Non bastava un solo decreto omnibus - o decreto “salsiccia”, come qualcuno lo ha definito - cioè riempito dei contenuti più eterogenei: il 7 agosto scorso, il consiglio dei ministri ne ha approvati addirittura due. Questa modalità di usare lo strumento del decreto-legge solleva molti dubbi, e nel corso degli anni, è intervenuto più volte anche il Quirinale.

Dopo l’insediamento del governo di Giorgia Meloni, nel novembre scorso il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, aveva fatto eliminare dal cosiddetto decreto aiuti quater la norma che portava a cinquemila euro il tetto all’uso del contante, in quanto priva dei requisiti di «necessità e urgenza» previsti dalla Costituzione per i decreti-legge (art. 77, comma 2).

In occasione della legge di conversione dell’ultimo decreto Milleproroghe, poi, Mattarella aveva rilevato come, in mancanza di una ratio unitaria delle diverse disposizioni, tale decreto fosse divenuto un mero contenitore dei più disparati interventi normativi. E, ancora, nel maggio scorso, il Colle aveva manifestato dubbi di fronte alla disomogeneità delle materie trattate all'interno del cosiddetto decreto bollette.

Il Quirinale ha, inoltre, più volte stigmatizzato anche la moltiplicazione di decreti-legge adottati a distanza estremamente ravvicinata, con sovrapposizione e intreccio di fonti normative in sede di conversione, e conseguente pregiudizio alla qualità della legislazione. Ciò nonostante, come detto, nello stesso giorno sono stati approvati ben due decreti dai contenuti più diversi.

La necessità e urgenza “differita”

Per una serie di temi oggetto dei decreti-legge del 7 agosto, la «necessità e urgenza» che la Costituzione richiede quale presupposto di tale strumento normativo parrebbe quasi “differita”. Circa i taxi, le criticità erano note da tempo. I segnali che ci sarebbe stato un tracollo si erano manifestati sin dalla primavera scorsa, con la ripresa del turismo post Covid. Il governo avrebbe dovuto agire prima della stagione estiva, anche per evitare la figuraccia internazionale di lunghe file di turisti in attesa delle macchine bianche.

Ora la necessità e urgenza pare quella di chiudere il cancello quando i buoi sono già scappati. Peraltro, già prima dell’ultimo decreto i comuni avevano la possibilità di rilasciare licenze taxi, come previsto dal cosiddetto decreto Bersani del 2006, e senza il limite del 20% ora previsto, ma non se ne avvalevano a causa delle pressioni della categoria. Dunque, bisognerà verificare se ora lo faranno con la nuova norma, che semplifica l’iter di rilascio e attribuisce ai tassisti una “compensazione” derivante dal ricavato della vendita delle nuove licenze. A oggi, tuttavia, quello del governo pare uno “scarica barile” verso i sindaci.

Considerato che l’urgenza di salvare la mobilità cittadina nella stagione estiva è già passata, e che c’è ancora tempo fino agli eventi dei prossimi anni che porteranno grandi afflussi di persone, ad esempio il Giubileo 2025, meglio sarebbe stata una riforma strutturale del settore in senso concorrenziale, con una liberalizzazione per gli Ncc (noleggio con conducente), piattaforme informatiche per agevolare l’incontro fra domanda e offerta e altro. Ma il governo ha preferito soluzioni tampone, forse anche per non irritare troppo soggetti pronti a scioperare a fronte di qualunque modifica dello status quo.

Di urgenza differita potrebbe parlarsi anche a proposito della norma sulle tariffe aeree determinate tramite algoritmi, volta a contenerle: le vacanze sono state ormai prenotate. Nel dicembre scorso, l’Autorità garante della concorrenza e del mercato (AGCM) aveva aperto un’istruttoria, ipotizzando che l’incremento dei costi dei biglietti, nel caso specifico da e verso la Sicilia nel periodo natalizio, potesse essere stato «facilitato dall’utilizzo di algoritmo di prezzo». Ma il governo ha reputato di intervenire solo 8 mesi dopo. Quanto all’inasprimento delle pene per i piromani, si tratta dell’usuale tendenza del legislatore a reputare che una risposta più rigida sotto il profilo sanzionatorio sia tale da dispiegare sempre un’efficacia deterrente, mentre i fatti dimostrano che così non è. Detto ciò, anche questa è una norma intempestiva: gli incendi in certe regioni sono una piaga di ogni estate. Dunque anche in questo caso sarebbe stato necessario intervenire prima dell’inizio della bella stagione.

