Federico Cafiero De Raho, deputato del Movimento cinque stelle, fino all’anno scorso è stato procuratore nazionale antimafia.

Come si trova da parlamentare?

Lo trovo un ruolo affascinante sul profilo della conoscenza della macchina del parlamento, e di cosa riesce a concretizzare.

Proprio di questo vorremmo parlare. Lei è stato tra i firmatari del disegno di legge istitutivo della commissione parlamentare Antimafia, approvato il 2 marzo. Ne sarà parte?

Sicuramente. Almeno dovrei.

Dall’approvazione non si è mai riunita. Il ritardo dell’avvio dei lavori è evidente. A quanto risulta a Domani dipende dai gruppi, non tutti hanno presentato i nomi dei parlamentari che dovranno farne parte: anche il Movimento 5 stelle non ha ancora chiuso la lista dei membri.

Non so se l’abbia chiusa. Per il parlamento credo se ne interessi il presidente della Camera, Lorenzo Fontana, insieme ai capigruppo. Ma io non credo che dipenda dal Movimento 5 stelle, io credo che dipenda da altri, per noi è una priorità. Mi meraviglierei molto se fossimo noi a ritardare.

Eppure così ci stato riferito anche dal suo gruppo.

Federico Cafiero De Raho e Giuseppe Conte (Roberto Monaldo, LaPresse)

C’è uno stallo molto grave, ma escludo che dipenda dal Movimento 5 stelle. Mentre le mafie continuano a muoversi con il dinamismo di sempre, il Piano nazionale di ripresa e resilienza deve essere protetto. Ogni giorno di ritardo è un giorno che non permette di intervenire in questioni di massima importanza per il nostro paese. Farò di tutto perché lo stallo non continui a protrarsi. Noi avremmo voluto che partisse il giorno dopo l’approvazione. Per l’Italia le mafie sono un problema da affrontare da subito.

Se non dipende da voi allora da cosa dipende? Da equilibri politici più ampi?

Questo non so dirlo.

Fa appello anche ai suoi perché questo blocco si superi insomma?

Sarei pronto a farlo anche in piazza se servisse, per evidenziare quanto è importante che la commissione parlamentare cominci a lavorare subito. Dobbiamo rilevare territorio per territorio l’incidenza della mafia, portare avanti uno studio serio da offrire all’esame delle Camere.

Il Piano nazionale di ripresa e resilienza quindi sarà uno dei primi temi.

Assolutamente. Bisogna impedire che le imprese mafiose finiscano per occupare gli spazi che devono essere liberi dalle mafie e occupati alle imprese sane. Ma dobbiamo anche analizzare i flussi finanziari, inclusi quelli della valuta virtuale, per le misure antiriciclaggio. Le mafie continuano a usare percorsi di questo tipo.

Un altro argomento di cui si è parlato di recente è quello delle prossime amministrative. La commissione è celebre perché fa uno screening dei candidati e trova i cosiddetti “impresentabili”. I tempi sono molto ristretti, per questa tornata elettorale fissata a metà maggio potrebbe non farcela.

Non è detto che non ce la faccia, perché ricordo da procuratore nazionale che, quando arrivava la richiesta della commissione parlamentare, in tre giorni si dava risposta. Quindi che non ci siano i tempi, questo non è proprio rispondente ai meccanismi che oramai sono consolidati.

Per cui i tempi ancora ci sono, però è evidente che più passa e più si restringono. Anche perché per determinate situazioni bisogna comunque informare tutti gli uffici del paese, soprattutto gli uffici distrettuali e da essi ricevere poi delle specificazioni degli elementi che la procura nazionale può riferire immediatamente. Il ritardo può diventare un nocumento irreversibile.

LaPresse

Tra i nomi del Movimento per la commissione c’è un altro ex magistrato, il senatore Roberto Scarpinato.

Certo.

Al Senato, come ha riportato il Fatto Quotidiano è stato abbastanza critico con il leader del Movimento, Giuseppe Conte, suo collega alla Camera. Scarpinato dice che non trova più che il partito interpreti a dovere i valori di sinistra, soprattutto dopo l’apprezzamento della lettera di Giorgia Meloni per il 25 aprile. Fa capire che c'è insoddisfazione. Anche lei la sta avvertendo?

Io mi trovo in un ambiente di persone di una grande forza morale, di persone che credono fino in fondo in quello che fanno. Si parla soprattutto di tutti di settori in cui c'è maggiore disagio e tutti qui alla Camera sono partecipi di questo sentimento. La coesione è determinata dal modo di sentire per i più deboli, i poveri, dall’importanza che viene data all’uguaglianza. Dire che si è persa la sinistra non mi trova d’accordo. Io credo invece che noi siamo i migliori interpreti dei bisogni della gente.

Anche Conte potrebbe fare parte della commissione?

Non lo so, io ho dato la mia disponibilità.

Intanto circolano i nomi di Fratelli d’Italia per la presidenza, anche se nemmeno loro a quanto pare avrebbero definito la compagine parlamentare. Si parla di Chiara Colosimo, molto vicina a Giorgia Meloni, e del senatore siciliano Raoul Russo. Secondo lei potrebbero essere dei buoni presidenti?

