Mario Draghi si è dimesso e il presidente della Repubblica Sergio Mattarella questa volta ha sciolto le Camere, ma l’esecutivo resterà in carica per il “disbrigo degli affari correnti” fino al rinnovo del parlamento che avverrà dopo le elezioni fissate per il 25 settembre. La formula è quella che serve a garantire che il paese non resti senza guida in attesa che si svolgano le elezioni e si insedino il nuovo parlamento e il nuovo esecutivo. Il Consiglio dei ministri uscente stabilisce il raggio d’azione. Il costituzionalista e deputato del Pd Stefano Ceccanti avverte: «Dietro questa formula tecnica c’è moltissima politica».

Cosa succede

Il governo uscente, spiega il sito Openpolis.it, non ha più la stessa legittimazione politica di uno nel pieno delle sue funzioni. Per questa ragione, pur non essendo disciplinato in modo specifico dalla Costituzione, la prassi costituzionale prevede che il governo resti in carica per dei compiti specifici.

Il Quirinale, nel prendere atto delle dimissioni del presidente del consiglio, invita il governo a restare in carica per garantire la continuità nell’azione amministrativa e così accadrà anche stavolta. Di fatto il governo Draghi andrà avanti, ma già qui si palesa il primo scoglio: con quali ministri?

Non è chiaro infatti se dopo che Movimento 5 stelle, Lega e Forza Italia hanno deciso di non votare la fiducia verranno ritirati i ministri. Bisogna segnalare che al momento i ministri Maria Stella Gelmini e Renato Brunetta hanno deciso di lasciare il loro partito, Forza Italia e nessuno ha annunciato che lascerà l’esecutivo immediatamente. Se accadesse, dice Ceccanti, più che andare a occupare le nuove caselle «si può ricorrere alle cariche ad interim».

I provvedimenti

Per i provvedimenti non esiste una lista di quello che si può o non si può fare, tuttavia la prassi identifica i provvedimenti necessari e quelli che non lo sono. L’esecutivo può emanare decreti legge in quanto dettati da casi di necessità e urgenza ed esaminare i relativi disegni di conversione; esaminare i disegni di legge di ratifica dei trattati, i ddl di delegazione europea e della legge europea se si tratta di atti dovuti, in quanto adempimento ad obblighi internazionali o derivanti dall'appartenenza all’Ue.

Al contrario, sono esclusi dalle possibilità del governo i nuovi disegni di legge, a meno che non siano imposti da obblighi internazionali; potranno essere approvati decreti legislativi solo se serve ad evitarne la scadenza dei termini. Il governo non dovrà adottare nuovi regolamenti ministeriali o governativi a meno che non siano necessari per l'operatività della pubblica amministrazione o per l'attuazione di riforme già approvate dal parlamento.

Allo stesso modo non è previsto che si proceda con nomine o designazioni che non siano vincolate nei tempi da leggi o regolamenti, o che comunque non siano procrastinabili fino all'entrata in carica del nuovo governo.

La decisione del Consiglio dei ministri

LaPresse

Il Consiglio dei ministri definisce il perimetro del disbrigo degli affari correnti che attende il governo dimissionario di Mario Draghi. Esponenti della maggioranza ipotizzano anche un’approvazione in extremis del ddl Concorrenza, stralciando l'articolo 10 sui taxi: «Per salvaguardare il Pnrr».  

Poi c’è la legge di Bilancio. Proprio perché non viene riconosciuto tra le possibilità il varo di un disegno di legge durante il disbrigo pratiche, «l’idea di Matteo Salvini non si può attuare proprio dal punto di vista tecnico. Ma forse lui immaginava un governo ponte, non di approvare la legge di bilancio a camere sciolte».

Anche la conversione dei decreti sarà difficilissima e questo potrebbe riguardare anche il promesso “decreto agosto” su energia e ripresa: «Non perché in astratto non possano essere emanati decreti però. A camere sciolte non si può porre la questione di fiducia e l’approvazione in parlamento sarà molto dura. Forse sarà più semplice l’azione governativa per i decreti delegati, come possono essere quelli collegati alla riforma della giustizia», quindi atti aventi forza di legge emanati dal governo.

Il problema «non è la dicitura degli affari correnti, si può modulare e anche espandere ma chi vota in parlamento senza fiducia?». Già in consiglio dei ministri inoltre non è detto che si trovi facilmente un accordo. «Il punto non è avere un manuale astratto degli affari correnti, ma capire cosa accadrà dopo il comportamento del parlamento di ieri. La campagna elettorale è già partita, e non è facile trovare nemmeno accordi tecnici».

Le elezioni

La data delle elezioni si lega strettamente alla libertà di legiferare. Le elezioni saranno il 25 settembre, erano in ballo anche il 18 e il 2 ottobre, dipende dallo scioglimento le camere. Vengono fissate dal ministero dell’Interno, ma Mattarella di fatto fa partire il calcolo nel momento in cui procede formalmente. Secondo l’articolo 61 della Costituzione devono essere fissate non oltre 75 giorni dallo scioglimento, me l'elenco provvisorio degli aventi diritto al voto all’estero deve essere comunicato dal ministero dell’Interno a quello degli Esteri 60 giorni prima della data delle elezioni. Le tempistiche che non si possono ignorare.

Il 25 è una data che in un primo momento era stata esclusa per preservare i diritti delle minoranze perché coincide con una festività ebraica. L’Unione delle Comunità ebraiche Italiane (Ucei), nel frattempo, ha però dichiarato in una nota che «la solennità che inizia la sera consente ai fedeli di religione ebraica di esercitare il proprio diritto al voto nelle ore precedenti».

Sulle elezioni pesa la fretta per fare sì che le nuove camere partano in tempo per la nuova legge di bilancio, che deve essere approvata entro dicembre per non arrivare all’esercizio provvisorio, e i lavori per il Piano nazionale di ripresa e resilienza.

Proprio per questa fretta per ora non si parla di election day con le elezioni regionali in Sicilia. Infatti le consultazioni siciliane dovrebbero essere fissate tra ottobre e novembre, potrebbero essere anticipate solo se il presidente Nello Musumeci decidesse di anticipare le dimissioni. 

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