Venerdì dovrebbe chiudere il Senato (ma è prevista, se necessaria, un’ultima seduta lunedì) la prossima settimana la Camera: giusto il tempo di convertire gli ultimi decreti legge in scadenza e poi tutti al mare. La maggioranza si prenderà una pausa fino a settembre.

E a settembre ha rimandato una serie di disegni di legge e iniziative legislative delicate e controverse. Lo stop estivo dovrebbe permettere un surplus di mediazioni, ma anche abbassare la tensione mediatica su alcuni temi chiave: dalla giustizia con il ddl Nordio fino al lavoro con il salario minimo e così via.

Il Mes

Il dossier forse più complesso è quello che riguarda la ratifica del Mes, il Meccanismo europeo di stabilità che da questione meramente tecnica è diventata totem politico per la maggioranza. Un blitz delle opposizioni aveva calendarizzato la discussione a fine giugno, ma la maggioranza è riuscita a farla slittare. La questione, però, è tutt’altro che risolta: la ratifica è necessaria per adempiere agli impegni europei e non comporta l’utilizzo del Mes, ma il voto favorevole costerà caro.

In campagna elettorale, infatti, Giorgia Meloni aveva giurato che mai il suo governo lo avrebbe ratificato e anche la Lega si è sempre detta contraria. Il mancato via libera, però, sta mettendo in difficoltà l’Italia a livello europeo, essedo rimasto l’unico paese a non averlo sottoscritto. L’inevitabile via libera è stato rinviato a ottobre, ma non sono ancora stati stabiliti i modi.

Il ddl Nordio

Il disegno di legge sulla giustizia è il primo prodotto del ministero guidato da Carlo Nordio. Non si tratta di una riforma di sistema ma è un testo che prende in considerazione i reati contro la pubblica amministrazione, modifica alcuni aspetti procedurali ma soprattutto abroga il reato di abuso d’ufficio.

Proprio questo articolo è il più controverso: osteggiato dalla magistratura e a rischio di incostituzionalità per violazione dei trattati internazionali, rischia di non trovare nemmeno piena condivisone politica.

In Consiglio dei ministri è stato votato all’unanimità, ma con i dubbi della Lega e anche di una parte di Fratelli d’Italia, che non è convinta di voler difendere a oltranza la misura. Il risultato è stato che il testo è rimasto per due settimane sulla scrivania del Quirinale prima di ricevere l’autorizzazione per la presentazione in commissione Giustizia al Senato, dove è stato incardinato solo questa settimana e l’esame con le audizioni comincerà in settembre.

Trattandosi di un disegno di legge, infatti, il parlamento potrebbe apportare modifiche al testo e sarebbe al vaglio del governo l’ipotesi di emendamenti che modifichino la fattispecie di reato in modo da renderla più circoscritta. Si tratterebbe di un compromesso che eviterebbe l’abolizione in toto del reato, per evitare il rischio di uno stop del Colle.

Il salario minimo

Il tema è stato portato in aula dal Partito democratico e dal Movimento 5 stelle e ha trovato un’apertura anche da parte della presidente del Consiglio Meloni, che si è detta disposta a discuterne. Non subito, però, ma dopo la pausa estiva.

In aula alla Camera, infatti, è passata la sospensiva e quindi la proposta di legge delle opposizioni, che fissa a 9 euro lordi l’ora il salario minimo legale, è stata congelata almeno fino a ottobre.

Se per la maggioranza si è trattato di una decisione di mediazione, la scelta è stata contrastata dalle opposizioni e il Pd e il M5s hanno annunciato una raccolta di firme. «Il governo scappa, noi continuiamo la nostra battaglia», ha detto la segretaria dem Elly Schlein.

Il ddl Autonomie

Il disegno di legge targato Lega è stato approvato in Cdm e ora è all’esame del Senato, ma i numerosissimi emendamenti presentati sia dalla maggioranza sia dall’opposizione sono slittati a settembre. Ieri sono arrivati i primi dati del comitato tecnico sui Lep, che ora verranno studiati e valutati dai senatori della commissione Affari costituzionali.

Inoltre, sempre a settembre dovrebbe svolgersi una interlocuzione tra la commissione e il Clep, il comitato guidato da Sabino Cassese che dovrebbe determinare i livelli essenziali delle prestazioni. Il cammino del ddl quindi è avviato ma procede molto lentamente, nel rispetto delle liturgie parlamentari ma anche per ragioni politiche.

Il testo, che è forse il principale obiettivo di legislatura della Lega, è invece problematico per Forza Italia e Fratelli d’Italia, il cui bacino elettorale è più radicato nel centro e sud Italia. Il ministro titolare della riforma, Roberto Calderoli, sperava in un iter molto più rapido ma, una volta arrivato a palazzo Madama, il ddl si è incagliato.

Il presidenzialismo

Anche la riforma costituzionale sul presidenzialismo slitterà inevitabilmente ben oltre settembre. In questo caso un testo alle camere neppure è arrivato: la ministra per le Riforme, Elisabetta Casellati, ha convocato tutte le parti sociali e ha in programma un faccia a faccia con Meloni per chiudere la bozza di riforma, che probabilmente si rifarà a un modello di premierato.

Il tema è caro a Fratelli d’Italia e Forza Italia, ma l’iter procede a rilento perché politicamente è legato a quello del ddl Autonomie. L’ipotesi di una commissione bicamerale ad hoc sembra ormai tramontata e il testo di Casellati, dopo che sarà stato redatto e sarà passato dal Consiglio dei ministri, dovrebbe essere incardinato in commissione Affari costituzionali alla Camera, da cui comincerà il suo complesso percorso.

La tempistica, però, è ancora nebulosa e l’unica certezza è che un articolato di riforma ancora non è stato scritto dagli uffici legislativi del ministero.

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