

Calenda è sicuro del coinvolgimento del Vaticano, Morassut è più cauto: «Posso dire sicuramente che è un caso che nasce all'interno delle mura vaticane. Ci sono dichiarazioni pubbliche che hanno aperto questo tema, nessuno può dire che abbia un ruolo diretto, però che sia un caso da approfondire anche all'interno dello stato vaticano è certo».

Il caso Orlandi

Pietro Orlandi durante un sit-in (LaPresse)

Emanuela Orlandi, figlia quindicenne del commesso del palazzo apostolico Ercole Orlandi, il 22 giugno del 1983 uscì dall’appartamento in cui viveva con la famiglia per andare a lezione di flauto traverso, e da allora non è più tornata, aprendo uno dei casi di cronaca più longevi della storia italiana. Come ricorda il disegno di legge, moltissimi furono i personaggi di contorno che si presero la scena «sempre in bilico tra il depistaggio, la mitomania, lo sciacallaggio».

Il primo presunto rapitore, “l’americano”, così chiamato per il suo accento, in una delle telefonate disse che se le autorità italiane non avessero rilasciato Mehmet Ali Ağca, l'attentatore che due anni prima aveva cercato di uccidere papa Giovanni Paolo II in Piazza San Pietro, Orlandi sarebbe stata uccisa. Sullo sfondo la Guerra fredda. Lì si profilò l'ipotesi di sequestro di matrice terroristica.

Una pista a cui col tempo se ne aggiunsero altre supportate da testimonianze. Tra la crisi dello Ior , lo scandalo del Banco Ambrosiano e l’omicidio del banchiere Roberto Calvi, emersero anche versioni dei fatti legate a mafia e criminalità, con il diretto coinvolgimento della Banda della Magliana. La compagna del boss Enrico detto Renatino De Pedis, Sabrina Minardi, raccontò a Chi l’ha visto che De Pedis aveva tenuto sotto sequestro Orlandi per un certo periodo fino a consegnarla a un prete.

Un insieme di storie che ruotano attorno alla Santa sede fino ad approdare al suo interno nel 2017, quando Emiliano Fittipaldi – oggi vicedirettore di Domani – ha pubblicato un documento inedito proveniente da una cassaforte vaticana: una sorta di elenco di note spese dello stato pontificio per l’allontanamento domiciliare di Emanuela Orlandi dal 1983, anno del rapimento, fino al 2007-2008, l’anno in cui il resoconto è stato firmato. Documento che il Vaticano si è affrettato a definire «falso e ridicolo».

Le piste e le rivelazioni

Tra indicazioni di presunte sepolture, e rinvenimento del flauto che sarebbe potuto appartenere alla ragazza, la storia Orlandi sembra essere senza fine, e non solo perché è tornata in auge con una serie Netflix e un episodio speciale di Atlantide, programma di la 7. Nel documentario in streaming parla una compagna di classe di Orlandi, riferendo di presunte molestie.

Il blog Notte Criminale ha divulgato un audio in cui un sodale di De Pedis racconta: «Wojtyla… (audio censurato)… pure insieme se le portava a letto, se le portava, non so dove se le portava, all’interno del Vaticano», e il segretario di Stato, Agostino Casaroli, avrebbe deciso di intervenire: «Lui essendo esperto del carcere perché faceva il cappellano al riformatorio, si è rivolto ai cappellani del carcere. I cappellani del carcere uno era calabrese, un altro un furbacchione. Un certo Luigi, un certo padre Pietro, non hanno fatto altro che chiamare De Pedis e gli hanno detto “sta succedendo questo, ci puoi dare una mano?”». Ali Ağca ha scritto una lettera e chiamato La7 per negare tutto citando i segreti di Fatima e riferendosi ancora una volta alla tesi sulla Guerra Fredda.

L’unica certezza a oggi è la tenacia della famiglia, che continua a chiedere la verità e la collaborazione finora negata del Vaticano. Il fratello Pietro Orlandi il 14 gennaio, giorno del compleanno della sorella scomparsa, ha organizzato ancora una volta un sit-in.

I misteri

Il ddl sulla commissione di inchiesta chiede di trattare anche altri due misteri italiani, quello di Mirella Gregori, scomparsa poche settimane prima di Orlandi, e l’omicidio di Simonetta Cesaroni, “il delitto di via Poma”, commesso nel 1990. La ragazza fu uccisa con 29 colpi di arma bianca in circostanze mai accertate con sicurezza.

Dopo tutto questo tempo ha ancora senso cercare la verità sapendo che molti dei personaggi implicati potrebbero essere ormai morti e sepolti? Per Morassut sì, e ricorda la recente commissione di inchiesta sul sequestro e omicidio del leader della Dc Aldo Moro: «Aggiunse elementi non emersi. Bisogna ricostruire il quadro storico che accenda delle luci lì dove finora sono rimaste spente. Non è indifferente capire se questi fatti sono dovuti a circostanze fortuite e gravi oppure se hanno un carattere più profondo. E questo si può ancora stabilire».

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