- «Voi direte, io sono un banchiere». In un momento decisivo per l’Ue, Draghi interviene all’Europarlamento e porta in dote quello che lui chiama «federalismo pragmatico». Non è una dote da poco: l’Europarlamento sta avviando l’iter per una riforma dei trattati, ma senza il consenso del Consiglio, per come funziona l’Ue ora, gli ideali di integrazione europea hanno vita breve.
- L’endorsement di un capo di governo contribuisce a rendere più concreta l’ipotesi di una convenzione. Non è l’unico messaggio lanciato da Draghi in questo tornante decisivo per l’Europa. L’Ue, per come la disegna lui, è più ampia e meno unanime: il premier chiede di accelerare sull’allargamento e di uscire dai «veti incrociati» dei voti all’unanimità.
- E poi ci sono le proposte concrete: dal futuro di Next Generation Eu (e di Sure), alla conferenza sulla difesa comune, passando per l’energia. Ecco cosa intende Draghi per «federalismo pragmatico», e che ruolo assegna al «federalismo ideale»: un ruolo «utile».
Da Strasburgo arriva la spinta per riformare i trattati europei. E poiché nell’Unione europea, per come funziona attualmente, poco può cambiare davvero senza la volontà politica dei governi, l’intervento di Mario Draghi all’Europarlamento è un catalizzatore importante per il processo di integrazione europea. Non bastano gli ideali, così come non basta la risoluzione discussa oggi dagli eletti europei: l’Europarlamento si attiva per lanciare una convenzione, che è il prodromo per la riforma dei



