Un recente articolo pubblicato sulla rivista Lancet rincara la dose della gravità in cui versa il Sistema sanitario italiano. Oltre mezzo milione di famiglie risultano a rischio di impoverimento nella capacità di spesa per la salute
Un recente articolo pubblicato sulla rivista Lancet rincara la dose della gravità in cui versa il Sistema sanitario italiano.
Il 24 gennaio scorso avevo commentato su queste pagine un editoriale, pubblicato sempre su Lancet dal titolo Il sistema dei dati sanitari italiani è rotto, che consegnava al lettore un’immagine impietosa ma realistica delle mancanze e delle distorsioni del sistema informativo sanitario: invecchiamento del sistema, frammentarietà dei dati, assenza di condivisione delle cartelle cliniche elettroniche, assegnazione iniqua delle risorse, disparità di accesso e qualità delle cure, allarme per l’autonomia differenziata, erano i principali ingredienti di una ricetta tutt’altro che desiderabile.
Il nuovo articolo, questa volta a firma di Antonello Maruotti (Dipartimento di Giurisprudenza, Economia, Politica e Lingue moderne della Università Lumsa di Roma), aggiunge un altro tassello importante sulle conseguenze delle disparità e inefficienze, attraverso un’analisi delle spese sanitarie che le famiglie italiane devono affrontare di tasca propria (cosiddetto out-of-pocket) a causa di mancate coperture, ritardi, insufficienze di tutela da parte del servizio sanitario.
Spesa catastrofica
Dall’analisi dei dati Istat sulla spesa familiare catastrofica, così definita quando supera il 20 per cento della capacità di spesa (risorse disponibili dopo aver considerato le spese di vita essenziali), risulta che 1,4 milioni di famiglie si trovano in queste condizioni; inoltre, oltre mezzo milione di famiglie risultano a rischio di impoverimento nella capacità di spesa per la salute.
Le differenze tra regioni sono impressionanti: il 57 per cento delle famiglie a rischio di impoverimento della capacità di spesa sanitaria – circa 300.000 famiglie – vive nelle regioni meridionali e insulari. Questo impoverimento spinge molte famiglie al di sotto del livello di povertà, aggiungendosi alle 1,7 milioni di famiglie già povere, e accentuando la tendenza negativa osservata nell’ultimo decennio.
Le famiglie più vulnerabili sono quelle con figli minori e con persone oltre i 75 anni a carico, con una donna capofamiglia, con componenti con basso titolo di studio e con lavoro precario o a bassa retribuzione: famiglie già deprivate che non sono nelle condizioni di accedere a forme assicurative private e si impoveriscono ulteriormente per accedere alle cure o non sono in grado di accedervi aumentando i rischi di malattia.
In questa situazione il ricorso all’assicurazione privata, fenomeno in crescita progressiva, è un ulteriore elemento che accentua le disuguaglianze nell’accesso alle prestazioni sanitarie e che acutizza le differenze già eclatanti tra nord e sud.
Verso la privatizzazione
La diminuita attenzione verso i soggetti e le comunità più fragili è al tempo stesso causa e effetto dello smottamento della sanità verso la privatizzazione e il mercato, un paradigma che mina i principi fondativi del Servizio sanitario nazionale. I valori dell’equità, della solidarietà e dell’universalità, sebbene mai del tutto compiuti, sono il cuore dello stato sociale faticosamente costruito nel mezzo secolo passato, un tratto distintivo dell’Italia e dell’Europa.
Un patrimonio che, non a caso, viene oggi attaccato dal nuovo totalitarismo globale dei clan, prodotto tossico del capitalismo neoliberale, che non nasconde e anzi esalta la prevalenza degli interessi privati su quelli pubblici, definita Oikocrazia dal professor Fabio Armao dell’Università di Torino.
La difesa di questi valori passa attraverso un loro rilancio, che valorizzi i principi fondanti, gli obiettivi raggiunti e quelli da completare, un orizzonte degno di essere perseguito sia da parte dei paesi più svantaggiati sia di quelli più ricchi ma più disumani, dove la prevenzione e la cura delle persone passa attraverso la carta di credito.
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