Decreto Armi e Finanziaria. Meloni corre contro il tempo

La fine del 2025 si avvicina ed è scattata la corsa contro il tempo per il governo Meloni a chiudere tutti i provvedimenti ancora lasciati indietro. Alcuni necessari – come la legge di Bilancio e il decreto Armi – altri tatticamente collocati a fine anno, come la riforma della Corte dei conti. Certo è che i giorni tra Natale e Capodanno saranno un tour de force per i parlamentari di maggioranza. La manovra è pessima, ma ci aspetta di peggio: Meloni può concentrarsi sulle sue ambizioni Il decreto Armi La scadenza più impellente per il governo e anche quella politicamente più aleatoria riguarda il cosiddetto decreto Armi, ovvero il testo che permetta l’invio di nuovi aiuti militari all’Ucraina (senza determinare l’ammontare e il tipo di armi) da parte dell’Italia in scadenza a fine anno. Già ne sono stati approvati 12 e il via libera era considerato scontato da Giorgia Meloni e Antonio Tajani, invece a mettersi di traverso è stata la Lega di Matteo Salvini, sempre scettica sugli invii e oggi convinta che un nuovo decreto dovrebbe aspettare l’esito dei negoziati di pace condotti dagli Stati Uniti. Meloni ha costruito un’Italia conformistica, prona alla sua propaganda Anche la settimana scorsa Salvini ha ripetuto che il decreto Armi si voterà «ma solo se verrà cambiato», come non è ancora chiaro. Meloni, dal canto suo, ha ben chiaro che una mancata approvazione sarebbe una sostanziale smentita della sua linea di sostegno all’Ucraina, tanto più che proprio questo fine settimana è atteso un nuovo incontro di Donald Trump con Volodomyr Zelensky a Mar-a-Lago. Il via libera al testo da parte del consiglio dei ministri è stato calendarizzato per il 29 dicembre: per allora la premier è convinta di aver ricondotto gli alleati leghisti a più miti consigli, ma ad oggi un sì esplicito di Salvini ancora non è arrivato. La legge di Bilancio Altra scadenza tassativa prima di stappare lo spumante per il nuovo anno è l’approvazione della legge di Bilancio. Anche in questo caso, ad allungare i tempi è stata la Lega che, con le sue proteste per le modifiche in materia pensionistica, hanno allungato di 48 ore l’arrivo del testo in aula al Senato e quindi il suo passaggio per il sì definitivo alla Camera. La Finanziaria è già sulla scrivania della commissione Bilancio della Camera e dovrebbe arrivare in Aula per l’approvazione il 30 dicembre, così da rispettare il termine di approvazione entro il 31 ed evitare il rischio dell’esercizio provvisorio del bilancio. Ad oggi tutti i nodi appaiono risolti, con la Lega soddisfatta di aver ottenuto la marcia indietro sulle pensioni e alcune norme a rischio costituzionalità espunte in extremis grazie ai dubbi sollevati dal Quirinale. Di conseguenza, a Montecitorio sono attese imboscate: solo una lunga giornata di votazioni. In manovra i soldi alla onlus vicina a Mantovano. «Tutto all’insaputa del sottosegretario» La Corte dei Conti Stretta tra Natale e Capodanno – sapientemente collocata nel calendario del Senato proprio mentre l’attenzione sarà tutta sulla Camera alle prese con il via libera alla legge di Bilancio – c’è invece la riforma delle funzioni della Corte dei Conti. Incidentalmente, proprio la magistratura che negli ultimi mesi ha messo in luce gli errori e le difficoltà del governo, dal ponte sullo Stretto ai cpr in Albania, fino al Pnrr. Il disegno di legge arriva oggi a palazzo Madama per concludere il suo iter di approvazione dopo il sì della Camera. Il testo è blindato sotto l’occhio attento del sottosegretario Alfredo Mantovano (che sarà in aula a verificare che tutto si chiuda senza intocchi), anche se l’Associazione nazionale Corte dei Conti spera ancora in qualche ripensamento dell’ultimo minuto, almeno per correggere i punti più problematici di una legge che rischia di produrre effetti anche su scala europea. Tuttavia è improbabile che all’orizzonte ci siano modifiche, altrimenti il testo dovrebbe ritornare a Montecitorio e l’unica chance per intervenire, allora, finirà per essere quella di farlo sui decreti delegati. La riforma introdurrà nuove funzioni per la magistratura contabile, trasformandola di fatto in un organo di consulenza della pubblica amministrazione, e sgraverà gli amministratori pubblici dal timore del danno erariale, introducendo un tetto massimo ai risarcimenti pari al 30 per cento del danno accertato e comunque non superiore a due annualità di stipendio. Con due rischi: deresponsabilizzare i dirigenti pubblici e soprattutto, se il danno è prodotto nell’utilizzo di fondi europei, il 70 per cento non rifuso dagli amministratori che hanno sbagliato ricadrà sulle casse statali. Il milleproroghe La prima tappa che aspetta il governo finite le vacanze, invece, sarà la conversione in legge del decreto Milleproroghe che è stato approvato l’11 dicembre. Il testo arriverà alla Camera nei primi giorni di gennaio e dovrà essere approvato in via definitiva entro i primi di febbraio. Un’ultima corsa contro il tempo per chiudere tutti gli adempimenti del 2025 e cominciare l’anno nuovo «con i conti in ordine», come ama ripetere il ministero dell’Economia Giancarlo Giorgetti. In attesa delle prime mosse del 2026, che nelle promesse di Meloni dovrebbe finalmente essere quello del rilancio economico, anche nell’ottica di arrivare in volata alle elezioni politiche.