Il premier Giuseppe Conte ha scritto due lettere ai giornali per difendere il Dpcm con le misure restrittive anti Covid-19, una al Corriere della Sera per rispondere al direttore d’orchestra Riccardo Muti e una al Fatto Quotidiano: «Le misure non sono in discussione». Una replica che dice definitivamente no alle richieste di parte della maggioranza, vedi il leader di Italia Viva, Matteo Renzi,  e dall’opposizione, per primo il segretario della Lega, Matteo Salvini, di cambiare il decreto.

La lettera a Muti

«Gentile Maestro Muti, rispondo al suo accorato appello, pubblicato ieri sulle pagine di questo Giornale, e ne approfitto per condividere con Lei e con i lettori alcune considerazioni». Inizia così la lettera al Corriere della Sera, nella quale il presidente del consiglio replica all’articolo di Muti contrario alla decisione del governo di chiudere le sale da concerto e i teatri.

«Le sue riflessioni mi toccano profondamente, e non credo abbiano lasciato indifferenti i lettori». La decisione è stata grave, ma «proprio perché grave è stata una decisione particolarmente sofferta» e, come ha detto anche il ministro per i Beni culturali, Dario Franceschini: «Siamo stati costretti a prenderla perché l'obiettivo primario deve essere adesso recuperare il controllo della curva epidemiologica ed evitare che la sua continua ascesa possa compromettere l'efficienza del nostro sistema sanitario e, con esso, la tenuta dell'intero sistema sociale ed economico».

Un Dpcm necessario

Dello stesso tenore l’intervento pubblicato sul quotidiano diretto da Marco Travaglio. Conte blocca la strada alle critiche avanzate da Renzi e Salvini ribadendo che il testo non si cambia. «Abbiamo appena varato un Dpcm con misure più restrittive, ma necessarie. Quel Dpcm è nato da un lungo confronto tra tutte le forze di maggioranza, rappresentate dai rispettivi capi-delegazione. Queste misure non sono in discussione».

Per Conte «vanno spiegate a una popolazione in sofferenza, che legittimamente chiede di capire i motivi delle scelte del governo». 

I criteri, ha scritto, sono stati razionali: «Non abbiamo deciso queste chiusure indiscriminatamente. Tutte le misure messe in campo rispondono alla necessità di tenere sotto controllo la curva dei contagi». Il governo, aggiunge, punta a ridurre i momenti di incontro, alla aperto, nei luoghi di ritrovo e «soprattutto l’afflusso nei mezzi di trasporto durante il giorno». Uscire la sera per andare al ristorante, cinema o teatro significa «prendere mezzi pubblici o taxi» e «abbassare la propria soglia di attenzione».

Ridurre la socialità servirà anche «più facile fare i tracciamenti».

Le regioni negli scorsi giorni hanno fatto sapere al ministero della Salute di essere in difficolta.

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