«Lavoreremo insieme per dare al Paese una o un Presidente autorevole in cui tutti possano riconoscersi», scrivono all’unisono i tre leader del centrosinistra sui loro canali social dopo l’incontro sul Quirinale avvenuto a casa di Giuseppe Conte, dove l’hanno raggiunto Enrico Letta e Roberto Speranza. In realtà, l’armonia che i tre ostentano sembra essere più una facciata che un reale accordo sui contenuti: durante l’incontro, infatti, è venuta a galla la sostanziale spaccatura tra Letta e Conte sul nome di Mario Draghi per il Quirinale.

Il nome del presidente del Consiglio è il favorito dal segretario dem, nonostante le perplessità fortissime di buona parte dei gruppi parlamentari; ma mette in difficoltà Conte. Il presidente M5s da una parte ripete il ragionamento che gli arriva dai deputati: è difficile che il governo regga senza la presenza dell’ex banchiere, il suo è l'unico nome che può garantire la continuità del governo. Dall'altra Conte ha nelle orecchie anche le analisi dei suoi amici della sinistra, da Goffredo Bettini a Massimo D'Alema: analisi che sbarrano, per strade diverse, l'ascesa al Colle del premier.

Ma una parte del M5S si sta sintonizzando sull'onda Draghi; magari in vista dell'inevitabile rimpasto per il varo del nuovo governo. Con un rischio però ulteriore: se assumesse la forma del governo dei leader proposta da Salvini e accettata da Renzi, per Conte si aprirebbe un ulteriore fronte interno con il ministro degli Esteri Luigi Di Maio

«Non c'è nessuna intesa sul nome perché ne parleremo con il centrodestra nei prossimi giorni. È andato tutto molto bene», ha detto Letta lasciando l’abitazione del presidente Cinque stelle.

I tre tweet uguali rappresentano una scelta comunicativa precisa per mostrare un’unità che nei giorni scorsi spesso non è apparsa granitica: i retroscena politici sui giornali hanno raccontato numerose trattative parallele dei singoli leader.

Una situazione da cui la coalizione dei centrosinistra non appariva compatta: con la strategia di oggi Letta, Conte e Speranza vogliono mostrarsi differenti dagli avversari di centrodestra, che nonostante le ripetute promesse di unità di Matteo Salvini sono tutt’altro che concordi, soprattutto per quanto riguarda la candidatura di Silvio Berlusconi.

Il problema Berlusconi

«Siamo aperti al confronto», sottolineano i tre leader, ma è chiaro che per trovare l’accordo su una candidatura condivisa da più partiti possibile è necessario rimuovere prima l’ostacolo più grosso nelle trattative per scegliere il successore di Mattarella, ossia la candidatura di Berlusconi.

Per evitare la possibilità che venga eletto, i tre capi partito si sono detti pronti a qualsiasi azione: fonti parlamentari del Movimento spiegano comunque che si fa affidamento sul fatto che Berlusconi accetti entro qualche ora il fatto che la sua candidatura non ha futuro, un auspicio che viene attribuito già da giorni anche ai suoi alleati Giorgia Meloni e Matteo Salvini. 

«Non vedo le condizioni perché ci possa rimanere, quindi non mi metto a fantasticare su questa ipotesi. Proprio ora che si è rivelata illusoria, resta quel che ho sempre detto sin dall'inizio: non c'erano i presupposti per una forzatura, e serve uno schema diverso. Prima dentro il centrodestra si supera questa contraddizione, meglio è», ha detto in un’intervista all’Huffpost Letta. 

Appare comunque sempre più probabile che il Movimento possa decidere, come sta già valutando di fare anche il resto del centrosinistra, di uscire durante le prime tre votazioni se il nome del centrodestra dovesse restare quello di Berlusconi.

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