Non sarà una resa dei conti, ma un confronto per forza, e Decaro canta ancora  – letteralmente – “Se mi lasci non vale” all’ormai ex segretario Nicola Zingaretti. La presidente del Pd Valentina Cuppi ha dato la data ufficiale dell’assemblea per nominare il sostituto: «Abbiamo confermato l’assemblea nazionale del Partito Democratico che si terrà nella giornata di domenica 14 marzo, a partire dalle ore 9.30, in modalità webinar da remoto per l’elezione del segretario nazionale del Pd. Nelle prossime ore convocheremo una riunione con i segretari regionali e delle città metropolitane e con i segretari provinciali del partito». Lo ha detto al termine del gruppo di lavoro organizzativo che ha riunito al Nazareno e di cui fanno parte le vicepresidenti Debora Serracchiani e Anna Ascani, Andrea Orlando, Walter Verini, Nicola Oddati, Stefano Vaccari, Caterina Bini, Cecilia D’Elia, Marco Furfaro, Chiara Braga.

Nelle prossime ore sarà inviata la modifica dell’ordine del giorno ai membri dell’Assemblea che sarà: dimissioni del segretario nazionale, adempimenti conseguenti delle dimissioni del segretario nazionale di cui all’articolo 5, comma 4 dello Statuto nazionale del Partito Democratico, ratifica elezione del Tesoriere nazionale.

In attesa del congresso

Il rinnovo del segretario per i membri del Pd è solo un primo passo, i problemi sono ancora lì. Tutti adesso chiedono una discussione approfondita sulle parole di Zingaretti, che ha accusato i suoi di pensare solo alle poltrone e di averlo attaccato personalmente. «Se ne è andato mettendo a fuoco le ragioni – ha detto Furfaro - . Un partito in cui il segretario viene logorato tutti i giorni sui giornali mentre sta tentando un processo di cambiamento. Queste ragioni non si possono mettere sotto il tappeto». Allo stesso modo «l'assemblea ha il compito di discutere le ragioni di quelle parole e dopo di nominare un segretario. Se poi ci sarà il congresso, ce lo porterà la presidente. Non si può tornare a come era prima, oggi il punto è parlare con i militanti che si sentono traditi», ha sottolineato il dirigente. 

Il filosofo Marco Cacciari vede il rischio della fine: «Le dichiarazioni di Zingaretti segnano di fatto un punto di svolta irreversibile. Non sono dichiarazioni che possono essere messe tra parentesi, facendo finta che non ci siano state, né è possibile ammorbidirle in qualche modo». Per cui o ci sarà un congresso «che sia davvero decisivo in cui le tesi si contrappongano con franchezza e chiarezza cosicché dopo emerga un gruppo dirigente che possa condurre il partito su una linea precisa» altrimenti «le parole di Zingaretti si trasformano in un puro e semplice epitaffio». Se «capiscono questo bene» ha concluso rispondendo all’AdnKronos, «ma se fanno finta di niente, sono morti».

Alle loro parole drammatiche, si accompagna però anche l’ironia. Ed è così che il presidente dell’Anci, Antonio Decaro, ha cantato per Zingaretti “Se mi lasci non vale” di Julio Iglesias: «Credo si sia stancato, ha fatto da mediatore tra le correnti, è un lavoro che logora» ha detto ospite di “Un giorno da pecora” su Rai RadioUno. E ha intonato: «Io di errori ne ho fatti, colpe ne ho. Ma quello che conta tra il dire e il fare è sapere andare via ma saper ritornare. Se mi lasci non vale..». I segretari, ha concluso, si sono susseguiti troppo velocemente: «Speriamo di non eleggere un segretario che facciamo andar via dopo due anni. Abbiamo raggiunto il record mondiale dei segretari, se Zingaretti non torna siamo a 9 in 14 anni».

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