La disomogeneità dei decreti-legge

I decreti-legge devono avere un contenuto specifico, omogeneo e corrispondente al titolo, dice la legge (n. 400/1988), che ha previsto tali requisiti a integrazione di quelli di «necessità e urgenza» previsti costituzionalmente. Come affermato dalla Corte costituzionale nel 2012 (sentenza n. 22), e poi anche in seguito, il fatto che una qualche impellenza di intervento caratterizzi i contenuti eterogenei di un decreto-legge non attribuisce ad esso il requisito della omogeneità. Anzi, il provvedimento viene così trasformato «in una congerie di disposizioni assemblate soltanto da mera casualità temporale», mentre dovrebbe essere «un tutto unitario», cioè un «atto normativo fornito di intrinseca coerenza, anche se articolato e differenziato al suo interno».

Pure sul requisito dell’omogeneità si è più volte soffermato Mattarella. In una nota ufficiale del 2021, relativa a un decreto-legge sull’emergenza Covid, il Presidente della Repubblica aveva invitato a un ricorso «più razionale e disciplinato alla decretazione d’urgenza», invitando a evitare «la commistione e la sovrapposizione, nello stesso atto normativo, di oggetti e finalità eterogenei». «I decreti-legge» - aveva precisato il Quirinale - «devono presentare ab origine un oggetto il più possibile definito e circoscritto per materia. Nei casi in cui l’omogeneità di contenuto è perseguita attraverso l’indicazione di uno scopo, deve evitarsi che la finalità risulti estremamente ampia». Basta leggere l’elenco delle materie trattate dai decreti approvati il 7 agosto per rendersi conto che essi vanno in una direzione diametralmente opposta a quella affermata dal Colle. Dall’estensione dell’uso delle intercettazioni alla destinazione dell'8 per mille alle associazioni che si occupano di recupero dalle tossicodipendenze al venir meno dell’obbligo di isolamento per i positivi al Covid; dalla proroga della cassa integrazione straordinaria per i lavoratori dell’ex Alitalia a misure per il contrasto al granchio blu agli stipendi dei manager della Società Stretto di Messina.

Evidentemente Giorgia Meloni ha reputato di andare oltre le ripetute indicazioni del presidente della Repubblica. Ciò forse anche perché, nonostante nella citata nota ufficiale del 2021 il Colle si fosse spinto a ventilare che, se in futuro gli fossero stati sottoposti provvedimenti «caratterizzati da gravi anomalie», sarebbe ricorso allo strumento del rinvio alle Camere delle leggi di conversione, di fatto decreti omnibus e leggi di conversione dal contenuto variegato hanno continuato a essere emanati. Del resto, nel maggio scorso, in occasione del citato intervento informale di Mattarella su un decreto-legge, la ministra Elisabetta Alberti Casellati commentò che non c’era nulla di nuovo, che richiami c’erano sempre stati e che i decreti si presentano come disomogenei perché le relative norme «toccano emergenze varie». Insomma, per disattendere i principi sulla qualità della regolamentazione pare ci sia sempre un buon motivo.

Un’ultima considerazione. In una recente intervista il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, ha detto che la norma sui margini d’interesse delle banche «dev'essere scritta bene». L’affermazione solleva alcuni dubbi. Il governo deve ancora scrivere la norma? Se la norma non era stata scritta, cos'hanno approvato in consiglio dei ministri? Se Tajani si riferisce a un miglioramento nella redazione della norma da parte del Parlamento, in sede di conversione, perché non l'ha redatta meglio il governo stesso, dato che Tajani ha mostrato di conoscerne le criticità prima ancora della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale? Anche questo aspetto non dovrebbe lasciare tranquillo il Colle.

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