Giuseppe Conte ha concluso la sua trasformazione. Il suo aplomb da ex premier è definitivamente dismesso, il presidente del Movimento 5 stelle è in campagna elettorale e ha indossato la sua nuova armatura da populista. La prova è arrivata mercoledì durante il premier time, quando l’ex avvocato del popolo si è lanciato in una replica alla presidente del Consiglio accalorata al limite dell’iroso, simile alla stessa Giorgia Meloni, nota per i suoi interventi focosi. Un forte contrasto con le ultime mosse, più defilate e istituzionali, di Conte, come la strategia di portare Giorgia Meloni davanti al giurì d’onore alla Camera. 

Un atteggiamento diverso da quello della segretaria dem: l’intervento di Elly Schlein è risultato meno aggressivo nei toni, ma efficace nei contenuti, focalizzati sulla responsabilità della situazione disastrosa in cui versa la sanità pubblica. Conte, invece, ha inserito nel suo intervento tanti aspetti diversi: accanto all’argomento centrale, la trattativa fallita – almeno dal punto di vista dei M5s – di Meloni sul patto di stabilità, anche un riferimento alle forniture d’armi all’Ucraina, alla pace. Tutti argomenti spendibili in campagna elettorale in vista delle europee. Ma l’ex premier ha fatto anche un richiamo al Superbonus, su cui la stessa premier lo aveva chiamato in causa: un gancio per risvegliare nei suoi elettori rimasti in difficoltà dopo la cancellazione dell’incentivo da parte del governo Meloni. «Classica tecnica della scuola Casalino», sostiene chi conosce bene il M5s. «Anticipare gli argomenti di cui si parlerà nei prossimi mesi, ma rievocare anche i vecchi cavalli di battaglia in modo che non si dimentichino». 

La sua strategia, però, potrebbe essere più vincente di quella di Schlein. L’intervento è stato infatti trasmesso in tutta la sua ruvidezza da Rainews, che invece non ha mandato in onda la replica della segretaria dem in cui Schlein inchiodava Meloni alle sue responsabilità sul tetto di spesa della sanità istituito da un governo di cui la premier già faceva parte. «Un’eccezione di pochi secondi non prevista» quella di Conte, ha sostenuto poi il direttore Paolo Petrecca. L’altra freccia all’arco di Conte sono gli slogan facili di cui ha infarcito il suo discorso l’avvocato del popolo. «Espressioni semplici come “pacco di stabilità” o “Re Mida al contrario” servono ad abbassare il livello del dibattito per raggiungere una platea più ampia» dice Panarari. «Si possono anche facilmente tagliare in clip da rendere virali». A via di Campo Marzio non se lo sono fatti dire due volte e raccontano come il video TikTok di Conte sia stato visto oltre 3 milioni di volte in 24 ore. 

Un cambio di maschera efficace, anche se da via di Campo Marzio sottolineano che non è la prima volta che Conte si scalda in aula. Meloni potrà scegliersi pure Schlein come avversaria in tv, è il ragionamento, ma non potrà sfuggire a un confronto parlamentare con Conte senza sconti. Accumulare argomenti e slogan con il rischio di apparire troppo aggressivo non è un errore, dunque? Tutt’altro, l’occasione di attaccare la premier su tutta una varietà di temi va colta al volo, dicono dal partito.

Immedesimarsi nel ruolo

Ma c’è chi parla anche di una questione personale: «Conte è furioso perché Meloni continua a evocare il Superbonus in ogni occasione, accusandoci di aver sballato i conti pubblici, ma non è vero» dice una parlamentare grillina. Ma che ormai sia una cosa tra la premier e il suo avversario è evidente anche agli esperti: «Lo scontro ha ormai assunto tratti personalistici, Conte si è sentito offeso e sente di dover difendere il suo onore» dice Massimiliano Panarari, professore di sociologia della comunicazione all’università di Modena e Reggio Emilia. 

Nessun nervosismo per la performance di Schlein, dicono dal partito. Una rondine non fa primavera, e nonostante la segretaria sia andata bene mercoledì l’impressione è che il Movimento si senta ancora sicuro della propria efficacia comunicativa. Si spera che Conte continui a fare punti nell’elettorato anche con un approccio radicale: lo stile ruvido, anche se non gli appartiene del tutto, una profezia che si autoavvera. «A forza di esprimersi in quella maniera, l’ex premier è entrato talmente nel ruolo da convincersi di possedere davvero quell’identità» dice Panarari. Insomma, il talento di “grillizzarsi” alla bisogna di Conte, passando dalla grisaglia istituzionale alla camicia sbottonata dall’arruffapopolo senza che i suoi elettori si scandalizzino, può essere un bell’asset. 

Nel dubbio, però, i grillini mercoledì hanno riallacciato vecchi legami con la Lega attraverso una mozione sul sostegno militare all’Ucraina. Il Carroccio ha poi fatto parzialmente marcia indietro e quindi l’opportunità di ricucire con i Cinque stelle è sfumata, ma si tratta di un’ulteriore conferma del fatto che si entra in una fase di campagna elettorale per le europee sotto il segno del populismo. C’è chi osserva che la vera anima di Conte non è quella descamisada che ha mostrato in aula, ma nel partito l’arringa di Conte che scatena il populismo è piaciuto: «Forse abbiamo indossato i guanti di velluto fin troppo a lungo, è arrivato il momento di alzare i toni». 

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