Anche al tempo del governo Meloni, i grandi vecchi della politica rimangono sempreverdi. Uno di loro è Luciano Violante, che negli anni ha lentamente cambiato pelle, dismettendo i panni apertamente politici di ex dirigente prima del Pci e infine del Pd, per vestire quelli di tecnico. Sempre con una sfumatura di parte, ma fortificando le entrature nel mondo della destra. Utili soprattutto ora che il colore dell’esecutivo si è fatto più scuro e che però è alla ricerca di referenti e interlocutori non ostili. Non a caso, negli ultimi tempi Violante si è esercitato in articoli e interviste in cui ha allontanato timori sul fascismo, difeso la nomina di Chiara Colosimo al vertice della commissione Antimafia e criticato i contestatori della ministra della Famiglia, Eugenia Roccella, al salone del Libro di Torino.

Del resto, forte anche dell’aura istituzionale di ex presidente della Camera, la voce più ripetuta sull’ex magistrato è la sua ambizione al Quirinale. Oggi fresco ottantaduenne, un tempo lo si sarebbe considerato troppo vecchio ma il secondo mandato del suo coetaneo Sergio Mattarella ne avrebbe tenuta accesa la fiammella di speranza. 

Del resto, proprio questa sua vocazione alla trasversalità lo sta favorendo con il nuovo vento di destra. Negli ultimi tempi il suo è stato il nome più richiamato nelle locandine dei convegni d’area Fratelli d’Italia, a partire da quelli della fondazione Tatarella dove Violante è intervenuto per ricordare l’ex avversario politico ed è stato accolto più che calorosamente. Tanto da essere diventato ormai il jolly per coprire la quota “sinistra” in tavole rotonde e convegni istituzionali. Tuttavia, il ruolo di pontiere gli è sempre stato congegnale e con il mondo della destra ha sempre avuto un canale di comunicazione privilegiato, soprattutto in materia di giustizia, già ai tempi dei governi Berlusconi. A consolidarlo definitivamente come volto avversario ma non nemico della destra fu però un suo discorso diventato celebre come l’apertura ai «ragazzi di Salò». era il 1996 e Violante si stava insediando allo scranno più alto di Montecitorio, da lì disse che gli italiani dovevano fare pace con la storia e che serviva uno sforzo per capire le ragioni per cui tanti giovani nel 1943 si arruolarono per la repubblica sociale italiana. 

Non tutto il mondo intorno a Meloni, però, ama Violante e una parte di chi viene dalla destra sociale non apprezza ritrovare un ex comunista ma anche ex magistrato così vicino alla stanza dei bottoni. «Non tutti noi si sono dimenticati che Violante diventò Violante anche con le indagini che fece da magistrato su quelle che all’epoca venivano chiamate “trame nere”», dice una fonte dell’ex Movimento sociale di Roma. Violante, infatti, indagò sulla sigla terroristica neofascista Ordine nero e sui campi paramilitari in val di Susa. Un passato considerato remoto per i suoi estimatori - tra cui l’ex collega di toga e amico Alfredo Mantovano, oggi potente sottosegretario alla presidenza del Consiglio – un’onta incancellabile invece per i più legati alle tradizioni post-fasciste.Il suo rapporto con il governo, però, è un fatto: corroborato anche formalmente con l’investitura – rivelata da l’Espresso – come presidente del Comitato per gli anniversari nazionali, la valorizzazione dei luoghi della memoria e gli eventi sportivi di interesse nazionale e internazionale. Un compito tanto altisonante quanto nebuloso, che però ne certifica il legame con la galassia che ruota intorno a palazzo Chigi. L’attività verrà svolta a titolo gratuito, ma un’entrata fissa per Violante è tornata comunque ad esserci.

La fondazione Leonardo

Dal 2019, infatti, Violante è presidente della fondazione Leonardo-Civiltà delle macchine, un piccolo paradiso dal bilancio di 3 milioni di euro che ha l’obiettivo di essere «un ponte tra la cultura umanistica e industriale» ed è finanziata dalla super partecipata di stato Leonardo, che si occupa di difesa, aerospazio e sicurezza. 

