Andrea Crisanti, microbiologo diventato celebre per una delle perizie dell’inchiesta della procura sul Covid a Bergamo, oggi senatore del Pd, smentisce: il gene di Neanderthal non c’entra niente con la particolare diffusione della pandemia nella provincia.

E il professor Giuseppe Remuzzi, direttore dell’Istituto Mario Negri, che ha presentato un nuovo studio apposito in conferenza stampa con il presidente della Regione, Attilio Fontana, lo sa: «Lo studio originale è stato pubblicato su Nature un anno fa. La cosa importante da dire è che questo gene ce l’abbiamo tutti, una variante si associa a una suscettibilità al Covid. Se è vero che la variante è collegata, in realtà ha una frequenza costante in tutta Italia. Ci sono banche dati che lo dimostrano, non è una specificità di Bergamo».

Allora come si è arrivati a fraintendere?

Perché hanno fatto lo studio a Bergamo. Se lo facevano a Roma era la stessa cosa. Questa è una cosa veramente in malafede.

Da parte del professor Remuzzi?

Nello studio non si azzardano a dire che è una peculiarità che riguarda Bergamo, perché c’è una frequenza inusuale del gene lì, sia ben chiaro. Dice solo che i casi gravi sono associati a questa variante. Ad Alzano molto semplicemente c’era un numero di casi elevati dove sapevano esattamente chi si era infettato e chi no. Così lo studio conferma la correlazione con la variante. La conferenza stampa con il presidente di Regione Attilio Fontana è una cosa imbarazzante.

Lei ritiene che ci sia stata una confusione creata apposta?

Io credo che ci sia stata una confusione giornalistica assecondata.

Perché dice assecondata?

Non è stata smentita, nonostante il professor Remuzzi nel suo studio non dica mai che la frequenza del gene a Bergamo abbia comportato una predisposizione diversa rispetto al resto d’Italia. Lì l’errore è stato umano, si tratta di tutte le misure che non sono state prese per contrastare la diffusione della pandemia.

In un’intervista successiva però il professore ha spiegato che a Bergamo o altrove i risultati sarebbero stati simili.

Ma non con forza, e soprattutto lo ha fatto dopo essersi prestato alla conferenza stampa con Fontana. Elemento che ha portato a quell’associazione nei titoli. Forse doveva spiegarlo anche al presidente della Lombardia e chiarire che il suo è uno studio con valore di conferma, visto che l’associazione è stata descritta ormai da più di un anno.

Lei parla di errori di gestione, tuttavia le accuse contro i ministri e l’allora presidente del Consiglio Conte sono state archiviate e il reato non sussiste.

Il tribunale ha stabilito che non è configurabile il reato di epidemia colposa, non che non ci siano stati errori.

Adesso dovrebbe partire la Commissione Covid in parlamento. Potrebbero emergere novità?

No, la prima vittima sarà la verità. Le regioni sono state escluse pur essendo un elemento cardine della gestione della sanità. Questa commissione è solo politica. Magari si scoprirà che le mascherine sono state ordinate in ritardo, o che i respiratori ci hanno messo più tempo ad arrivare. Dettagli.

Lei ne farà parte?

No, né voglio farne parte, perché non voglio che si parli di conflitto di interessi. Ognuno deve stare al proprio posto. Se vorranno convocarmi per ascoltarmi andrò senza dubbio, ma solo questo.

In che posizione si è messo Remuzzi?

Ognuno agisce secondo coscienza.

I temi scientifici spesso sono difficili da maneggiare. In questi giorni si parla molto di pubblicazioni. Un’inchiesta pubblicata sul Manifesto ha rivelato che in alcuni studi firmati dal ministro della Salute Orazio Schillaci sono state utilizzate immagini riciclate da altri studi o ritoccate.

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C’erano dei falsi, punto. L’etica scientifica prevede che chi firma un lavoro si rende responsabile di fronte alla comunità scientifica e ai finanziatori dell'integrità, che ha determinati cardini: non si deve copiare, non si deve duplicare, non si devono mandare gli stessi lavori a più riviste scientifiche, non si deve falsificare. Visto che lui era parte degli studi doveva verificare. Quando queste cose capitano all’estero sono gravissime, se ne deve occupare il Consiglio Universitario Nazionale.

Per il ministro sarà un problema politico?

Se è accaduto quanto riporta il Manifesto se ne deve prendere la responsabilità. Non è nemmeno un caso isolato. Questo è l’esempio che vogliamo dare? In Germania si sono dimessi per molto meno, in America significherebbe l’espulsione dal ruolo medico e scientifico. Non se la può cavare con un «mi sono sbagliato». Queste cose sono fatte anche con i soldi pubblici. Si deve aprire un’indagine ad altissimo livello nella comunità scientifica italiana e internazionale. Lui ha firmato anche come ultimo nome: quindi è a maggior ragione responsabile dell’integrità scientifica (l’ultima firma negli articoli scientifici ha l’onere di vigilare, ndr),

Qualcuno parla di ipotesi di successione. Affariitaliani.it ha fatto il nome di Francesco Vaia, già direttore dello Spallanzani chiamato come direttore generale della Prevenzione del ministero della Salute.

Preferisco non commentare. La scelta di un ministro è di carattere politico, che se lo scegliesse la maggioranza prendendosi tutta la responsabilità del caso. Poi giudicheremo.

Tra Fontana, Remuzzi e Schillaci la sanità è finita ancora una volta tra le polemiche.

Questi governi hanno pensato di piegare la scienza all’ideologia, ma non ci sono riusciti i papi, figuriamoci loro.

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