Imprevedibile. È l'aggettivo giusto per definire Luigi de Magistris. Cinquantatré anni, sposato, due figli, erede di una dinastia di alti magistrati, e per un periodo della sua vita magistrato lui stesso. Ma scomodo. Poi la politica, una parentesi al parlamento europeo prima del grande passo. Sindaco di Napoli. Apparso sulla scena all'improvviso, senza partito e contro i partiti, nel 2011 sconfigge destra berlusconiana e centrosinistra al governo della città nei vent'anni precedenti. Imprevedibilmente. Cinque anni dopo, vince di nuovo. Questa volta l'imprevedibilità è doppia, visto che i suoi avversari lo davano come sicuro sconfitto. A giugno scade il suo mandato e non potrà ricandidarsi.

E ora, sindaco, lei stupisce di nuovo tutti. Annuncia la sua candidatura alla guida della Regione Calabria. Il solito imprevedibile.

Ci sto pensando seriamente. Da quella regione dove sono stato pubblico ministero, dove ho legami molto forti, mi arrivano tantissime sollecitazioni.

A leggere i giornali non sembrerebbe. Il Pd è contrario. Per il ceto politico calabrese lei è lo straniero colonizzatore. Contraria è anche la sinistra di Leu...

Il Pd è contrario? La cosa non fa che stimolarmi ancora di più. Quando parlo di sollecitazioni non penso al ceto politico che ha come unico obiettivo l' autoconservazione. Ma a quei segmenti importanti della società da anni esclusi dalla politica e dal governo delle istituzioni. Rappresentanti di movimenti della società civile che sul territorio si oppongono alla malapolitica e alle sue compromissioni con la 'ndrangheta. Penso a quanti si battono per lo sviluppo della Calabria, a chi fa proposte concrete contro la fuga dei giovani e per la rinascita dei paesi dell'interno. Penso a giovani sindaci, consiglieri comunali, attivisti per i diritti, studiosi e intellettuali, imprenditori sani. Realtà che i partiti respingono.

La sfida mi appassiona e mi ricorda un po', con le ovvie differenze, la battaglia fatta a Napoli. Anche in Calabria si tratta di mandare a casa un vecchio ceto politico che è la prima causa di arretratezza di quella realtà. Deciderò tra il 15 e il 20 gennaio. Devo verificare se ci sono le condizioni. Se ci saranno inizierà un ragionamento con il coinvolgimento di persone credibili provenienti dal mondo del lavoro, degli studi, della società civile.

Parliamo di Napoli. Per molti esponenti del Pd e degli altri partiti, la sua città sembra in preda al caos. Sgarrupata, vittima della criminalità, caotica, impoverita, sull'orlo del disastro finanziario. Uno scenario che farebbe impallidire Malaparte e la sua Pelle.

Ai miei avversari darei un consiglio. Non esagerate nella narrazione catastrofista della città. I napoletani osservano, valutano, vedono che ci sono problemi, sentono che la pandemia ha aggravato situazioni già al limite, ma se tu eccedi e gli descrivi il luogo in cui vivono come un inferno, non ci stanno. Perché vedono che non è così, conoscono e toccano con mano i progressi fatti. Sanno che questa amministrazione ha lavorato con bilanci e disponibilità economiche al lumicino. Ricordano che i governi di questi anni, anche quelli guidati da esponenti del Pd, non sono stati benevoli con la città. I napoletani giudicano.

E lo fanno quando girano per la città e non vedono più i cumuli di monnezza arrivare al primo piano dei palazzi. Quando vedono cadere l'ultima Vela a Scampia, quando arrivano a Piazza Garibaldi e trovano una piazza europea, la vetrina, e non più il suk di una volta. Quando salgono a palazzo San Giacomo (la sede del Comune, ndr) e sanno che in quelle stanze ci sono persone che fanno, forse sbagliano, che potrebbero fare di più e meglio,  ma con la certezza che i sistemi di potere e di interesse che per anni hanno sbranato Napoli, sono stati cacciati e tenuti fuori per dieci anni. Che quel palazzo, nel bene e nel male, è la casa dei napoletani.

Trovo sorprendente questo accanimento anche mediatico nei confronti della città. Nelle settimane scorse sul bilancio volevano mettermi in minoranza, commissariare Napoli in piena pandemia. Erano tutti d'accordo, dal Pd ai Cinquestelle, da Forza Italia a Fratelli d'Italia. Una sorprendente unità politica, quella che a livello nazionale non si riesce a realizzare per affrontare la pandemia, ma contro i napoletani. Ovviamente non ce l'hanno fatta. Noi siamo qui e porteremo a conclusione il nostro mandato.