La fondazione è stata voluta dall’amministratore delegato Alessandro Profumo, che ha appena concluso il suo mandato. A lui si deve la chiamata di Violante, il quale per i primi tre anni ha rivestito la carica di presidente a titolo gratuito. Allo scattare del primo triennio e quindi dal 2023, però, è stato lo stesso Profumo a proporgli un compenso – accettato - da circa 300 mila euro per un impegno a tempo pieno. Cifra decisamente alta, in linea con quella di un manager d’azienda con responsabilità apicali. Cifra, del resto, in linea con quella che percepisce sempre da un incubatore di Leonardo anche un altro esponente del vecchio Pci, amico di Violante ed ex ministro dell’Interno, Marco Minniti.

Nel 2021, infatti, Profumo ha creato un’altra fondazione che fa capo al colosso delle armi controllata dal ministero dell’Economia: Med-Or, che si occupa di intelligence e geopolitica dei paesi che affacciano sul Mediterraneo e del Medio Oriente. A presiederla ha chiamato proprio Minniti in qualità di esperto di sicurezza nazionale e lui, per diventarne presidente a circa 300 mila euro l’anno, a febbraio 2021 l’ex ministro ha lasciato il Pd e il parlamento.

Cosa fa

La fondazione Civiltà delle Macchine, con i suoi 3 milioni di bilancio, è un perfetto ingranaggio inserito nella patinata vetrina di Leonardo. La fondazione si occupa di progetti di sviluppo e in questa fase sta investendo moltissimo sulla transizione digitale e sull’intelligenza artificiale, che sono anche il tassello fondamentale per il Pnrr.

A voler riassumere gli obiettivi in uno slogan spesso usato da Violante, la fondazione si occupa di promuovere «l’umanesimo digitale». In pratica, si traduce in una fitta attività di convegnistica a partire da quattro settori chiave: mare, con progetti in collaborazione con la Marina militare; agricoltura e sicurezza alimentare e spazio. Accanto a questo, la fondazione è impegnatissima nel valorizzare l’attività della società madre, Leonardo Spa: da attività con partner museali per «valorizzare il patrimonio storico di Leonardo» a iniziative in giro per l’Italia per «rendere percepibile la capacità di Leonardo di generare valore sociale».

Fiore all’occhiello, però, è la rivista “Civiltà delle macchine”. Fondata nel 1953 da Leonardo Sinisgalli dentro Finmeccanica e chiusa nel 1979, nel 2019 è tornata su carta in forma di trimestrale. Dal 2020 al 2021, direttore è stato Antonio Funiciello, che ha poi lasciato per diventare capo di gabinetto di Mario Draghi e lo ha sostituito l’ex giornalista Mediaset Marco Ferrante. La rivista può permettersi addirittura due direttori: a capo della parte online, infatti, c’è l’opinionista di riferimento del mondo conservatore Pietrangelo Buttafuoco, il cui nome è girato vorticosamente come volto amico del governo da portare in Rai.

La fondazione, infatti, ha fatto da incubatore per una quota di personale tecnico che ha ruotato intorno agli ultimi governi. Sotto l’ala di Violante, infatti, è transitato anche il vicepresidente del Csm Fabio Pinelli, di area leghista ma sostenuto da tutti e tre i partiti. Al momento dell’elezione il suo tratto biografico più noto, dopo quello di avvocato del governatore del Veneto Luca Zaia, era il suo ruolo di membro del comitato scientifico della fondazione Leonardo.

Tutto questo, per un bilancio complessivo che risulta a Domani essere di circa 3 milioni di euro: tanti o pochi - soprattutto se ben spesi - a seconda delle prospettive. Certo è che le informazioni sono ben custodite. Dal fascicolo “Domande e risposte” fornito a maggio 2022 all’assemblea degli azionisti di Leonardo, infatti, risulta che il fondo in dotazione fino a quel momento assegnato alla fondazione è stato di 120mila euro (il minimo necessario per il riconoscimento della personalità giuridica) e che le principali voci di bilancio sono «costo del personale e costi per servizi». Il bilancio completo, però, non viene pubblicato sul sito della fondazione. Secondo gli obblighi normativi, il suo deposito avviene annualmente presso la prefettura competente.

Se il compenso dei due presidenti Minniti e Violante si equivale, il budget dei due think-tank paralleli – uno proiettato verso l’interno e uno verso l’estero – è invece differente. Risulta a Domani, infatti, che Med-or abbia un bilancio da circa 5 milioni di euro per favorire le relazioni internazionali italiane e «il dialogo costruttivo tra paesi, culture e sistemi economici». Circa 8 milioni in tutto, sommando le due fondazioni. 

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