La vicenda della presunta taglia da 15 milioni di dollari che i russi del Gruppo Wagner avrebbero messo sul ministro della Difesa Guido Crosetto è assai istruttiva. Perché la notizia del Foglio - che mercoledì ha scritto che «la segnalazione è arrivata al governo da parte della nostra intelligence» - è stata inizialmente ripresa da testate di mezzo mondo, e data per buona anche dal titolare della Farnesina Antonio Tajani. Salvo, un giorno dopo, essere smentita da Alfredo Mantovano, compagno di partito di Crosetto e sottosegretario con delega ai servizi segreti.

Mantovano ha detto, in una lettera al comitato parlamentare che vigila sull’intelligence (Copasir) che chiedeva spiegazioni, che «non risulta alcuna evidenza di intelligence riguardanti concrete minacce nei confronti del ministro». Il Foglio ha ribadito lo scoop, senza fare marcia indietro nemmeno dopo il tweet dello stesso Crosetto che ha negato di aver mai ricevuto alcuna informazione, dai servizi, di minacce.

Siamo di fronte a una fake news montata da un giornale e usata poi da esponenti del governo Meloni per fare propaganda “vittimista”?

Se la notizia di «un allerta dei servizi italiani» sulla taglia contro Crosetto è – ha ricostruito Domani – fasulla, i retroscena della vicenda sono complessi.

Arriva la grillina

La genesi della storia è legata ad alcuni messaggi Whatsapp di Elisabetta Trenta, grillina ed ex ministra della Difesa, e di una sua presunta fonte nei servizi turchi. Messaggi che a inizio marzo arrivano a vari soggetti, tra cui lo stesso Crosetto, due altri ministri e ai vertici dell’Aisi, il servizio segreto interno.

Trenta scrive al ministro della Difesa: «La fonte “H” dice che Medvedev ha dato ordine alla Wagner di colpire te e la tua famiglia e ha messo a disposizione una taglia di 15 milioni di dollari. Mi ha detto che Medvedev ha cominciato a parlare di te circa un mese o un mese e mezzo fa, quando tu hai fatto una dichiarazione contro di loro. La Wagner avrebbe incaricato il suo gruppo albanese ed estone, ed un gruppo di circa 8-9 persone dovrebbe venire in Italia per questo dai due paesi. Dice che sono pronti al suicidio. Posso chiamarti?».

La stessa fonte di Trenta, sedicente agente che secondo qualificate fonti sarebbe «un mezzo mitomane», ha mandato sms dello stesso tenore, spiegando che la Wagner ha messo in piedi contro Crosetto e la sua famiglia «un gruppo di otto o nove mercenari. Non so se Aise e Aisi hanno dato informazioni al ministro. Tuttavia, potrebbero non dare informazioni complete».

L'alert parte da Trenta e dalla sua fonte “H”, non dai nostri servizi, ai quali però i messaggi sono arrivati: con ogni probabilità li hanno valutati subito come inattendibili e non hanno dato alcun seguito. Non esistono né informative né segnalazioni che l'Aise di Gianni Caravelli e l'Aisi di Mario Parente hanno mandato al dal Dis guidato da Elisabetta Belloni.

Ma perché Mantovano, nella smentita fatta tramite Ansa che correttamente nega l'esistenza di pericoli reali per Crosetto o «evidenze di intelligence», non ha dato anche conto dell'alert informale di Trenta, non una passante ma una che è stata nel 2018 e 2019 il nostro titolare della Difesa?

La sconfessione di Palazzo Chigi ha creato qualche imbarazzo a chi ha dato per assodata la minaccia. Ma soprattutto è stata sfruttata sui social da chi crede che il ministro della Difesa abbia usato l'articolo del Foglio per farsi auto-propaganda. Anche se Crosetto, in realtà, lo aveva subito minimizzato, dichiarando che lui «per non alimentare un ulteriore, inutile motivo di scontro» non si sente «minacciato, e sono certo che non ci siano taglie o altro su di me. Se ci fossero stati rischi o minacce di tale gravità, ne sarei stato certamente informato, e non è mai accaduto».

Se la Trenta, contattata da Domani, non smentisce aggiungendo che comunque a suo parere «la vicenda è stata gestita malissimo», da Palazzo Chigi spiegano a Domani che «Mantovano non ha certo voluto fare uno sgarbo a Crosetto: probabilmente non ha saputo nulla del messaggio della Trenta». Vorrebbe dire che dentro il comparto nessuno ha informato il sottosegretario con delega all'intelligence. Poco probabile.

La bufala Wagner

La ricostruzione serve a capire come, talvolta, informazioni non verificate possono creare tempeste in un bicchier d'acqua. E diventare armi di propaganda da una parte o un'altra, creando confusione su temi sensibili. Cosa accaduta anche per l'altra notizia di settimana che aveva al centro la Wagner. Quella cioè dell'utilizzo che il gruppo di mercenari fondato dal “cuoco” di Putin di Evgeny Prigozhin farebbe dell'immigrazione clandestina da qualche mese a questa parte.

