Il caso Scurati è chiuso. Almeno secondo la presidente della Rai Marinella Soldi, che ieri di fronte alla commissione Vigilanza Rai ha spiegato che non ha assistito nel caso della trasmissione di Serena Bortone a nessun «intento censorio» da parte dell’azienda. Un passo indietro rispetto alle dichiarazioni polemiche che Soldi aveva pronunciato solo due settimane fa, quando aveva definito la ricostruzione dell’amministratore delegato Roberto Sergio «incompleta». Il racconto dell’ad, invece, è diventato di colpo «sostanzialmente corretto». La destra gongola: «Un boomerang per il Pd che ha chiesto di audirla», mentre Unirai parla di «una gigantesca fake news smentita».

Ma Soldi si era espressa anche contro il procedimento disciplinare nei confronti della conduttrice, annunciato sempre dall’ad durante la sua audizione. Anche in questo caso, la presidente ha deciso di ammorbidire molto la propria posizione, limitandosi a osservare che sarebbe stato opportuno un approccio più «unitario». Evitando per esempio di aprire un procedimento parallelo nei confronti di Serena Bortone quando era già in corso un audit sull’intera vicenda.

Da viale Mazzini arriva un sospiro di sollievo di fronte a un’audizione che aveva preoccupato molti. Tanto che il tempismo dell’annuncio della conduzione di Sanremo 2025 assegnata a Carlo Conti – dietro a cui diversi individuano la mano dell’ad – non ha stupito nessuno. A dare la notizia il Tg1 delle 8, in perfetta sovrapposizione (e oscuramento) all’inizio dell’audizione di Soldi. Anche perché nel frattempo a viale Mazzini devono fare i conti anche con i risultati deludenti del nuovo programma di Piero Chiambretti, che al martedì sera di Rai3 sta riuscendo ad andare addirittura peggio di Avanti popolo di Nunzia de Girolamo. Ma un problema alla volta: intanto, il rischio Soldi è stato sminato.

Sollievo

Tanto che a Mazzini c’è anche chi dice che le due versioni della presidente – quella critica nei confronti di Sergio e quella di ieri mattina – non siano assolutamente in contraddizione. Non è d’accordo il Pd, che subito dopo l’audizione si è chiesto quali «pressioni» possa aver subito la presidente per rimangiarsi così le proprie parole. Usigrai difende Bortone e Report, per cui Soldi ha evocato un audit in seguito a una richiesta della Lega. «È evidente che di fronte al persistere della campagna diffamatoria nei confronti di Bortone saremo pronti a ribattere con documenti che al bisogno valuteremo di esibire».

Le altre opposizioni hanno rilanciato la richiesta di audire Corsini e Bortone stessi, per il momento rinviata per volere della destra a dopo le europee. Scivola dopo il voto anche il prossimo appuntamento del procedimento che riguarda la conduttrice, che sarà ascoltata sulla vicenda del suo post social non autorizzato l’11 giugno. Il suo programma prosegue fino a fine mese, ma del futuro non c’è certezza: i palinsesti sono ancora in alto mare, mancano gli slot orari – l’impalcatura da riempire che deve fornire il direttore competente Stefano Coletta – e si deve fare i conti «con un’offerta superiore agli spazi su cui dobbiamo fare scelte motivate» filtra da Mazzini. Quale sia la differenza con altre stagioni non è ben chiaro. Se ci sarà spazio per il programma di Bortone resta insomma da vedere, ma sullo sfondo rimane il fantasma del duello Schlein-Meloni sfilato all’ultimo dalle mani di Bruno Vespa dall’Agcom.

Lo sfogo del conduttore contro le regole della par condicio aveva tirato in ballo Michele Santoro, colpevole agli occhi di Vespa di non essere stato neutrale nella sua copertura della campagna elettorale del 2001. Santoro aveva presentato un esposto all’Agcom dopo essersi sentito leso nei suoi diritti di candidato alle europee e chiedendo una compensazione all’editoriale di Vespa, ma ieri l’authority ha cassato la lettera dei suoi avvocati. Un’archiviazione disconosciuta dal presidente dell’organismo di controllo Antonello Giacomelli che ha parlato di una decisione «incoerente, irragionevole e pericolosa per il precedente che rappresenta. A mio giudizio non c’è alcun dubbio che Vespa abbia violato la norma che prevede l’obbligo di imparzialità verso tutti i candidati, facendo oltretutto uso discutibile di uno spazio di servizio pubblico per una polemica personale contro colleghi, altre trasmissioni del servizio pubblico, candidati ed in definitiva, pur senza mai nominarla, contro la stessa Agcom».

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