Le piste da sci, i piccoli comuni, i ristoranti. In vista del nuovo Dpcm di Natale non passa giorno che il capogruppo del Pd al Senato Andrea Marcucci non prenda posizione contro il governo, da solo o con altri senatori del Pd, ma soprattutto di Italia viva. Lui che smentisce di volere il rimpasto di governo e di essere renziano ma poi torna a parlarne.

I piccoli colpetti all’esecutivo si susseguono dal fatidico 29 ottobre in cui in Aula al Senato ha detto al presidente del Consiglio Giuseppe Conte: «Deve valutare, lei e non altri, se i singoli ministri sono adeguati alle emergenze che stiamo vivendo e sempre a lei chiedo la verifica, visto quello che si legge, della tenuta della maggioranza».

Mentre tutti continuano a dire che Renzi vorrebbe il rimpasto, Italia viva non ha mai posto il problema, lo ha fatto Marcucci. Ettore Rosato (Iv) in risposta all’uscita in Aula del capogruppo Dem ha detto: «Non abbiamo mai posto il problema del premier, non abbiamo nemmeno parlato di rimpasto, ne ha parlato Marcucci, ma poi nelle segrete stanze ne parlano tutti. Conte stai sereno? Lui è sereno a prescindere da quello che dico io». Per Rosato «Renzi non vuole fare nemmeno il ministro dello sport. Io felicissimo a fare il vicepresidente della Camera».

Poi il desiderio di rimpasto di Marcucci è stato smentito, dalla segreteria del Pd e da lui stesso: «Non sono un renziano e non voglio un rimpasto».  Excusatio non petita, accusatio manifesta, recita un detto. Infatti ancora il 13 novembre per il capogruppo Pd alla Camera intervistato da Fanpage c’è una non meglio specificata volontà politica per «un nuovo slancio e nuove sintonie»: «Nelle ultime settimane è  emersa una più  netta volontà politica. Mi pare che tutta la maggioranza sia consapevole di dover aggiornare il programma di governo del settembre 2019, e di trovare nuovo slancio e nuove sintonie fino alla fine della legislatura».  A Conte aveva già chiesto in aula «una assunzione di responsabilità, che coinvolga anche la sua squadra. Siamo in una fase politica molto delicata e particolarmente complessa: tutti devono essere all'altezza e dare al meglio il loro contributo».

Se a fine ottobre la prova della distanza da Renzi la dava a suo dire la sua posizione sul Dpcm, l’approssimarsi al nuovo decreto di Natale seguendo la logica del senatore ne offre ben altre. Il 23 novembre è partito con le piste da sci: «Io credo che ci siano le condizioni per tenere aperti le piste da sci con regolamenti restrittivi molto rigidi: servono condizioni di sicurezza per tenerle aperte e io lavorerò per questo. Chiudere gli impianti sarebbe un errore». Il giorno dopo sono arrivati i deputati renziani, Mauro Del Barba, Raffaella Paita e Silvia Fregolent . La linea è la stessa: «Quando in ballo ci sono di migliaia di posti di lavoro parlare di demagogia è del tutto ingiustificato». E quindi aprire tutto.

Dieci giorni dopo di nuovo sulle barricate, ancora una volta con Italia viva. Ieri arriva un’agenzia rilasciata «all’unisono» con il senatore Davide Faraone. Una battaglia comune per non discriminare chi vive nei paesini senza ristorante. «No alla chiusura dei comuni a Natale, perché  - hanno detto all'unisono - non ha senso penalizzare chi vive in piccole città, magari senza ristorante». E quindi «Si apra ai ricongiungimenti con i parenti più  stretti, i genitori e i nonni».

La vicinanza tra Matteo Renzi e il capogruppo del Pd è nota, il loro rapporto «non sarà mai in discussione» ha detto il senatore della Garfagnana, anche se, quando Renzi ha fatto il suo nuovo partito, non ci è voluto andare: «Il Pd è contendibile» e Renzi aveva sbagliato, aveva detto allora.

Ma mentre la linea di Marcucci continua ad essere all’unisono con il partito di Renzi, ancora una volta non è quella del Pd. Il segretario Nicola Zingaretti ha scritto su Facebook il suo appoggio totale alla linea intransigente sugli spostamenti del ministro Roberto Speranza. Per lui «errare è umano, ma perseverare è diabolico».

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