Chiudere il Pd per salvare la sinistra?

Per l’ex senatore Giorgio Tonini, uno dei fondatori del Pd e degli autori del suo primo manifesto, lo scioglimento non è una soluzione. Soltanto il Pd, dice, può tenere insieme le due anime del centrosinistra, destinate a essere sconfitte se andrann separata

Giorgio Tonini, lei che il Pd lo ha fatto nascere pensa cosa pensa di chi dice che è arrivato il momento di scioglierlo?

Lo scioglimento non è una soluzione. Sciogliere il secondo partito partito italiano è una cosa senza senso, il problema semmai è il rilancio. E a chi dice che è impossibile, rispondo che il problema è proprio dimostrare che è possibile e che deve essere possibile perché è necessario. Il Pd, questa volta come nel 2018, ha perso consensi da due versanti: verso il centro e verso la sinistra. Usando l’antica espressione di Claudio Martelli, potremmo dire che il riformismo è unire la rappresentanza del merito con quella del bisogno. Noi ora perdiamo in entrambe le direzioni. In una schematizzazione brutale, il merito e il nord hanno guardato a Calenda e Renzi e il bisogno e il sud hanno guardato al Movimento 5 stelle. Questa divaricazione merito-bisogno è il problema, non la soluzione. Nessuno riuscirà a vincere senza mettere insieme queste due anime. Il riformismo senza attenzione al bisogno corre il rischio tecnocratico e viceversa si corre il rischio populista. Questa due anime si odiano e non si metteranno mai insieme, il Pd è l’unico che le può unire.

Ma come si mette in pratica questa sintesi che lo stesso Pd ha fallito alle ultime elezioni?

Con un cambio di pensiero, con un approfondimento di pensiero, il problema vero è avere un pensiero, se le idee sono confuse, il resto è acqua frizzante. Soprattutto credo che si debba evitare di andare a cercare un capro espiatorio. Cacciare il segretario Letta, lasciando tutto com’è. Il secondo rischio è dividersi tra amici di Calenda e amici del Movimento 5 stelle. In questo modo il Pd finirebbe per partecipare alla divisione di campo invece che essere un elemento di condivisione. E invece noi dobbiamo essere quelli che mettono insieme il giovane di talento che non trova spazio insieme al giovane disperato che ha perso la speranza. Pensiero vuol dire anche programma di governo, con la creazione di un’alleanza vasta, fatta non solo di somme numeriche. L’alternativa è la costruzione di un centro e di una sinistra divisi che inevitabilmente faranno vincere la destra. Se poi dobbiamo cambiare il nome di Pd in Pp o in qualcos’altro va bene, ma il punto è che solo costruendo un centrosinistra come ha fatto l’Ulivo e il Pd nei suoi momenti migliori si può tornare a vincere.

Il congresso che si sta preparando potrebbe essere la strada giusta?

Penso proprio di sì, a patto che sia un congresso da cui esca una leadership con una piattaforma politica di questo tipo, che tenga insieme le ragioni di Calenda, Renzi e Conte, che esistono, sono reali. Se non lo fa il Pd, chi può farlo? Gli altri partiti non si sono candidati a farlo e non hanno intenzione di farlo. Ma io dico anche che il Pd deve pensarci molto bene prima di buttare via Enrico Letta. Bruciare un leader per errori collettivi è sbagliato. Letta può ancora dare molto.

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