La prescrizione approvata ieri dal drammatico Consiglio dei ministri in cui si è rischiato lo strappo del Movimento Cinque Stelle prevede lo stop della prescrizione dopo la sentenza di primo grado, sia in caso di condanna sia in caso di assoluzione.
Per le due successive fasi di giudizio, invece, sono previsti tempi prefissati: una durata massima di due anni per i processi d'appello e di un anno per quelli di Cassazione. È prevista la possibilità di una ulteriore proroga di un anno in appello e di sei mesi in Cassazione per processi complessi relativi a reati gravi, tra i quali sono previsti associazione a delinquere semplice, di tipo mafioso, traffico di stupefacenti, violenza sessuale e, per volontà dei Cinque stelle, i reati gravi contro la pubblica amministrazione come corruzione, concussione. Sono esclusi i reati imprescrittibili, cioè quelli puniti con ergastolo.
Decorsi tali termini, interviene l'improcedibilità: il reato dunque non si prescrive, ma viene dichiarato improcedibile per decorso dei termini.
Quanto all’entrata in vigore, una volta approvata dal parlamento, la nuova previsione verrà applicata per tutti i reati commessi a partire dal 1 gennaio 2020, esattamente la data in cui avrebbe dovuto prendere efficacia lo stop alla prescrizione voluto dal precedente governo.

Contro

Contro la prescrizione di Cartabia, le critiche più forti sono state espresse da Alessandro Di Battista, che ha condiviso il contenuto di un editoriale di Marco Travaglio in cui si evidenzia il rischio che la prescrizione processuale lasci tutti impuniti. Secondo i detrattori della riforma, infatti, basterebbe che gli avvocati o i magistrati decidano di perdersi in lungaggini processuali per pilotare il processo di appello e cassazione sul binario per l’improcebidilità.Pro
In realtà – ammesso che questi strumenti dilatori siano percorribili nonostante le deroghe per i reati più gravi – la logica che ha guidato la riforma è quella di salvaguardare la ragionevole durata del processo, che non ha termini fissati per il primo grado, evitando di incorrere in sanzioni europee: «Il processo penale, nel suo complesso, non potrebbe durare più di nove anni dopo l’esercizio dell’azione penale. Un tempo massimo comunque considerevole, se si considera che non comprende la fase delle indagini», si legge nella relazione della commissione.
Sostanzialmente, l’argomento a favore della riforma è quello di ritenere che, anche con la prescrizione processuale per i gradi di appello e cassazione, il tempo per arrivare a sentenza definitiva è comunque consistente.

L’inquadramento complessivo

I sostenitori della riforma, inoltre, non considerano la prescrizione come un provvedimento isolato ma lo contestualizzano nel testo complessivo del ddl penale, che prevede una serie di norme per velocizzare i processi, in modo che tutti giungano a sentenza senza finire nella tagliola nè della prescrizione sostanziale prima della sentenza di primo grado, né di quella processuale negli altri due.
Gli strumenti sono da un lato la digitalizzazione e le tecnologie informatiche che dovrebbero ridurre le lungaggini burocratiche, dall’altro le previsioni procedurali.
Si stabilisce che il pubblico ministero possa chiedere il rinvio a giudizio dell'indagato solo quando gli elementi acquisiti consentono una ''ragionevole previsione di condanna'', con una rimodulazione dei termini di durata massima delle indagini rispetto alla gravità del reato. Inoltre, alla scadenza del termine di durata massima delle indagini, fatte salve le esigenze specifiche di tutela del segreto investigativo, si prevede un meccanismo di discovery degli atti, a garanzia dell'indagato e della vittima, anche per evitare la prescrizione del reato associato a un intervento del giudice per le indagini per le indagini preliminari che in caso di stasi del procedimento.
Vengono estese le ipotesi di citazione diretta a giudizio, riducendo ai reati di particolare gravità la previsione dell’udienza preliminare.
Infine, si allargano le maglie di accesso ai procedimenti speciali. In particolare per il patteggiamento: si prevede che, quando la pena detentiva da applicare supera i due anni, l'accordo tra imputato e pubblico ministero possa estendersi alle pene accessorie e alla loro durata.

Per il giudizio abbreviato si prevede che la pena inflitta sia ulteriormente ridotta di un sesto, nel caso di mancata proposizione di impugnazione da parte dell'imputato. Nel giudizio ordinario si prevede che, nell'ipotesi di mutamento del giudice o di uno o più componenti del collegio, il giudice disponga, in caso di testimonianza acquisita con videoregistrazione, la riassunzione della prova solo quando lo ritenga necessario sulla base di specifiche esigenze.
Tutto questo dovrebbe produrre l’effetto di limitare significativamente i procedimenti a rischio prescrizione.

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