Matteo Renzi sperava che Giuseppe Conte non si dimettesse. O meglio, confidava che l'avvocato del popolo salisse sì al Quirinale per aprire ufficialmente la crisi, ma non prima di qualche giorno. Il senatore semplice di Scandicci, infatti, questa settimana aveva da fare. All'estero, in Medio Oriente. Più precisamente, in Arabia Saudita. «Sto tutta la settimana fuori per cose importanti, torno solo al volo se bisogna votare la relazione sulla giustizia di Alfonso Bonafede», aveva infatti chiarito ai suoi fedelissimi tre giorni fa, prima di imbarcarsi su un aereo destinazione Riad, dove è atterrato sabato scorso.

Il programma prevedeva che Renzi presenziasse a una conferenza organizzata dall'FII Institute, un organismo controllato dal fondo sovrano saudita, il Saudi public investment Fund (Pif). Un meeting sul tema degli investimenti innovativi necessari al mondo post-Covid 19, previsto per domani e dopodomani, 27 e il 28 gennaio. Appuntamento a cui Renzi doveva partecipare in presenza perché da qualche mese non è più un semplice conferenziere, ma siede – ha scoperto Domani – in uno degli advisory board (sorta di comitato consultivo) dell'ente di Stato.

Le consulenze con Mohammed bin Salman

Conte ha però fatto saltare i piani del leader di Italia viva, che proprio stanotte – appena il portavoce Rocco Casalino ha mandato un messaggio nelle chat di giornalisti e addetti ai lavori che annunciava le dimissioni del presidente del Consiglio - è stato costretto a tornare a Roma in fretta e furia, per seguire da vicino l'apertura ufficiale della crisi e le successive consultazioni. Renzi parteciperà comunque alla conferenza saudita, collegandosi da remoto come faranno – causa pandemia – anche molti dei 150 relatori previsti da tutto il mondo. Nessun rischio economico per l'ex sindaco di Firenze, che prenderà ugualmente il gettone di presenza garantitogli dal contratto che gli garantisce l’istituto: se garantisce la sua presenza alle riunioni, l’ex sindaco guadagnerà circa 80mila dollari l’anno (la conferenza è invece fatta a titolo gratuito a parte i rimborsi spese, e non prevede un ulteriore pagamento da 50mila euro come scritto in un prima versione di questo articolo, corretto dopo una rettifica dell’entourage di Renzi).

Del viaggio in Medio Oriente in piena crisi politica (da lui stesso innescata) nessuno sapeva nulla. Tranne pochissimi deputati del suo partito, che sanno come il loro capo a Riad ci va ormai da anni. Per la precisione, ha scoperto chi vi scrive, dal 2017. Dunque quattro volte, compreso questa. Presenza fissa, quella di Matteo, da quando esiste il FII Events, organizzato dall'omonimo istituto voluto dalla la famiglia reale, guidata dal re Salman e dal principe ereditario Mohammed bin Salman (detto MbS), leader incontrastato del paese che di Renzi ha (ricambiato) un'ottima considerazione.

Se dal 2017 al 2020 Renzi era un semplice conferenziere all'evento, quest'anno il suo ruolo è diventato più rilevante, tanto da obbligarlo a una presenza fisica nella capitale saudita: il capo di Italia viva siede nell'advisory board dell'FII Institute che si occupa di intelligenza artificiale, robotica e cybersicurezza. Gli incontri del board si tengono quattro volte l'anno, e i membri (tra cui c'è Jack Lang, ex ministro della cultura francese, e Irina Bokova, ex direttrice generale dell'Unesco) devono essere fisicamente presenti almeno una volta l'anno. Un suo collega a Palazzo Madama che chiede l'anonimato spiega che Renzi sarebbe  specializzato non tanto nel campo complesso dell’intelligenza artificiale, ma che darebbe ai sauditi soprattutto consigli tecnici «su come usare la cultura nelle città, che è un possibile driver del cambiamento del paese mediorentale». Il ruolo dell’ex premier nel comitato consultivo dell’istituto è ormai «di tutto rilievo», tanto che il nome con rimandi fiorentini dell'edizione di quest'anno dell'FII, “The Neo-Renaissance”, l'avrebbe suggerito proprio lui.

«Nessun conflitto d’interesse»

Un anno fa, intervistato da Corrado Formigli che gli domandava (dopo che un altro pezzo del Financial Times aveva segnalato la sua partecipazione a un meeting in Arabia) se da «senatore italiano» si ponesse «il problema etico quando tiene conferenze in paesi che violano i diritti umani come l'Arabia Saudita», Renzi aveva detto con franchezza che per lui non c'era alcun conflitto di interesse, che sarebbe sorto solo se lui avesse «fatto parte del governo come ministro o premier».

Così a chi gli chiede oggi se – dopo il brutale assassinio del giornalista del Washington Post Jamal Khashoggi da parte dei servizi segreti sauditi (comandati proprio da MbS) – sia ancora il caso di di coltivare amicizie e relazioni economiche con soggetti simili, risponde secco che il principe ereditario è in realtà uomo di grandi capacità, un sovrano assai più riformista del padre, e propugnatore di un'Arabia Saudita moderna e più rispettosa del ruolo delle donne. Un politico che secondo lui è stato centrale anche negli storici Accordi di Abramo di qualche mese fa (quelli tra Israele e gli ex nemici storici Emirati Arabi Uniti e Bahrein), che l'Europa non può trattare come un paria. «Ha ragione. Qualche giorno fa anche Luigi Di Maio, titolare della Farnesina, ha incontrato Mohammed bin Salman» spiega un renziano della prima ora «Il colloquio è stato tenuto però riservato fino alla fine della missione in Arabia Saudita, quando le foto che immortalano i due sono state pubblicate dall’agenzia ufficiale saudita Spa».

O la borsa o il ministro

L'agenda di Renzi è varia, e ricchissima. Le consulenze meglio pagate gli vengono offerte non solo in Medio Oriente (Arabia e Emirati Arabi Uniti su tutti), ma anche in Cina (gli speech orientali gli garantiscono circa centomila euro l'anno) e in Usa, dove i rapporti del leader toscano con alcuni settori imprenditoriali vicini al partito democratico sono ottimi. Dopo le ultime elezioni potrebbero persino migliorare: Renzi conosce il nuovo presidente Joe Biden, ed ha eccellenti entrature con il neo segretario di Stato Antony J. Blinken, presente anche alla cena organizzata nel 2016 da Obama alla Casa Bianca in onore dell'Italia, quando l'ex premier sedeva a Palazzo Chigi.

Visto che il senatore intende anche nel 2021 continuare a tenere conferenze e gestire i suoi affari in giro per il mondo (alcuni di questi rendez-vous sono organizzati dall'amico Davide Serra, gran patron di Algebris) che gli hanno garantito negli ultimi 24 mesi di guadagnare poco meno di due milioni di euro (compresi gli stipendi da parlamentare), ha annunciato stamattina ai suoi uomini che non ha alcuna intenzione di entrare in un nuovo esecutivo, dovesse davvero nascere (come lui spera) tra pochi giorni.

Sia che si tratti di un Conte Ter, sia che sia un esecutivo tecnico o istituzionale, Renzi rimarrà dunque fuori dal risiko delle poltrone. La politica resta per lui certamente rilevante («se sono preoccupato per la mia carriera dopo la decisione di ritirare i ministri? me ne frega anche il giusto», ha detto qualche giorno fa in un'intervista), ma il business – nella seconda vita di Matteo - conta altrettanto. Se non di più. 

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