Festeggiare il primo compleanno mentre riesplode il caso Benetton – gli arresti dei manager per l’inchiesta su Autostrade – è uno scherzo del destino per i quattro ragazzi che la sera del 14 novembre del 2019 contro «il populismo e il sovranismo» portano 12mila persone in piazza Maggiore a Bologna «strette come le sardine», un colpo d’occhio d’altri tempi; poi il 26 gennaio 2020 danno una spinta alla rielezione in Emilia Romagna del centrosinistra di Stefano Bonaccini.

Ma già a febbraio incappano in una prima topica: la foto in posa con Luciano Benetton apparecchiata dal fotografo Oliviero Toscani. Hanno chiesto scusa, ammesso l’errore e l’ingenuità di essere caduti in una trappola. Ma dopo quel primo febbraio nulla è più stato lo stesso.

«È stato un errore, ma siamo cresciuti più grazie agli errori che ai successi». Giulia Trappoloni, classe 1990, fisioterapista, è la ragazza del poker dei fondatori. Gli altri sono Andrea Garreffa, l’intellettuale, Roberto Morotti, l’ingegnere, e Mattia Santori, trentenne, ricercatore di energie rinnovabili, da subito front boy. Esposto prima alla gloria poi agli sberleffi dei media e della rete. Giovane, fotogenico, il passo ad antipatico è breve. «Dopo la prima piazza, un successo inaspettato, lo abbiamo scelto noi. Era il più empatico, quello con le migliori abilità comunicative».

Le sardine sbocciano a Bologna dove, in quell’autunno, la Lega tenta l’assalto alla regione rossa. Vogliono parlare «a una fetta di popolazione che non si sentiva più ascoltata», dice Santori. «Per anni si è parlato solo alla parte rabbiosa, fragile e impaurita. Ma il nostro messaggio è complesso. Il nostro inno, Come è profondo il mare, di Lucio Dalla è una canzone bellissima ma molto complessa». L’ha scelta Giulia.

Si organizzano in rete ma teorizzano la materialità della relazione politica, «stretti come sardine». C’è una teoria dietro questa pratica? Parte la caccia del guru: Romano Prodi, il cenacolo del Mulino, la culla del centrosinistra. Santori ha lavorato per Rie, una società di consulenza fondata da Prodi e Alberto Clò. Beccato. «Invece è una delle cose che abbiamo creato di cui non avevamo capito la portata. Gli esperti ci fanno notare che siamo riusciti a collegare il reale con il virtuale. È un messaggio potente. L’evento di Bologna è stato: prima solo ‘metti un click’, poi ‘facci vedere che sei una persona reale’, poi il volantinaggio per tramutare il virtuale in reale, infine l’incontro».

Le nuotate

Dall’Emilia al resto d’Italia è un contagio di «nuotate» di piazza. Nelle diverse regioni il marchio «sardine» diventa una specie di franchising. La chat di coordinamento esplode. Carla Nespolo, indimenticata presidente dell’associazione dei partigiani, a dicembre sale sul loro palco a Roma. Ma anche scrittori, cantanti e artisti fanno a gara per essere invitati. C’è chi vede la lunga mano del Pd. E chi prende il movimento per un autobus. Iniziano i pasticci. E le scissioni, in Sicilia, a Roma. Chi vuole fare un partito. Chi accusa i quattro di Bologna di fare i capi senza essere eletti. Di essere creature mediatiche. «I media? Volevamo utilizzarli per veicolare i nostri contenuti», replica Trappoloni. Ma la foto con Benetton è una mazzata sulla loro credibilità.

Organizzano un ‘congresso’ a Scampia, periferia difficile di Napoli, per il 14 e il 15 marzo. Il 6 febbraio il lancio è un flop. Poi la pandemia sconvoca tutto. Le sardine tornano a casa. Cominciano a raccogliere soldi per gli ospedali e per le navi delle Ong, a riempire di piantine solidali le piazze. Poi un’altra tornata elettorale. Le piazze che si svuotano sono una pena. Partono lo stesso per un tour delle regioni al voto. Fra l’estate e l’autunno sono diventati una sessantina di ragazzi che viaggiano in treno e in bici. Il tour finisce a Savona, alla casa di Sandro Pertini.

Ma passa da casa di Mimmo Lucano, di Adelmo Cervi e altri compagni «scomodi». Ci sono stati incontri con i ministri (la scintilla scoppia con quello del sud, Peppe Provenzano) e il carteggio con Nicola Zingaretti. Ma c’è anche la delusione di chi li ha tenuti a battesimo: «Si sono sottovalutati, hanno interpretato male quello che avevano detto benissimo», sospira il filosofo Stefano Bonaga, «l’impotenza della politica ha bisogno della potenza sociale della cittadinanza attiva e sorvegliante. E autonoma. Non di un comitatino elettorale».

E adesso?

Ora, a un anno dalla nascita, cosa faranno le sardine da piccole? «Abbiamo fatto tantissime cose, anche una scuola di politica. La pandemia non ci ha fermato ma ci ha cambiato», spiega Trappoloni, «restiamo quelli del radicamento territoriale. Ripartiremo dalla comunità. Oggi siamo un gruppo di persone che si riconoscono nei principi di un manifesto. La nostra associazione fin qui è stata solo una casa amministrativa. Ma appena saremo pronti apriremo un vero tesseramento».

Domani, per il compleanno, volevano tornare in piazza Maggiore ma in obbedienza all’ordinanza del sindaco hanno organizzato una raccolta di mail (6000caratteri@6000sardine.it), con «pensieri, preoccupazioni e speranze». I sofisticati storceranno di nuovo la bocca.

«Le sardine sono un esperimento in continua mutazione. Piazze, persone, politica, parole. Queste sono le nostre radici», spiega Santori, «Pensare che il populismo o che la frammentazione sociale si sconfiggano con le sconfitte di Salvini è un’illusione. Da un anno stiamo consolidando legami di affinità politica. Impariamo ogni giorno dall’Anpi, dai sindacati, dai think tank, da chi fa politica dentro a un partito o chi lotta dal basso. Siamo trasversali, giovani e meno giovani, lavoratori, pensionati e disoccupati. Radicali e moderati», «Approfitteremo di questo periodo per lavorare lontano dai riflettori», «Gli errori, come gli incontri, sono preziosi. Il 27 di gennaio scorso potevamo fermarci e diventare eroi popolari.

In Emilia-Romagna ci avrebbero portato sul palmo della mano. Invece oggi lottiamo per avere Gino Strada commissario alla Sanità in Calabria e diamo fastidio a un certo modo di fare politica da Trieste a Palermo. E soprattutto le sardine di oggi sono più consapevoli di un anno fa».

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