I traffici di esseri umani – hanno detto prima Crosetto e poi Tajani – sarebbero parte della guerra ibrida di Putin per destabilizzare i paesi occidentali. Un disegno reso possibile dal fatto che i miliziani Wagner sono attivi in alcune regioni da cui partono i disperati, come Libia, Sudan e Mali.

Sarebbero i mercenari russi e non l'incapacità del governo, insomma, in colpevoli dell'aumento degli sbarchi sulle coste italiane. Fenomeno che sta creando problemi mediatici e politici alla destra che ha promesso in campagna elettorale porti chiusi e impossibili blocchi navali.

Le responsabilità della Wagner sul boom dei barconi è per molti esperti una panzana. Smentita dal fatto che nelle ultime ondate migratorie i migranti partono da Tunisia o da paesi orientali, dove l'influenza del gruppo è inesistente. È dall'evidenza che i paramilitari russi sono presenti in Cirenaica (Libia) con pochissimi effettivi, non in grado di regolare a loro piacimento flussi di decine o centinaia di migliaia di persone. «Crosetto è un testa di c., noi non siamo al corrente di ciò che sta succedendo con la crisi migratoria, abbiamo un sacco di altri problemi», ha replicato Prigozhin alle accuse.

Il ruolo del Dis

Ma come è nato questo nuovo “fattoide” cavalcato dal governo Meloni dopo la disastrosa gestione della tragedia di Cutro? I ministri hanno esternato subito dopo un vertice a sette tra Meloni, Crosetto, Mantovano, il ministro Matteo Piantedosi e i tre vertici delle nostre agenzie di sicurezza.

Qualsiasi analisi geopolitica definisce da mesi la presenza della Wagner in Africa come un elemento di destabilizzazione, ma a Domani risulta che né Aise né Aisi abbiano mai fatto alcuna relazione su rapporto diretto tra Wagner e l'immigrazione clandestina. E che sia stata invece il capo del Dis, Elisabetta Belloni, a parlare ai ministri presenti alla riunione del 13 marzo di questa ipotesi, poi divulgata da Crosetto, Tajani ed esponenti leghisti.

Che prove concrete sui presunti traffici umani dei soldati di Putin ce ne fossero poche s'è capito quando Tajani è andato a Porta a Porta. Il ministro degli Esteri non ha citato relazioni della nostra intelligence, ma ha solamente sventolato un articolo di Repubblica dello scorso luglio, in cui una generica «fonte qualificata dei nostri apparati di sicurezza» ipotizzava come «Wagner usasse i migranti come arma sul voto italiano». Nessun altra evidenza.

Altri ministri hanno invece ricordato che in passato il Copasir aveva lanciato stesso allarme. In realtà era stato il membro della commissione Enrico Borghi, del Pd, a rilasciare un'intervista in cui commentava il medesimo articolo di Repubblica. «Nessuna puntuale relazione di intelligence sul binomio Wagner-migranti in Africa è conservata dentro i cassetti del Copasir, anche perché dall'Aise e dall'Aisi nulla ci è mai arrivato», spiega a Domani un attuale membro dell'organismo.

«Nel 2021 la nostra relazione annuale in un rigo ha dato conto della presenza della Wagner nel Sahel. Regione dove, si legge, “originano alcuni grandi minacce come l'instabilità degli stati, il terrorismo Jihadista e l'immigrazione clandestina”. Nulla di più».

Propaganda

L'assenza di relazioni dell’intelligence ha fatto assai arrabbiare lo stesso Tajani, che ha capito di essere stato spedito a combattere in tv senza equipaggiamento adeguato. Se ne è lamentato direttamente con Meloni.

Il ministro del Made in Italy Adolfo Urso, ex presidente del Copasir, per dare copertura alla congettura ha pure tirato in ballo «il famoso ponte aereo» a novembre 2021 «che portò in Bielorussia decine di migliaia di profughi e migranti siriani, iracheni, afgani che poi furono indirizzati alla frontiera d’Europa per far entrare in crisi l’Europa, alimentandone anche le divisioni interne su come gestire il fenomeno migratorio».

Una vicenda che nulla c'entra con eventuali responsabilità della milizia Wagner sui flussi migratori: la storia dei voli di migranti che arrivavano con normali aerei di linea da Turchia e Iran fino a Minsk fu pubblicata dal giornale Deutsche Welle, che evidenziò (usando un'anonima «fonte interna all'ambasciata bielorussa di Erbil») come gli uomini del dittatore Lukashenko stavano concedendo il visto turistico a «decine di migliaia di migranti» che poi venivano “spinti” verso la frontiera della Polonia.

Non è chiaro se il governo abbia forzato la narrazione per suoi interessi o se il Dis abbia dato informazioni parziali. Senz'altro però Meloni dovrebbe maneggiare dossier così delicati con maggiore attenzione: siamo in guerra, la migrazione è un fenomeno epocale, e giustificare incapacità di Palazzo Chigi tirando in ballo i mercenari del cuoco di Putin senza prove certe sembra un'arma di distrazione di massa.

 

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