L’alleanza giallorossa a Conte sta ormai stretta: l’ex premier non perde occasione per differenziarsi dal resto della maggioranza e anche dal suo partner di alleanza dem: il sospetto che «qualcuno» voglia spingere i Cinque stelle fuori dal governo è indice di un alibi di autenticità con cui Conte vuole presentarsi in campagna elettorale. Ormai l’ex premier ha deciso di voler far suo lo spazio a sinistra del Pd, difendendo tutte le posizioni che ormai non sono più del Pd: il pacifismo, l’ostilità al riarmo. 

Oggi ha deciso di recuperare anche il tema della legalità, pur privato delle posizioni giustizialiste che caratterizzavano il primo Movimento: l’attacco agli standard del Pd fa sicuramente riferimento al caso del sindaco di Chivasso, nel torinese, dove il politico del Pd è stato sfiorato da un’indagine di ‘ndrangheta, ma è uno strumento per mostrarsi all’elettorato a distanza di sicurezza dall’alleato.

Ma Movimento 5 stelle ora ha anche una scuola di formazione. Con una formulazione pirotecnica delle sue, il presidente Giuseppe Conte l’ha definito «un processo di formazione che deve avvillupparci in un dialogo virtuoso con esperti». Ma la presentazione della scuola scivola in secondo piano con le dichiarazioni bellicose che il presidente ha fatto a proposito di governo e partner di alleanza. 

Conte si è detto «sorpreso e deluso»: «E ci chiediamo quale sia il vero Draghi: se quello che scrive la norma» sul superbonus «o quello che parla male di una misura che ha fatto correre il Pil. L'ho trovato contraddittorio». Conte annuncia poi battaglia sul decreto legge aiuti, approvato lunedì in Consiglio dei ministri senza il contributo dei ministri Cinque stelle a causa dell’articolo che dà il via libera al nuovo inceneritore di Roma annunciato dal sindaco Roberto Gualtieri.

In sede di conversione in parlamento, minaccia l’ex premier, il governo non dovrà azzardarsi a mettere la fiducia: «Sulla norma sull'inceneritore spero non si pensi neppure lontanamente di calare la fiducia». Un avvertimento agli altri partner di governo, a cui Conte fa sapere che inizia «a pensare che qualcuno voglia spingere m5s fuori da governo, se questa è l’intenzione lo dicano chiaramente. Chiedo rispetto per 11 milioni di cittadini che hanno votato il Movimento, non vanno presi in giro».

Le armi

Anche sulle armi Conte non molla. «Non gli chiediamo di venire con la lista in mano e approvare le armi a una a una» dice il presidente che però ribadisce come alla richiesta formale a Draghi di riferire in parlamento abbiano aderito anche altre forze politiche. «Vogliamo dare un contributo perché si pervenga a quello che l’unico obiettivo politico per noi accettabile». C’è «una condanna ferma della Russia, sosteniamo fermamente l’Ucraina ma nello stesso tempo l’Italia deve lavorare in tutti i consessi internazionali per una soluzione politica di questo conflitto. Noi non vediamo nessuna possibilità per l'obiettivo di sconfiggere la Russia. Se questo è l'obiettivo, l'Italia lo deve correggere. Non può essere a portata di mano e sarebbe una follia».

Il Pd

Le parole forse più forti sono però per il Pd. Conte annuncia che con il partner dell’alleanza giallorossa c’è bisogno di un chiarimento. «Dobbiamo parlarci col Pd e capire quale sia l'orientamento: chi vuole lavorare con noi deve sapere che ci sono principi non negoziabili». Il problema non è però soltanto il riarmo, su cui «ha avuto un chiarimento tardivo, o l’inceneritore, ma Conte è preoccupato anche delle amministrative di inizio giugno. 

«Sulle amministrative mi fa piacere che in tanti comuni con il Pd andiamo insieme, ma noi abbiamo alcuni standard, come ad esempio sulla legalità, per cui ci sono alcuni comuni in cui non è possibile andare insieme». Parole che hanno fatto scalpore e che si prestano per un’interpretazione che riguarda soprattutto le situazioni in Sicilia e in Campania, dove nelle ultime settimane il ministro degli Esteri Luigi Di Maio ha intessuto solidi rapporti con il presidente di regione dem Vincenzo De Luca, ostile invece all’asse Conte-Gaetano Manfredi. 

«Noi respingiamo atteggiamenti giustizialisti del passato, per noi gli indagati sono presunti innocenti, ma pretendiamo il rispetto delle regole» ha aggiunto l’ex premier.

La risposta del segretario dem è piuttosto conciliante: Enrico Letta spiega che il campo largo c’è in gran parte d’Italia e «se funziona nei comuni sarà una spinta a a livello nazionale». 

Petrocelli

Sul caso Petrocelli, invece, Conte ha annunciato che anche i senatori del M5s si dimetteranno dalla commissione, così come è già avvenuto per i loro colleghi. Una linea che vale anche per Alberto Airola, l’ultimo alleato, anche internamente, del presidente della commissione Esteri, che secondo il regolamento del Senato non può essere rimosso. Dopo che la sostituzione del “compagno Petrov” da parte della capogruppo Mariolina Castellone era stata esclusa, le dimissioni di massa erano rimaste l’unica strada percorribile per risolvere l’impasse nell’organo costituzionale. Secondo quanto ha detto il presidente dei Cinque stelle, dunque, anche Airola, «della cui amicizia mi fregio», si dimetterà.

La scuola

Le dieci lezioni saranno tenute da insegnanti, specifica Conte, «che non hanno sposato la Carta dei principi e dei valori del Movimento ma ci fanno ragionare sul nostro tempo»: Joseph Stiglitz, Gustavo Zagrebelsky, Colin Crouch, Domenico De Masi, Nadia Urbinati, Shoshanna Zuboff, Vito Mancuso, Jan Zielonka, Erik Jones, Pasquale Tridico, Catia Bastioli, Tomaso Montanari, Andrea Riccardi, Carlo Petrini, Fabrizio Barca, Vincenzo Visco, Daniele Lorenzi, Vanessa Plalucchi e Emiliano Manfredonia.

Un parterre che si occuperà di temi come etica e politica, ecologia e politica o società civile e politica. 

I corsi inizieranno in autunno e avranno livelli diversi di approfondimento a seconda del pubblico, che siano cittadini o eletti del Movimento. 

Per organizzare la piattaforma, il M5s ha lavorato con la Sgf che ha realizzato la piattaforma e-learning. 

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