Io credo che di volta in volta i buoni presidenti siano quelli che riescono a esercitare appieno le funzioni che gli vengono affidate e riescono a ottenere stima generale.

Premettendo che la commissione viene presieduta di solito da un esponente di maggioranza, io avrei pensato a una persona come Rita Dalla Chiesa (di Forza Italia, ndr), il cui nome di per sé e di importanza storica, direi anche strategica. Una certezza per la strada che si vuole percorrere. La maggioranza farà le sue scelte.

Lei quindi voterebbe una presidenza di destra?

Di questo bisognerà poi parlarne quando la commissione verrà costituita, sarà una cosa che deciderà il gruppo.

Crede nell’azione del parlamento dal punto di vista antimafia?

Il parlamento dovrebbe recuperare appieno la propria centralità. In questo senso, mi piacerebbe che il governo si muovesse, laddove l'esigenza di urgenza lo richieda, con i propri decreti, ma che l'azione legislativa continuasse a essere propria del parlamento.

Di mafia oggi non si parla. Basta guardare il documento di economia e finanza, privo di qualunque riferimento al contrasto alle mafie, alla corruzione, a qualunque tipo di illegalità. Il parlamento si deve occupare però anche delle forze dell’ordine, del settore penitenziario, della dignità dei detenuti, della gestione del 41 bis: mancano ancora le giuste tecnologie che impediscano le comunicazioni con l’esterno per i reclusi. Ogni anno sono migliaia i cellulari che vengono confiscati.

Cosa ne pensa dell’istituto del 41 bis? Il caso dell’anarchico Alfredo Cospito lo ha riportato al centro del dibattito.

È un meccanismo di grande importanza. Serve a impedire alle mafie che possano continuare a gestire il potere mafioso pur trovandosi in carcere. Nel momento stesso in cui il meccanismo del 41 bis dovesse essere modificato, o addirittura soppresso, sarebbe certamente un indebolimento della lotta alla mafia.

Il caso Cospito invece come si inquadra?

Rientra nell'ambito di una tipologia specifica, quella per reati di terrorismo. Nel momento in cui venne posto al 41 bis ricorreva il presupposto della pericolosità in considerazione dei reati che gli erano stati contestati. Si tratta di verificare oggi, anche a seguito delle sentenze della Corte di Cassazione e dei giudizi che sono stati celebrati, quale sia effettivamente la sua posizione.

A questo proposito, durante l’approvazione del disegno di legge sulla commissione, il parlamentare di Fratelli d’Italia Giovanni Donzelli ha colto l’occasione per leggere stralci di intercettazioni tra Cospito e alcuni boss mafiosi. Il sottosegretario del ministero della Giustizia, Andrea Delmastro Delle Vedove, che gliele ha passate, è finito sotto indagine.

Ha utilizzato degli atti riservati: non lo dico io, lo dice la disciplina. Sono atti inaccessibili. Sono atti assolutamente inaccessibili per soggetti che non appartengono alla struttura penitenziaria o agli uffici di procura che possono essere direttamente interessati per il collegamento investigativo, o la direzione nazionale, o l'ufficio del ministero che esercita sostanzialmente.

Il coordinamento e la vigilanza sugli istituti penitenziari sono atti di assoluta riservatezza. Quindi su questo non vedo dubbio, e d'altro canto è uno stesso decreto ministeriale che lo stabilisce.

Dovrebbe dimettersi?

Il Movimento 5 stelle lo ha chiesto ripetutamente.

In parlamento siede anche Enza Rando, la responsabile antimafia del Pd scelta da Elly Schlein, ex vicepresidente dell’associazione Libera. A quanto risulta a Domani sarà anche lei in commissione. Lei pensa che ci possa essere un’unione di intenti nell’opposizione sulla legalità?

Il fronte dovrebbe essere comune a tutti i gruppi.

A Firenze si indaga su Silvio Berlusconi e i collegamenti della sua fortuna economica con la mafia, e stanno emergendo nuovi elementi sui presunti rapporti tra i Graviano, i boss delle stragi, Berlusconi e Marcello Dell'Utri. Crede che sarà uno dei temi che affronterete?

Certamente. È chiaro che si pone il problema della prosecuzione delle attività parlamentari in un campo dove la magistratura si sta muovendo con grande attenzione. In questo caso le finalità però sono quelle politiche. Avere delle riunioni con la magistratura inquirente sarebbe una strada. Berlusconi è un tema. I temi della commissione parlamentare Antimafia sono tanti, come i coinvolgimenti altri nelle stragi, o se ci sono state strutture deviate nelle nostre amministrazioni. Non ci sarebbe nessuna particolarità se fossero affrontati, anzi se non fossero affrontati si porrebbe il problema di una commissione che restasse inerte di fronte a problematiche mafiose di grande importanza.

E Rita Dalla Chiesa non potrebbe avere qualche problema a mettere in agenda un tema così vicino al suo leader politico?

Non credo, lei fa parte di quelle persone che hanno una solida formazione etica: non indietreggerebbe mai e non si tirerebbe indietro, ma sarebbe pronta a sostenere un percorso chiarificatore e di pieno approfondimento.

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