Il tetto retributivo per i dipendenti pubblici torna parametrato al trattamento del primo presidente della Cassazione, che corrisponde a uno stipendio annuo lordo di 241.080,00 euro, oltre l’indennità di rappresentanza che è di circa altri 72mila euro lordi.

Lo ha stabilito la Corte costituzionale in una sentenza, in cui ha ribadito che la previsione di un tetto retributivo non è incostituzionale, ma ha dichiarato l’illegittimità dell’articolo 13 del decreto legge 66 del 2014, che fissava il limite di 240.000 euro lordi, invece che nel trattamento economico omnicomprensivo del primo presidente di Cassazione.

La fissazione di un tetto retributivo in misura fissa aveva provocato una significativa decurtazione del trattamento economico di alcuni magistrati.

Si tratta di una incostituzionalità sopravvenuta, dunque non retroattiva. Di conseguenza gli effetti della pronuncia ci saranno solo dal giorno successivo alla pubblicazione della sentenza nella Gazzetta ufficiale della Repubblica italiana.

La decisione è stata accolta con favore dalla Federazione nazionale dei dirigenti e delle alte professionalità della funzione pubblica: «Quella soglia fissa era ormai anacronistica e penalizzante» ha dichiarato il presidente Roberto Caruso,«Nata in una fase di emergenza, ha finito per svalutare competenze e responsabilità fondamentali per il buon funzionamento dell’apparato pubblico. È giunto il momento di costruire un sistema retributivo sostenibile, aggiornabile e trasparente, che tenga conto del valore e del merito della dirigenza pubblica».

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