Matteo Piantedosi, il prefetto di Roma, è il ministro dell’Interno designato dalla leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni con l’assenso del segretario della Lega Matteo Salvini. Il suo curriculum si intreccia alla storia recente delle pagine di destra della politica italiana.

Lui il capo di gabinetto di Salvini quando era ministro dell’Interno a sua volta. Lui il prefetto che è rimasto stupito dall’assalto alla Cgil guidato dai leader del partito neofascista Forza Nuova. Pronto a ricoprire la carica della ministra tecnica uscente, Luciana Lamorgese, con una nuova variante tecnico-politica, visto che Salvini ricorda che «i decreti sicurezza» per bloccare la navi delle Ong e gli sbarchi dei migranti «li abbiamo scritti insieme».

Il capo di gabinetto

LaPresse

Nato a Napoli il 20 aprile 1963, Piantedosi è sposato e ha due figlie, come si legge sul sito del ministero dell’Interno. Laureato in Giurisprudenza e abilitato all’esercizio della professione forense, è entrato nell’amministrazione civile dell’Interno nell’aprile 1989 ed è stato assegnato alla prefettura di Bologna.

Nel 2009 si è spostato per la prima volta a Roma: è stato chiamato al ministero dell’Interno a dirigere l’Ufficio relazioni parlamentari presso l’Ufficio affari legislativi e relazioni parlamentari. Il ministro era il leghista Roberto Maroni.
Nel 2011 gli è stato affidato l’incarico di capo gabinetto del capo dipartimento per le politiche del personale dell’amministrazione civile e per le risorse strumentali e finanziarie.

Nominato prefetto il 3 agosto 2011, con l’avvento del governo tecnico è stato destinato a Lodi. Una breve convivenza con Lorenzo Guerini, il ministro uscente della Difesa dem allora sindaco, poi nel gennaio 2012 Piantedosi è tornato al ministero. 

La ministra del governo Monti, Annamaria Cancellieri, lo ha nominato vice capo di gabinetto del ministro dell’Interno e, dal giugno 2012, vice capo di gabinetto vicario. Il 16 novembre 2012, il consiglio dei ministri lo ha chiamato a ricoprire il ruolo di vice direttore generale della pubblica sicurezza per l’attività di coordinamento e pianificazione delle forze di polizia.

Negli anni Piantedosi ha avuto responsabilità di diversi fondi del ministero dell’Interno, per poi tornare prefetto di Bologna a cavallo tra il 2017 e il 2018. La decisione l’ha presa il ministro dell’Interno Pd Marco Minniti. La lontananza è stata breve. Con l’arrivo del governo “gialloverde”, l’11 giugno 2018 Piantedosi ha fatto un salto di carriera ed è stato nominato capo di gabinetto del ministro dell’Interno Salvini. Ormai Roma è la sua casa, e dal 17 agosto 2020, su indicazione della ministra Lamorgese, Piantedosi è diventato prefetto di Roma.

Le navi bloccate

La collaborazione con Salvini rende il suo nome noto alle cronache nel periodo dei “porti chiusi”. Il primo caso che lo vede coprotagonista è quello della nave Diciotti. Dal 20 al 25 agosto del 2018, Salvini blocca lo sbarco di 177 migranti dalla nave della guardia costiera a Catania. Il 22 agosto, vengono fatti scendere 29 minori, mentre bisogna arrivare fino al 25 per lo sbarco degli altri.

Il prefetto riferì che c’era un «allarme generalizzato» sulla possibile infiltrazione di soggetti radicalizzati in Italia attraverso i barconi: nel caso della nave Diciotti non c’era un «allarme specifico», ma «il modello di comportamento» del Viminale teneva conto del pericolo: «C’è il tema di proteggere le frontiere» aveva detto ai magistrati di Catania, era riportato nel verbale secretato risalente al 12 novembre di quell’anno. Nessun pericolo tuttavia venne mai verificato.

Il caso zero delle indagini su Salvini. Per la Diciotti, dopo la dichiarazione di incompetenza territoriale del tribunale palermitano, gli atti passarono a Catania che chiese l’autorizzazione a procedere al Senato. A salvare l’ex ministro fu il no dei parlamentari. Seguiranno altri blocchi. I più celebri, i casi Open Arms e Gregoretti.

Nel luglio del 2019 venne ritardato lo sbarco di 131 migranti dalla nave Gregoretti, ancora una volta della Guardia costiera italiana, nel porto di Augusta, nel siracusano. Salvini finirà imputato, ma il gup Nunzio Sarpietro nel 2021 ha deciso l’archiviazione.

Sempre nel 2019 in piena crisi di governo, Salvini nega ancora una volta il permesso di attracco alla ong spagnola Open Arms, costringendo i 164 migranti che erano a bordo a restare a largo di Lampedusa. La procura di Agrigento, invocando un’emergenza sanitaria in corso, sequestrò poi l’imbarcazione facendoli scendere a terra. Oggi l’allora ministro dell’Interno è imputato presso il tribunale di Palermo per questi atti.

L’assalto alla Cgil

Nelle cronache il nome di Piantedosi passa in secondo piano per un po’, quando a un certo punto, a fine 2021, torna in occasione dell’assalto alla Cgil del 9 ottobre. Oltre 1.500 manifestanti guidati dai leader del partito neofascista Forza nuova irrompono nella sede del sindacato. Gli imputati sono più di 20, di cui sei già condannati per devastazione e saccheggio.

La ministra dell’Interno, Lamorgese, viene chiamata in parlamento a renderne conto, l’allora leader dell’opposizione Giorgia Meloni evoca in aula la “strategia della tensione” che avrebbe permesso ai manifestanti di sfondare porte e rompere i mobili. Uno stile che per l’Anpi ricorda il ventennio fascista, mentre Meloni dichiarò di non conoscerne la matrice.

«Solo nelle ultime ore prima dell’evento (...) è stato possibile rilevare un livello della partecipazione non solo quantitativamente molto elevato, ma pure caratterizzato dalla variegata composizione dell’adesione alla manifestazione», ha precisato poche ore dopo i fatti il prefetto Matteo Piantedosi che presiede il comitato per l’ordine pubblico e la sicurezza. 

A un anno di distanza, l’ascesa di Piantedosi non si ferma, benedetta da Meloni e Salvini. «Non nego che mi piacerebbe continuare a fare il ministro degli Interni – ha detto il leader della Lega su Rete 4 –. Perché un tecnico? Detto questo Piantedosi ha fatto il ministro (capo di gabinetto, ndr) con me, i decreti sicurezza li abbiamo scritti insieme...». Per Salvini Piantedosi è «uno dei servitori dello stato migliori che io conosca».

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