La settimana di passione del Pd, quattro giorni per il caso Puglia

Tre giorni, quattro al massimo, per chiudere la partita delle regionali, e presentare il centrosinistra finalmente unito proprio mentre la coalizione di destra annaspa ovunque. Per il Pd la ripresa dalla pausa estiva, per chi l’ha fatta – «Quattro giorni scarsi», sospira al telefono Igor Taruffi, capo dell’organizzazione – è da “o la va o la spacca”. La prima settimana di settembre è quella decisiva per chiudere tutte le questioni aperte. In Puglia innanzitutto. Dove il candidato presidente in pectore Antonio Decaro ancora lunedì giurava che non si candiderà se si candideranno da consiglieri i suoi due predecessori Michele Emiliano e Nichi Vendola. Che a loro volta giurano che si candideranno. Eppure qualcosa sta per succedere. Deve succedere entro il 5 settembre, quando la segretaria Elly Schlein sarà a Bisceglie (provincia Bat, Barletta-Andria-Trani) per aprire la festa del Pd regionale. Lì vuole dare l’annuncio di un Pd unito in una coalizione unita, e secondo i desiderata del Nazareno accanto a lei ci sarà Decaro. O almeno riceverà da lì l’invito a lanciarsi nella corsa. Per questo i dirigenti vicini a lei scommettono che il «fatto nuovo» arriverà ad horas: in ogni caso entro il 5 settembre «l’accordo unitario sarà confermato e ci sarà una schiarita», prevede Francesco Boccia, presidente dei senatori dem, biscegliese. «A breve supereremo l’impasse», aggiunge Alberto Losacco, senatore franceschiniano, brindisino. Se Avs ha spiegato in tutte le lingue che la candidatura di Vendola non è nelle disponibilità del Pd (peraltro per i rossoverdi è irrinunciabile, serve a gonfiare i consensi), tutti sperano in un passo di lato di Emiliano, magari compensato dalla promessa di un incarico nazionale, in attesa della candidatura alle politiche. Sarebbe glorificato come un beau geste. Ma Emiliano, è il ragionamento, «deve» cedere, dunque non correre: al contrario, una sua impuntatura non solo rischia di provocare il ritiro dell’eurodeputato ma, peggio, di spaccare il Pd pugliese. Uno scenario da panico: una guerra civile, “decariani” contro “emiliani”, con annessa implosione del partito, e imponderabili conseguenze sulla coalizione. E il presidente uscente, che pure sa di avere tutto il diritto a stare in lista, non si può prendere la responsabilità di un’eventualità così devastante. Sarebbe anche uno strappo pesante con la segretaria: per lei Decaro, libero dalla campagna elettorale, si trasformerebbe in un temibilissimo rivale interno. Morale: entro il 5 Emiliano dovrà comunicare il suo «atto di generosità». Alla festa nazionale di Reggio Emilia oggi ci sarà Vendola, il 7 Decaro. C’è chi esibisce queste due date come segno di un accordo raggiunto, «a meno che Antonio faccia il matto». Ovvero non faccia saltare il banco. Democrazia decadente: se le elezioni sono solo un plebiscito per i potenti Di Fico e dei ribelli Il 4 settembre, dopodomani, è invece la data cerchiata di rosso nel calendario campano. Quel giorno è convocata un’assemblea della sinistra: per lamentarsi degli accordi fra il Nazareno e Vincenzo De Luca. L’area Schlein – guidata da due componenti della segreteria nazionale, Sandro Ruotolo e Marco Sarracino – in realtà soffre tremendamente, ma incassa: accetta la segreteria regionale di Piero De Luca, il figlio del presidente, ma in cambio ottiene il segretario di Napoli e quello di Caserta, che con voti propri non riuscirebbe a conquistare. Inghiottito il rospo, ora scarica la delusione contro il commissario regionale Antonio Misiani («ha tradito la sua corrente»), reo di aver issato bandiera bianca davanti ai De Luca. Ma la riunione rischia di essere travolta dall’annuncio ufficiale della corsa del pentastellato Roberto Fico, atteso in quelle stesse ore. Anche i rivoltosi dovranno pubblicamente gioirne. Bonelli: «Decaro? Basta brutte figure. Emiliano è un trasformista» Schlein nelle Marche Per ultimo ma tutt’altro che ultimo, oggi per il Pd è il giorno delle Marche. La segretaria corre a dare una mano al candidato Matteo Ricci. In mattinata sarà all’ospedale di Torrette, ad Ancona, alle 15 a Fabriano e alle 18 alla festa dell’Unità di Potenza Picena. In questa regione il candidato dem ha tenuto unita la coalizione nonostante l’urto dell’inchiesta dei pm. I sondaggi danno Ricci e Francesco Acquaroli testa a testa. Ma il presidente uscente è un famiglio di Giorgia Meloni. Per la quale la sconfitta è fuori discussione. Però neanche Schlein può perdere nelle Marche. Certo, in caso di disfatta potrebbe esibire attenuanti: l’inchiesta non è stata un pranzo di gala, e poi il governo sta inondando di soldi la Regione, il 4 agosto l’ha inclusa nella Zes Unica del Mezzogiorno, un’area in cui le imprese accedono a un fisco più favorevole, anche se l’operazione ha funzionato a macchia di leopardo e irritato i comuni esclusi. Ma per la leader Pd questo voto è il gol partita di tutta la tornata: può trasformare un inutile pareggio (3 a 3, Veneto Marche Calabria contro Toscana Campania e Puglia) in un promettente 4 a 2. La vittoria del centrosinistra è improbabile ma non impossibile. Il cruciverbone meloniano in tour nelle spiagge per sbeffeggiare le opposizioni e celebrare il governo Ricci ci sta mettendo l’anima, Schlein oggi va a fare la sua parte. Ha chiesto ai suoi di assicurarle la massima copertura mediatica. Dunque da oggi a venerdì motori di tutti al massimo. Per poter dire poi, anche al di là dei risultati, che l’obiettivo della segretaria sarà stato comunque centrato: «Unitari in tutte le regioni». Come aveva promesso e come le serve per presentarsi come leader di fatto della coalizione.