Matteo Salvini lo aveva detto a Pontida un anno fa con crescendo musicale, bandiere sventolanti e tabellone «bianco su blu»: «Per smentire tutte le chiacchiere, le invidie, le gelosie e le parole al vento, perché rimanga scritto l'impegno a prendere per mano questo paese. Scripta manent. Ministri e governatori sottoscrivono i 6 impegni su cui ci mettiamo la firma».

Il segretario ha così passato il pennarello ai suoi e gli ha fatto firmare le promesse elettorali, chiamate con poca enfasi «i sacri impegni di Pontida»: «Stop bollette (Nucleare sicuro)», e poi «autonomia regionale», «Flat tax e pace fiscale», «Stop Fornero! Sì quota 41» per le pensioni, «Stop agli sbarchi (ripristino dei decreti sicurezza)», e una «giustizia giusta».

Dodici mesi dopo, mentre si prepara di nuovo ad arringare la folla verde del pratone il 17 settembre, da vice presidente del Consiglio, ministro delle Infrastrutture, nonostante conti sul ministro dell’Economia della Lega, Giancarlo Giorgetti, e sul suo ex capo di gabinetto, Matteo Piantedosi, come ministro dell’Interno, il leader Salvini non può vantare nemmeno una vittoria. E su alcuni punti ha addirittura ottenuto il risultato opposto.

  1. Stop bollette (nucleare)

Le bollette hanno ricominciato a salire. L’Arera ha segnalato a inizio settembre un incremento per il gas per via dell’aumento della materia prima, si prevede altrettanto per l’elettricità. Nel programma, Salvini aveva detto che avrebbe continuato a tagliare gli oneri di sistema, che servono a pagare gli incentivi alle rinnovabili, le agevolazioni alle imprese o il bonus sociale e non riguardano i costi per consumi: sono tornati ad aprile per non andarsene, reinseriti da un decreto del nuovo governo.

Per quanto riguarda l’energia nucleare al momento ci sono solo tavole rotonde, tenute tra l’altro dal ministro dell’Ambiente e della sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin di Forza Italia (che ha la naturale competenza sulla materia).

Per buona misura, è stata disattesa anche la promessa a tema non firmata: Salvini aveva detto a Pontida che avrebbe tolto il canone Rai, che al momento si paga con le bollette dell’energia elettrica. Ma al momento non sono previste misure, né di spostamento né di eliminazione.

  1. Autonomia regionale

Sul fronte Autonomia differenziata il cantiere è apertissimo. Il disegno di legge presentato dal ministro Roberto Calderoli è ancora in alto mare in discussione in commissione Affari costituzionali al Senato. Mentre gli stessi partiti di maggioranza propongono modifiche importanti, i leghisti sono arrivati alle minacce. Questo agosto, il presidente del Veneto Luca Zaia durante una festa della Lega ha commentato: «Se l'autonomia non arrivasse nella tempistica del 2024 vuol dire che abbiamo fallito come obiettivo. Ma non fallisce la Lega, fallisce il governo».

  1. Flat tax e pace fiscale

La flat tax «la stiamo facendo, la faremo entro 5 anni», ha detto pochi giorni fa il sottosegretario Federico Freni. Come si nota dai tempi verbali, non l’hanno già fatta. Da quest’anno la flat tax, ovvero l’imposta sostitutiva al 15 per cento, si applica alle partite Iva con redditi non superiori a 85 mila euro (quando la soglia precedente era 65 mila), e non sono previste ulteriori estensioni. Allo stesso modo “la pace fiscale” è ferma alle promesse. E mentre la legge di bilancio si avvia alla sua scrittura, a parole è tornata: «Pace fiscale grande e definitiva».

  1. Stop Fornero! Sì quota 41

Anche sulle pensioni lo scenario è simile: poco di raggiunto e ancora rinvii. Nel 2023 è possibile accedere alla pensione anticipata con 62 anni d’età e 41 di contribuzione, una quota 103 di fatto che sostituisce quota 102. Quota 41, quindi la pensione con 41 anni di contributi a prescindere dall’età, promessa da Salvini in tandem col sottosegretario Claudio Durigon, al momento non è nemmeno pensabile.

Allo stesso modo la legge Fornero, che prevede l’età per la vecchiaia a 67 anni e l’anticipata a 42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini e 41 e 10 mesi per le donne, non è superata.

  1. Giustizia giusta

L’idea di “giustizia giusta” era partita per i referendum sulla giustizia del 12 giugno 2022, che però si sono fermati al 21 per cento dell’affluenza: non è stato raggiunto il quorum e di fatto sono falliti.
Nonostante le premesse non esaltanti, lo slogan è rimasto fino a settembre, e sul programma elettorale si legge che «per una giustizia più equilibrata e una effettiva parità delle parti, è indispensabile separare le carriere di giudici e pubblici ministeri, creando due Consigli superiori della magistratura». Attualmente sono in corso audizioni in commissione Affari Costituzionali della Camera dei deputati sulle proposte di legge.

  1. Stop agli sbarchi! (ripristino dei decreti sicurezza)

«È facile intuire che le gestioni dei flussi migratori dipendono dall’incisività delle politiche praticate», si legge sul programma. Una frase che adesso si ritorce contro Salvini e i leghisti, visto che sull’immigrazione la Lega segna il fallimento più grande di tutti anche se il leader, come hanno scritto i giornali, si guarda bene dal continuare a twittare forsennatamente sull’argomento.

Mentre i post diminuiscono, gli sbarchi sono raddoppiati: nei primi otto mesi del 2023 sono stati di 114.265 persone: più 96 per cento rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente. I decreti sicurezza non sono stati ripristinati, e il provvedimento che dovrebbe arrivare prossimamente in Consiglio dei ministri, annunciato con un video solenne da Giorgia Meloni, riguarda i Centri di permanenza e rimpatrio per agevolare le espulsioni.

Dopo 12 mesi Salvini ha deciso che era meglio puntare sul fronte internazionale. Per la manifestazione di quest’anno, ha invitato la presidente del Rassemblement National Marine Le Pen, con tanto di messaggio in francese creato con l’Intelligenza artificiale: «Scriviamo insieme una pagina di storia» ha detto Salvini, forse nella speranza che i francesi ci credano. Gli italiani lo hanno potuto mettere alla prova sui sacri impegni dell’anno scorso, e finora non ne ha centrato uno.

© Riproduzione riservata