Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha convocato Mario Draghi, l’ex presidente della Banca centrale europea, per affidargli l’incarico di formare un nuovo governo. Adesso cosa accadrà?

Il governo tecnico in questa legislatura ha già avuto un precedente fallimentare: nel 2018 ricevette l’incarico Carlo Cottarelli, ma la mancanza di una maggioranza lo portò a desistere. Adesso il presidente della Repubblica ha dovuto decidere se andare direttamente al voto o tentare un governo istituzionale, e ha preferito la seconda strada. Dopo che riceverà l’incarico, Draghi dovrebbe accettarlo con riserva e prima di chiedere la fiducia alle camere dovrà valutare se sussiste la maggioranza. Per questo partiranno delle mini consultazioni.

Questione di numeri

Il Movimento 5 stelle, la forza più rilevante in parlamento ha già detto che non darà la fiducia a Mario Draghi. «Il Movimento 5 Stelle, già durante le consultazioni, aveva rappresentato che l'unico governo possibile sarebbe stato un governo politico. Pertanto non voterà per la nascita di un governo tecnico presieduto da Mario Draghi» ha scritto su Facebook il capo politico, Vito Crimi. Il giorno dopo hanno iniziato a circolare voci di spaccature, che dovranno essere pesate.

Il Pd invece sembrava già pronto a dare i suoi voti. Lo ha scritto il segretario del Pd, Nicola Zingaretti, su Facebook: «Il presidente Mattarella, che ringraziamo, con la sua iniziativa ha posto rimedio al disastro provocato dalla irresponsabile scelta della crisi di governo». 

Il vice segretario, Andrea Orlando, però ha avvertito: «È del tutto inverosimile fare accordi con forze con cui ci sono distanze più grandi. Ma ve lo immaginate un tavolo come quello di oggi con in più Salvini e Meloni?» ha detto ieri sera a Carta Bianca su Rai3.

Liberi e uguali riunisce più forze. La componente di Sinistra Italiana, che ha come portavoce Nicola Fratoianni, propende per il no, a prescindere da Salvini: «Per quel che mi riguarda - ha detto il parlamentare di Leu  - mi pare molto difficile che ci possa essere un sostegno a un governo di questo tipo, naturalmente  ne discuteremo nei gruppi parlamentari di Leu che sappiamo tutti non è un partito». Articolo 1 invece deve ancora decidere il da farsi.

Italia viva al contrario ha già reso chiaro – già a partire dai giorni scorsi – che direbbe sì al governo del presidente, portando in dote 33 deputati e 18 senatori.

Centrodestra

La figura di Draghi piace a Forza Italia, loro non voterebbero no. Ma gli azzurri dovranno decidere se dare il loro sì senza condizioni oppure «alla luce delle dichiarazioni del presidente Mattarella suggerirei al centrodestra un voto di astensione nel voto di fiducia al governo Draghi» ha detto Francesco Giro, senatore di Fi.

La titubanza nasce dai compagni di delegazione. Giorgia Meloni, FdI, è convintamente per il no. «Il presidente valuta più opportuno rischiare un governo che per due anni avrà molte difficoltà a trovare soluzioni efficaci per gli italiani. Noi, invece, pensiamo sia decisamente meglio dare la possibilità agli italiani di votare, per avere una maggioranza coesa e forte che possa governare cinque anni e dare all'Italia le risposte coraggiose di cui ha bisogno. Nel centrodestra ci confronteremo, ma all'appello del presidente rispondiamo che, in ogni caso, anche dall'opposizione ci sarà sempre la disponibilità di Fratelli d'Italia a lavorare per il bene della nazione».

A questo punto l’ago della bilancia diventa Matteo Salvini. Se votasse no alla fiducia sarebbe già matematicamente certo che non si arriverebbe alla maggioranza nè in Senato nè alla Camera. Infatti M5s (ipotizzando un voto compatto), Lega e FdI insieme, rispettivamente 191 deputati, 131 e 33, un totale di 355 deputati su 630 alla Camera, e 92 senatori, 63 e 19, quindi 174 senatori su 321, farebbero venire meno la maggioranza.

Al contrario se il leader del Carroccio decidesse per il sì alla fiducia insieme a Forza Italia, tutti i giochi si riaprirebbero. Se si mettessero insieme Fi, Lega e Iv, si raggiungerebbero rispettivamente 133 parlamentari al Senato e 250 alla Camera. Non ancora una maggioranza, ma la caccia sarebbe di nuovo aperta.

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