Il grande ritorno di Rocco Casalino potrebbe riportarlo dove è partito: alla comunicazione dei gruppi parlamentari del Movimento 5 stelle. Alcuni parlamentari danno il rientro «a brevissimo, tra pochi giorni», e nelle squadre che assistono deputati e senatori sta già salendo una certa tensione. I motivi sono evidenti: a un peso massimo come Casalino – e ai suoi due collaboratori più stretti, Maria Chiara Ricciuti, già data a capo della comunicazione del Senato, e Dario Adamo, ex social media manager di palazzo Chigi – bisognerà innanzitutto trovare uno spazio, organizzativo ed economico, che si fatica a trovare.

La scalata di Casalino nella comunicazione del partito fondato da Beppe Grillo era iniziata proprio al Senato, dove era arrivato nella scorsa legislatura dopo una breve esperienza nel Movimento lombardo: in quella attuale avrebbe dovuto ricoprire il ruolo apicale nell’organizzazione della Camera, ma la nomina di Giuseppe Conte alla presidenza del Consiglio gli offrì l’occasione per una promozione istantanea. Adesso il ritorno crea non pochi problemi al Movimento.

I problemi

Il trattamento economico dell’ex portavoce del presidente del Consiglio, innanzitutto, svuoterebbe le casse di partito che ultimamente, dopo la riorganizzazione dei contributi dei parlamentari, già piangono miseria. I soldi che il capo politico Vito Crimi ha chiesto agli eletti per le spese di partito dopo il divorzio con Rousseau sono arrivati in misura molto minore di quanto ci si aspettasse, e non si tratta di un’entrata stabile e cospicua su cui fare affidamento per concludere un contratto. In più, potrebbero presto essere necessari fondi per affrontare la sfida legale con Rousseau, per immaginare di prendere una sede e trasformare in realtà il piano di rilancio immaginato da Conte.

Per riportare ufficialmente nel Movimento Casalino bisognerebbe quindi attingere al budget del gruppo della Camera. Si tratta di fondi che sono sì abbondanti, ma hanno subito un netto calo a causa degli addii di molti parlamentari: per ciascun membro, la Camera assegna 55-60mila euro l’anno.

C’è però una formalità che complica la situazione: almeno sulla carta, infatti, questo denaro dovrebbe essere speso a beneficio dei deputati. È però improbabile che il più stretto collaboratore di Conte possa dedicare una grossa quantità di tempo ai deputati, soprattutto in una fase delicata di rilancio come quella attuale.

Per far quadrare i conti, poi, oltre a questa manovra, alcune fonti mettono in conto anche la riconsiderazione dell’affitto di una sede nei pressi del parlamento, una delle novità presentata da Conte nel suo piano di rilancio: oltre all’appartamento a via di Campo Marzio potrebbero essere sacrificati anche alcuni membri dell’attuale squadra della comunicazione.

C’è su questo fronte anche una questione organizzativa: a Casalino andrà trovato un ruolo, che difficilmente non sarà quello di capo, una modifica che comporterebbe un declassamento di chi già lavora per i grillini di Montecitorio.

L’alternativa è la creazione di un ruolo ad hoc, ma andrà verificato che sia compatibile con i controlli della Camera.

Attualmente la casella più di rilievo nella comunicazione dei Cinque stelle di Montecitorio è occupata da Andrea Cottone, ex portavoce di Alfonso Bonafede quando era ministro, e vicino a Ilaria Loquenzi, altra figura chiave nella comunicazione del primo Movimento. Cottone aveva sostituito Fabio Urgese, una scelta che non era piaciuta al portavoce di Conte. Urgese era stato nominato da Casalino stesso quando questo, all’inizio della legislatura, aveva lasciato il posto per traslocare nell’ufficio di palazzo Chigi (quello grande che aveva sostituito lo «sgabuzzino» che i portavoce utilizzano tradizionalmente).

La carriera da scrittore

All’interno dei gruppi pentastellati si tiene molto alla gestione ordinata dei contratti dei collaboratori e anche Casalino ne beneficerà: che il suo nome valeva parecchio si poteva dedurre anche dal generoso anticipo che Piemme gli aveva corrisposto per l’opera autobiografica Il portavoce. Chi conosce i dettagli parla di un centinaio di migliaia di euro. Nei giorni successivi all’uscita del libro, a metà febbraio, Casalino si vantava di stare «vendendo più di Barack Obama»: non è andata proprio così. Ad oggi, in tre mesi abbondanti sul mercato, Il portavoce ha venduto poco più di 16mila copie: per fare un paragone, Giorgia Meloni, in libreria con Io sono Giorgia dall’11 maggio, soltanto nella prima settimana ha venduto 17mila copie.

È vero che si tratta di un altro profilo, più noto al pubblico, e che il prodotto di Casalino non può sfruttare i contenuti di programma che occupano un ampio capitolo del libro della leader di Fratelli d’Italia, ma di certo la distanza con lei (e con Una terra promessa di Obama) rimane incolmabile.

Meglio forse tornare a gestire lo spin del Movimento e di Conte, possibilmente da un ampio ufficio di Montecitorio.

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