Napoli prima della pandemia.

Era tra le città che cresceva di più nel settore turistico, a livello di infrastrutture e anche di start up. Certo, nelle condizioni determinate da uno scarso sostegno pubblico a livello nazionale, e con un debito spaventoso. Dieci anni fa ho ereditato una città sommersa dai rifiuti, non dimentichiamolo mai.

Napoli nella pandemia.

La città ha tenuto. Nessuno in Italia avrebbe scommesso un euro, ma Napoli ce l'ha fatta. Grazie al suo tessuto sociale, alla solidarietà, al civismo dei napoletani, e grazie anche alle scelte dell'amministrazione. Dopo il primo lockdown, Napoli è ripartita subito. Al nuovo sindaco consegneremo una città che sa da dove ricominciare, non più piegata su se stessa. Ora Pd e Cinquestelle parlano di una legge speciale per Napoli. Ben venga. Noto che quando ne parlavamo noi la risposta era sempre la stessa: non ci sono le condizioni, mancano le risorse. Ma il problema è più ampio, e tocca un tema fondamentale. Le città sono sistemi produttivi complessi, le metropoli devono essere necessariamente al centro del rilancio del Paese. E Napoli è pronta a fare la sua parte.

Parliamo dei candidati a sindaco già in campo. In ordine di apparizione, Alessandra Clemente, assessora della sua giunta.

Dopo il fallimento del tentativo di commissariare la città, il suo nome è più forte. Settori del Pd avevano proposto un atteggiamento diverso a favore del bilancio a patto che si ritirasse la sua candidatura. Volevano la sua testa e io ho detto di no, ovviamente. Alessandra è una giovane professionista, una politica attenta ai bisogni delle persone che ha fatto bene l'assessore. Ha una storia importante tutta dentro i dolori di questa città. Con lei ci giocheremo una bella partita per la continuazione della nostra esperienza.

Antonio Bassolino.

Bassolino è in corsa da mesi. Capisco la sua nostalgia e la ricerca di un ruolo, anche di una rivincita. Ma ci sono due problemi, il Pd non lo vuole, e lui non esercita più il fascino di una volta. Non è una questione anagrafica, ma la gente non ha dimenticato il dramma dei rifiuti. Le diciannove assoluzioni contano, ma i disastri politici e di gestione fatti in quel periodo restano. Gli consiglierei di evitare il fuoco di una competizione elettorale, e di consegnare quello che di buono ha fatto nella sua vita politica, alla storia.

Bassolino si candiderà comunque?

Credo proprio di sì. Allo stato, il Pd non ha un candidato certo, aspetta le decisioni romane e un eventuale accordo con i Cinquestelle. Bassolino per loro è un problema, dovranno dirgli un no e motivarlo.

Il magistrato Catello Maresca, nome del centrodestra.

Non ho elementi e ragioni di conflitto con la persona, siamo stati colleghi. Ma non apprezzo il suo tentennamento. È un magistrato in servizio e fa politica nella sua città. Fa incontri, rilascia dichiarazioni, fa girare il suo nome. Anni fa sarebbe stato impossibile, ma questo è anche lo stato della magistratura oggi in Italia.

Infine, il presidente della Camera, Roberto Fico.

Per il momento non vedo nulla di concreto, solo ipotesi. Se Roberto dovesse candidarsi sono sicuro che cercherebbe il dialogo con noi. A differenza di quanto stanno facendo Pd e centrosinistra,  costruirebbe quel campo largo senza il quale a Napoli non si vince. Per quanto riguarda me e DeMa, il nostro movimento, non sono interessato a tavoli vuoti di proposte e prospettive. O ci considerate una risorsa, oppure è inutile discutere.

Il futuro di Luigi de Magistris.

La politica, quella fatta di passione, di alterità e capacità di governo. La Calabria è una ipotesi, l'obiettivo è costruire un movimento di cittadini che è già presente in tante parti del paese. L'intento è coniugare la necessità della rottura di un sistema fatto di corruttela, rapporti incestuosi tra politica e affari anche mafiosi, e la capacità di progettare un futuro nuovo per l'Italia. I fondi per la crisi post pandemia sono uno spartiacque. Si fanno paragoni col dopoguerra, e forse non si sbaglia. Qui e ora si gettano le basi per l'Italia che vogliamo costruire. Io voglio battermi per un Paese più giusto, capace di riconnettere Nord e Sud. Un Paese che offra occasioni e diritti a tutti.

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