L’emergenza migratoria tanto millantata dal governo in queste settimane non dipende dai flussi migratori, quanto piuttosto dalla completa e strutturale incapacità del sistema di accoglienza di fornire tutele e accompagnamenti verso il lavoro e la società.

La cosa è particolarmente evidente con i minori stranieri non accompagnati, che in quanto minori dovrebbero godere degli stessi diritti di un cittadino europeo o italiano, come stabilito dall’art 1 della legge 74 della legislazione italiana. Ma nella realtà non è così. 

In particolare alcune settimane fa il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi ha fatto riferimento alla mancanza di strutture di prima accoglienza adatte ad accogliere un numero crescente di minori. Tuttavia, guardando i dati che ogni mese il ministero del Lavoro raccoglie, ci si può fare un’idea ben diversa.

Se nel 2017 i minori stranieri non accompagnati presenti sul territorio nazionale erano 18mila, a marzo 2023 erano 19mila. E in questo senso fa strano vedere un paese di 60 milioni di persone che non riesce a gestire poco meno di 20mila minori, e fa ancora più strano vedere il ministro dell'interno parlare di un problema di sostenibilità economica nel predisporre adeguate strutture per l’accoglienza di un numero così esiguo di minori: un numero che negli ultimi sei anni d’altronde è rimasto costante. Secondo Pippo Costella, direttore di Defence for Children, una ong che si occupa della tutela dei minori stranieri, «la verità è che manca la volontà politica di risolvere il problema, perché chi dovrebbe occuparsene non lo fa». 

Defence for Children

Come dimostra ciò che è successo a Defence for Children due anni fa. Quando a Genova durante la pandemia sono arrivati più minori di quanti le strutture potessero ospitarne. Tanto che l’amministrazione comunale ha deciso di letteralmente parcheggiare un numero  imprecisato di ragazzi in diversi hotel sparsi per il centro storico. E complice la pandemia ha interrotto qualsiasi percorso formativo in atto, lasciandoli a vagare per i vicoli in pieno inverno con al massimo un paio di ciabatte.

Una situazione che Defence for Children ha denunciato alla procura di Genova. In seguito a questo esposto tuttavia ogni istituzione locale, compreso il tribunale dei minori, i servizi sociali e le vomunità ospitanti hanno interrotto ogni dialogo con la ong.

«Dopo aver denunciato questa situazione nessuna delle istituzioni ha più voluto dialogare con noi. E non si tratta certo del fatto che non siamo una realtà accreditata, lavoriamo infatti con la comunita europea, con l’Onu. Ma da allora ogni progetto che proponiamo alle realtà locali viene sistematicamente ignorato». L’ultima volta è successo solo alcune settimane fa. Quando l’ong ha proposto all’assessorato delle Politiche sociali della città di Genova un progetto di accompagnamento per i ragazzi stranieri neo maggiorenni al mondo del lavoro: si sono sentiti rispondere picche. 

Molti amministratori locali parlano di « buon senso, disciplina, senza rendersi conto quale sia la condizione di questi ragazzi» continua Costella «chiaro che una struttura debba avere delle regole, ma tu non puoi basare un progetto educativo su delle regole e basta, senza avere una direzione, una progettualità, uno scopo».

E in questo senso la comunità diventa molto simile a un carcere, per cui non viene considerato come una persona ma secondo la sua necessità di dormire, mangiare e di dover fare il minimo necessario. «Ed è proprio in queste circostanze che si giocano le situazioni di violenza di cui poi sentiamo parlare alla televisione. Deve essere molto chiaro, non si tratta di fare il buonista, ma tutte le situazioni di disordini in città legati a minori stranieri sono alimentate da un fenomeno di incuria educativa, di totale mancanza di progettualità e da uno stato emergenziale che dura da troppo tempo». 

Per superare questa situazione emergenziale Defence for Children ha elaborato le “10 Garanzie fondamentali per la protezione dei minorenni stranieri non accompagnati”. Ovvero un decalogo attraverso il quale l’ong si propone di fornire uno strumento di orientamento, monitoraggio e azione affinché politiche, strategie e pratiche applichino pienamente gli standard internazionali e nazionali a tutti i livelli del sistema. «L’idea era quella di proporre a pubblico e istituzioni una sintesi ragionata che potesse spiegare il problema e fornire uno strumento per uscirne. Speriamo che qualcuno decida di ascoltarci».

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